22- IL MIO MOSTRO

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(Dopo)

Ho passato qualche ora ad osservare il tuo binario e poi sono andata via.

Non credevo di riuscire a camminare ma in fine ce l'ho fatta e mi sono avviata verso casa con molta calma.

Il telefono segna 13 chiamate senza risposta da parte di mia madre e non ho intenzione di alzare la suoneria per aspettare la prossima.

Sono sudata, fa caldo e sono le 11 di sera, i capelli mi si appiccicano ai bordi degli occhi bagnati di lacrime silenziose ma provo a non farci caso.

Finalmente arrivo e infilo la chiave nella serratura.

Mia madre scatta in piedi non appena mi sente entrare e come al solito inizia ad urlarmi addosso.

"Dove sei scomparsa?! Ti sembra il caso di sparire per una giornata intera?"

Non faccio in tempo a risponderle che buttando l'occhio intravedo una sagoma dietro di lei che è rimasta seduta sul divano.

"Ma allora non mi vuoi proprio mollare!"

Impreco verso psicologo comodamente assentato sul mio divano.

Scanso mia madre con una spallata e mi piazzo davanti a lui.

"Voleva sapere dov'eri e mi sembrava giusto dirgli che ti ho vista al Bar."

Dice lui con innocenza.

Non ci vedo più, gli occhi mi si ignettano di rabbia e non ho intenzione di tacere e mordermi la lingua un'altra volta.

"Non prendertela con lui, l'ho chiamato io!"

Dice mia madre avvicinandosi a me disperata e con la paura di vedermi esplodere.

La rabbia, questo mostro che mi trascino dietro da quando sono piccola ma che ha deciso di sfogarsi dopo le radioterapie.

Non ho più saputo controllarmi e nessuno specialista qualificato è mai riuscito a scacciare questo cumulo di odio che mi porto dentro.

"Stai zitta!"

Le urlo puntandole addosso il dito.

Poi mi giro verso Mattia, il fottuto psicologo e proseguo senza riuscire a bloccare il fiume di insulti e parole:

"Tu devi uscire dalla mia cazzo di vita, non ti voglio, non sei nessuno e mai ti vorrò!"

Lui abbassa lo sguardo stringendo le labbra mentre unisce le mani a preghiera.

"Ma che cazzo volete tutti da me?!"

Scarico la rabbia verso mia madre che ha un espressione allibita e terrorizzata.

Lei ha capito cosa sta per succedere, lo ha sempre prevenuto ma non si è mai posta il pensiero di evitarlo.

"Calmati perfavore."

Una lacrima le graffia la guancia.

Non sono più io, ho una sostanza in corpo che si mischia all'adrenalina e ci vedo nero.

Non distinguo ciò che dico, ho voglia di spaccare tutto quello che mi capita sotto tiro.

Dovrei contenermi, dovrei mordermi la lingua ancora e ancora, dovrei smaltire la droga che ho in corpo chiamata odio ma non riesco.

Ci provo, combatto contro questo mostro ma è troppo tardi, non riesco più ad essere me stessa e lui vince.

"Affanculo tutti!"

Tiro un pugno al muro alla mia destra lasciando un'impronta di sangue a causa delle ferite riaperte inflitte la mattina.

Salgo le scale viola dall'ira, non vedo gli scalini, proseguo a cantoni e talvolta mi inciampo sui miei stessi piedi.

"Bastaaa!"

Il mio urlo rimbomba per tutta la casa e sbatto la porta di camera mia mentre inizio a camminare in tondo per calmarmi.

I vetri dello specchio infranto non sono più lí a terra, li avrà sicuramente raccolti mia madre una volta accorta della mia assenza.

Torna te stessa Selita.

C'è un demone dentro di me in questo momento, mi comanda, mi fa muovere come una pazza e mi costringe a farmi del male, a fare del male a tutto ciò che prova a toccarmi.

Mi dice di non essere sottomessa da nessuno, di non farmi sovrastare da chi vuole darmi l'opposto di ciò che vorrei io.

Poi dal nulla, dopo qualche minuto, scompare e mi ritrovo con un vuoto di memoria e il sangue che gocciola dalle nocche.

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