capitolo tredici

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PARTE PER LE PERSONE DI PIÙ CENTORDICIANNI, SE NE AVETE DI MENO TORNATE A GIOCARE CON LE BARBIE E ANDATE A CONFESSARVI AMEN.

Maggio 1917, San Pietroburgo.

Maggio passò relativamente in modo tranquillo. Con l'arrivo di Lenin e l'esposizione delle sue Tesi D'Aprile, il potere dello zar era ormai praticamente pari a zero, ma al Palazzo tutti cercavano di continuare la propria vita come se nulla fosse.
Anastasija era preoccupata per la salute di suo padre. Non lo vedeva uscire da giorni interi dal suo studio, mangiava più con il resto della famiglia a pranzo o a cena. La zarina invece manteneva la sua maschera di impassibilità, anche se forse era quella che soffriva più di tutti, troppo preoccupata per i suoi figli nonostante non lo desse a vedere.
La piccola granduchessa avrebbe voluto confidarsi con qualcuno, ma quel qualcuno era di nuovo lontano, troppo impegnato a passare il suo tempo libero con il suo pianista. La gelosia iniziò a farsi sentire con la primavera arrivata. Nonostante cercasse di separarli il più possibile per poter anche solo parlare un po' con Wyatt, erano proprio rare le volte in cui ci riusciva.
Avrebbe preferito che il mese prima Jaeden se ne fosse andato. Ma non sapeva cosa era successo di così eclatante da farli cambiare idea, e il sospetto che c'entrasse Wyatt in quella decisione la faceva stare male. Almeno però, il soldato era tornato a sorridere.
La guerra fuori e la primavera dentro. Così avrebbero definito Jaeden e Wyatt quel periodo. Si vedevano poco perché Wyatt era costantemente impegnato, ma quei pochi attimi che passavano insieme valevano più di tutte le ricchezze dello zar.

"Ma se non hanno ancora neanche limonato!" esclamò Finn, interrompendo sconcertato il discorso di Ed, il quale scoppiò a ridere apertamente.
"Finn! Taci e ascolta." lo rimproverò, tornando al racconto.

La loro stanza o anche quella di Jaeden erano diventate testimoni di carezze fugaci, di pochi istante d'amore, prima di tornare ai loro impieghi. Wyatt aveva iniziato ad aprirsi di più. Aveva iniziato a raccontare esperienze di guerra, a volte piangendo, a volte con gli occhi vuoti come un baratro. Jaeden gli stava accanto, accarezzandogli i capelli disordinati e asciugando le sue lacrime con le labbra.
Il pianista si era sciolto anche dal punto di vista fisico. Non si faceva più problemi a fare il primo passo per un abbraccio o una carezza. Era diventato molto più affettuoso e questo rendeva molto felice Wyatt che però avrebbe voluto qualcosa di più. Ma lo avrebbe aspettato anche per anni interi, pur di restargli accanto.
Il soldato non possedeva chissà quale somma di denaro, ma un giorno a metà Maggio decise di pagare la cameriera Helena affinché dicesse a tutti che era malato e che quel giorno non poteva fare il suo turno di guardia.
Davanti la porta della camera delle granduchesse venne quindi piazzata una guardia in sostituzione, mentre il giovane Wyatt sgattaiolava nella stanza di Jaeden ancora dormiente. Si infilò sotto le coperte abbracciandolo da dietro e svegliandolo con leggeri baci sulla tempia. "Sto sognando vero?" mormorò Jaeden, con la voce rauca di chi appena sveglio e con un sorriso sulle labbra.
Wyatt rise piano, lasciandogli un leggero morso sul collo dell'altro, facendolo svegliare completamente. "Alzati dormiglione." sussurrò, alzandosi in piedi e aprendo la finestra. La luce di quel poco sole che c'era filtrò e Jaeden fu costretto ad aprire gli occhi, rabbrividendo per il morso appena ricevuto e per la fredda mattinata.
"Non dovresti essere di guardia tu?" aveva chiesto sbadigliando e stiracchiandosi, godendosi quegli ultimi istanti di calore delle coperte.
"Helena mi ha coperto, è pettegola quella ragazza, ma sa il fatto suo." spiegò Wyatt aprendo i cassetti del comò come se fosse camera sua. Lanciò un maglione e un paio di pantaloni a Jaeden, sorpreso da quel gesto. "Che stai facendo?" chiese perplesso.
"Ti porto fuori. Cioè fuori in giardino." aggiunse specificando, poiché di uscire fuori dai cancelli del Palazzo non se ne parlava neanche. "Ti aspetto fuori."
Jaeden lo guardò andarsene, alzandosi di scatto e cercando di fare più in fretta possibile. Era curioso di sapere che cosa avesse il soldato in serbo per lui, quindi si diede una lavata veloce e si vestì rapidamente.
Non appena fu fuori dalla stanza, Wyatt lo prese per mano e iniziò a correre, prendendo corridoi mai visti prima d'allora. "Wyatt aspetta!" urlò Jaeden già con il fiatone. Wyatt si bloccò di colpo, cambiando improvvisamente direzione e entrando in una stanza lì vicino. Chiuse la porta, sbattendoci Jaeden in modo poco elegante mentre col dito faceva segno di fare silenzio. Il pianista rideva piano, trovando l'altro molto buffo mentre tentava in tutti i modi di non farsi scoprire da nessuno.
"Non posso farmi vedere in giro, tecnicamente sono malato." spiegò, appoggiando le mani ai lati della testa di Jaeden, sulla porta fredda di legno.
Jaeden si beò di quegli istanti, guardandolo meglio. Il viso di Wyatt era concentrato nel sentire i passi che pian piano si avvicinavano. Gli occhi assottigliati per udire meglio qualsiasi rumore, non facevano vedere molto il colore che apparteneva loro, ma Jaeden li amò lo stesso.
Poi la sua attenzione si rivolse verso quelle labbra, che in quel momento venivano torturate dai denti bianchissimi del ragazzo. Aveva così tanta voglia di baciarlo che si avvicinò senza pensarci, con gli occhi lucidi per il desiderio e le labbra già semiaperte. Ma Wyatt era troppo preso dal non essere scoperto, così non si accorse neanche del repentino avvicinamento di Jaeden. Lo trascinò via dalla stanza non appena il rumore di passi svanì, portandolo in un luogo abbastanza appartato in giardino.
La primavera in Russia iniziava ufficialmente a Marzo, ma si doveva attendere proprio Maggio per avere qualche grado in più sopra lo zero. Jaeden si strinse nel suo cappotto, amareggiato per la mancata occasione di bacio con Wyatt. Voleva davvero farlo, ma il destino come il solito non era mai dalla sua parte. Decise di riprovarci durante quella giornata, sperando di essere più fortunato.
Sotto un albero ancora spoglio per il passato inverno, vi era una tovaglia da picnic con sopra un cestino probabilmente pieno di chissà quante leccornie. Jaeden sorrise felice, ogni giorno con Wyatt era sempre una sorpresa. Era così romantico quel ragazzo che il pianista credeva davvero di sognare.
Mangiarono e chiacchierarono allegramente, parlando del tempo, delle persone del Palazzo, dei loro ricordi da bambini, dei libri che avevano letto. E più Wyatt parlava con quelle labbra morbide più Jaeden sognava di prenderle e farle sue, mordendole e succhiandole fino alla morte. "Voglio baciarti." si lasciò scappare infatti, mentre era imbambolato a guardare quelle colline rosse. Non appena si rese conto che aveva detto ad alta voce un suo pensiero arrossì, ma non distolse lo sguardo dal volto di Wyatt, adesso sorridente. "Non ti fermo." aveva risposto leggermente emozionato. "No." Jaeden disse, mettendo però subito le mani avanti. "C-cioè non così. Avrei voluto baciarti di sorpresa per farti capire che io sono pronto." aveva confessato, troppo imbarazzato da non voler mostrare più il suo volto, nascosto fra le mani.
Wyatt rise piano, avvicinandosi all'altro e scostando quelle dita che coprivano il viso rosso del pianista. "Ok allora facciamo così: io faccio finta di parlare del tempo o di qualcos'altro di futile, poi mi giro e tu mi baci all'improvviso, va be-"
E Jaeden lo baciò, lasciandolo davvero di sorpresa. Appoggiò le labbra contro quelle del soldato con forza, mostrando tutto il desiderio represso dei mesi passati. Assaggiò quelle labbra, beandosi del loro sapore e della loro morbidezza. Wyatt ci mise qualche attimo per realizzare ciò che stava succedendo, ma fu subito pronto a infilare le dita tra i capelli di Jaeden e spingerlo ancora più contro sé. Il soldato aprì leggermente la bocca, leccando le labbra sottili e leggermente ruvide per il freddo e chiedendo il permesso di entrata.
Il pianista si staccò da quel bacio e subito Wyatt sentì più freddo del solito, ma quando notò che Jaeden si era staccato per posizionarsi tra le sue gambe, il cuore tornò a scaldarsi. In quella posizione era più facile abbracciare il pianista, che aveva nuovamente posato le sue labbra in un nuovo bacio, più approfondito.
Jaeden gli aveva lasciato libero accesso e avevano iniziato entrambi ad esplorarsi con la lingua, mentre i cuori battevano più velocemente del solito. Cercavano di respirare l'uno dentro la bocca dell'altro, cercando sempre di più, approfondendo più che potevano.
Wyatt fu il primo a staccarsi, unendo le loro fronti per riprendere fiato. Il pianista pensò che non c'era niente di più tenero al mondo, vederlo con le guance arrossate, quelle guance da riempire di baci e quegli occhi lucidi per il desiderio e la voglia, gli fece credere che non ci fosse nulla di più giusto della loro relazione.
"Sono un idiota." affermò, giocherellando con i capelli dell'altro. "Ho aspettato così tanto tempo per una cosa così bella, sono un idiota." ripeté ancora.
Wyatt rise piano, prima di avvicinare di nuovo le loro labbra.
"Non preoccuparti. Abbiamo una vita davanti."
I cuori di Jaeden e Wyatt battevano in 'allegrissimo'.

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