capitolo sette

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La camera di Wyatt era abbastanza piccola, ma comunque una delle più lussuose del palazzo. Avrebbe comunque passato poco tempo in quella stanza, giusto quei pochi momenti che aveva a disposizione per dormire, quando avveniva il cambio di guardia. Quella mattina, Wyatt si svegliò allegro.
Lo specchio rifletteva l'immagine di un ragazzo sorridente, ma in realtà persino quell'oggetto di vetro sapeva che era un sorriso falso, di stanchezza. Indossò la divisa verde scuro e gli stivaletti pesanti, cercando di aggiustare come poteva i capelli perennemente scompigliati.
La sala della colazione era già piena, nonostante il giovane soldato avesse avuto l'accortezza di svegliarsi presto per evitare di rimanere senza mangiare. Tutti gli abitanti del Palazzo non appartenenti alla famiglia reale erano soliti alzarsi prima dell'alba, in modo da far trovare a tutti Romanov colazione e bagno pronti.
Wyatt, che di mattina aveva sempre poca voglia di parlare, cercò di evitare tutti gli altri suoi compagni soldati, tenendo gli occhi bassi e cercando di scovare con la coda nell'occhio una qualche forma di cibo.
Ma proprio per scampare alle chiacchiere futili dei suoi camerati, andò a sbattere contro qualcuno che scatenò dentro di lui una serie di battiti del cuore più veloci del dovuto.
"Buongiorno pianista." disse allegro, cercando subito gli occhi azzurri che avevano invaso la sua mente nelle ultime ventiquattro ore.
Jaeden dal canto suo si era già svegliato male quel giorno. Svegliato per modo di dire poiché non aveva chiuso occhio tutta la notte. La vita al palazzo era già abbastanza dura per lui, poiché la piccola Anastasija continuava a non seguire le lezioni e a non voler esercitarsi. E di certo, la presenza di quel soldato che trovava fin troppo carino, non aiutava. "Ciao." sussurrò piano, arrossendo fino alla punta dei capelli. Cercava in tutti i modi di non guardarlo negli occhi, di non perdersi in quelle profonde iridi nocciola che lo affascinavano così tanto da farlo stare male. Avrebbe voluto scappare via e fare colazione in tranquillità, solo con sé stesso, ma la sala era così gremita di persone che non avrebbe avuto comunque vie di fuga. "Sai dov'è il tè nero? Non ne vedo qui in giro." chiese Wyatt, facendo finta di guardarsi intorno ma in realtà senza mai farsi fuggire dalla visuale il ragazzo dagli occhi blu, di cui fra l'altro, non conosceva ancora il nome.
Il soldato notò che il suo interlocutore poco loquace aveva fra le mani un piatto con dei biscotti e senza neanche chiedere il permesso ne afferrò uno, portandoselo alla bocca. "Posso vero?" chiese, mentre le sue labbra carnose avevano già sfiorato la delizia.
Jaeden per la seconda volta nell'arco di un giorno intero, pensò di morire. Lo vide addentare il biscotto lentamente, gustandolo, spargendo briciole ovunque, soprattutto su quelle collinette rosse che Jaeden avrebbe tanto voluto sfiorare con le dita, con tocchi talmente leggeri da non farsi accorgere. Chiuse gli occhi, nella speranza di dimenticare tutta quella bellezza in una sola bocca, stringendo il piatto fra le mani così forte da farsi diventare le nocche bianche.
Wyatt smise di masticare quando si accorse dello stato in cui si trovava il pianista. Lo trovò molto buffo, rosso in viso come un pomodoro, con gli occhi chiusi e la bocca semiaperta. A quella meravigliosa vista non poté far altro che accarezzargli la guancia con un dito, un contatto quasi impercettibile, di un secondo esatto. Jaeden aprì gli occhi di scatto, facendo cadere per terra il piatto con i biscotti, in uno scroscio che fece voltare la maggior parte dei presenti.
Wyatt mormorò uno "Scusa, non volevo farti spaventare." prima di piegarsi in ginocchio per raccogliere il disastro che avevano combinato. Jaeden restò fermo nella sua posizione, col cuore in gola a battergli forte come un martello che distruggeva un muro. Cercò di calmarsi regolando il respiro e poggiando una mano sul petto. Poteva sentirlo, era là, il suo cuore scoppiettava come un motore, pronto ad inquinare tutto il suo organismo, anima e mente compresi.
Contò fino a dieci, prima di piegarsi e aiutare il soldato, evitando accuratamente il suo sguardo. "S-Scusa." balbettò così piano che sperò persino che Wyatt non l'avesse sentito. Ma l'aveva sentito forte e chiaro, invece, e infatti gli stava sorridendo amorevolmente.
"Dai non preoccuparti! E' stata colpa mia." disse il soldato, allontanando le mani del pianista dal piatto. Provò un leggero brivido su per la schiena al contatto con le dita affusolate del ragazzo, ma diede la colpa alla gelida alba russa. "Non toccare i cocci, potresti tagliarti."
Jaeden lo guardò stranito, sempre col viso in faccia, ma comunque sorpreso da quel gesto. "Le mani ti servono per lavorare." aggiunse giustificandosi, raccogliendo gli ultimi pezzi del piatto.
Non fece in tempo neanche a buttare i cocci nel cestino che Jaeden era già fuggito via.

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