23- ONDA CENTRALE

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(Dopo)

Mi blocco, blocco il cervello che naviga nell'ira.

I piedi smettono di funzionare e mi fermo a guardare la chiazza sul parche.

La mia mano è dolorante e il sangue mi solletica la punta delle dita.

Le mie labbra sono serrate, il respiro è affannato come se avessi appena finito una maratona uscendone vincente con kilometri di vantaggio dagli altri concorrenti.

Nel baccano del sangue che mi pompa nelle orecchie riesco ad udire in sottofondo mia madre che strilla al piano sottostante in presenza del mio psicologo.

Non riesco a distinguere cosa sta farfugliando, non riesco neppure a capire se Mattia sta dicendo qualcosa per calmarla.

Mi gira la testa e posando la mano sinistra sotto la destra per non sanguinare ulteriormente sul pavimento, mi accascio sulla scrivania.

Non ho la forza di raggiungere il bagno e non ho neppure voglia di uscire da quel bilocale che normalmente viene chiamata camera da letto.

Ho creato me stessa qui dentro, con la musica, la lettura e la scrittura, talvolta senza mangiare o senza uscire, solo per conoscermi meglio chiusa tra queste quattro pareti.

Ho forgiato il mio carattere, ho ampliato la mente, ho catturato i miei mostri, tutti, tranne uno.

Toc toc.

Qualcuno bussa alla porta.

Maledizione, non riesco a respirare qua dentro.

Sento di nuovo la rabbia che mi contorce lo stomaco, sta ricominciando.

La parte due della rabbia, come l'onda centrale più alta nel mare, sarà peggio di prima.

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