La ragazza ribelle. La ragazza strana, sempre per le sue. La ragazza indifferente verso gli status sociali, verso qualsiasi forma di gerarchia.
Quella è fuori dal mondo.
Ma avrà degli amici?
Ha qualcosa che non va in quella testa.
La verità? Non mi sono mai interessata a integrarmi, per quale motivo farlo, poi?
Mi piace stare da sola, le persone mi annoiano a morte, sembrano burattini in uno spettacolo per bambini. Uno spettacolo scadente, ma che l'illusione rende persino realistico. È come se tutto il mondo si fosse messo d'accordo per il copione da recitare. Tutti tranne me.Appartengo ad una delle casate più importanti e rispettate del Galles. Se non fosse per il mio talento nella scrittura, che più volte ha fatto salire di livello la mia famiglia, persino i miei parenti mi abbandonerebbero, senza pensarci due volte.
Fin dall'infanzia tutti si accorsero della mia diversità. Giocavo in solitudine, stavo tanto tempo seduta a guardare fuori dalla finestra.
"Folié, tesoro, perché non vai a giocare con gli altri bambini?"
"Gli alberi e i fiori sono i miei unici amici"
Cercai di scacciare quei ricordi passati. Ero salita in groppa al mio cavallo e stavo errando senza una meta precisa. Mi concentrai sul vento che stava rendendo i miei capelli neri una chioma viva e ribelle, sulla pioggerellina che, a quella velocità, percepivo come tante piccole schegge di vetro che mi sferzavano il viso, donandomi uno strano senso di serenità. Non stavo scappando da nulla, anche se avrei voluto.
Intravidi un fiumiciattolo costeggiato da salici piangenti, a mio avviso gli alberi più belli del mondo.
Indirizzai il mio cavallo per una strada poco battuta e proseguii verso il corso d'acqua, fermandomi poco più in là.
Quando scesi dalla schiena dell'animale sentii la morbidezza del terreno e subito decisi di levarmi scarpe e calze, la delicatezza con cui i fili d'erba mi sfioravano le caviglie mi fece sorridere.
Mi bagnai i polsi in quell'acqua limpida e chiusi gli occhi alzando il volto verso il cielo grigiastro. Mi sedetti ai piedi di un salice che, con gentilezza, mi avvolgeva facendomi sentire al sicuro dentro quella gabbia di foglie. Osservai i rami di quegli alberi che smettevano di crescere appena un centimetro prima di toccare l'acqua, come facevano? Perché non continuare fino a toccare il fondo del fiume? Era come se sapessero che sarebbero marciti, sarebbero stati inutili alla pianta. Meglio non nascere che nascere e poi morire... lo trovai curioso.Mi voltai verso Hector, il mio destriero, e ripensai a quando mio padre me lo regalò per il mio quattordicesimo compleanno, quasi 5 anni fa. Ero così felice. Tutta quella gioia crollò quando venni a sapere della madre di quel puledro che, quando lo diede alla luce, le fu strappato via, senza pietà, non ebbe nemmeno modo di godersi la sua tenera creatura dopo tutta quella fatica. Morì dissanguata poche ore dopo, passò gli ultimi momenti della sua vita in preda alla disperazione, sola, vuota, senza il suo piccolo puledro. Mio padre si ricordava quei nitriti esasperati, colmi di tristezza. Perché mai un padre dovrebbe raccontare una simile storia alla propria figlia?
Scossi il capo come per levarmi di dosso quel pensiero che, come una mosca impertinente, non accennava a volare via, e mi fermai a fissare lo scorrere incessante del fiume.
Ad un certo punto mi accorsi che Hector sembrava infastidito, era inquieto.
Feci per coricarmi quando le mie orecchie udirono un suono assordante, nel momento esatto in cui la testa incontrò il terreno. Per un millesimo di secondo fui convinta di aver fatto scattare una bomba. Si trattava invece di uno sparo, un fucile, e molto vicino a me.
Hector nitrì nervosamente facendo scuotere la sua lunga e nera criniera. I suoi zoccoli scalpitavano, corsi da lui e lo accarezzai dolcemente appoggiando la mia fronte sulla sua, ma percepiva la mia preoccupazione. Quel gesto serviva a me, mi ricordava che qualunque cosa fosse successa lui sarebbe stato lì, al mio fianco. Con un solo salto saremmo fuggiti, mi avrebbe portato lontano. Ma in quel momento non feci alcun salto, non fuggimmo da nessuna parte.
Il silenzio che seguì lo sparo fu disorientante, tesi le orecchie ma non percepivo alcun suono ad eccezione del fiume e del vento. Gli uccellini avevano smesso di cantare. Per un attimo mi incantai per l'atmosfera quasi magica che si era creata. Improvvisamente sentii dei passi avvicinarsi, mi guardai intorno spaventata finché non vidi una piccola donna che, correndo attraverso l'erba alta del prato, stava venendo verso di me, chiaramente in cerca di aiuto. Le andai incontro e colsi prima il suo pianto, poi il suo bellissimo viso lentigginoso e, infine, un grande livido sul suo esile collo diafano. I suoi riccioli castani le coprivano le guance, impregnate di lacrime.
Cominciò a pronunciare parole confuse, era chiaramente sotto shock. Continuava a ripetere che suo fratello era in pericolo, che non sapeva a chi chiedere aiuto, che qualcuno gli aveva fatto del male.
Sono sempre stata diffidente di natura, ma c'era qualcosa in quella bambina che inspiegabilmente mi incuriosiva, che mi attirava. Fui pervasa dalla sua frenesia e all'improvviso iniziammo a correre, la destinazione era il bosco. Non so come, ma il mio corpo aveva preso la decisione di muoversi ancor prima della mia testa, fortemente sospettosa. Non so perché non le diedi retta, la seguii e basta. Non ebbi nemmeno il tempo di sentire i nitriti furiosi di Hector. Mi stavano avvertendo del pericolo a cui stavo andando incontro.
Corremmo all'impazzata, lei si fermò di colpo: mi trovai davanti a una piccola casetta sommersa da edera e fiori di ogni tipo. Con il suo ditino indicò quella dimora, facendomi cenno di entrare con un movimento del viso.
"Tuo fratello si trova là dentro?"
"Sì e sta molto male, un vagabondo è entrato in casa nostra e l'ha aggredito, mi ha strangolato ma per un pelo sono riuscita a scappare, la prego faccia presto"
"E ora il vagabondo dov'è?"
"Oh, signorina, non ne ho idea! E' fuggito nel bosco, è sparito! Ho sparato un colpo di fucile e si è spaventato a morte"
Benché mi sembrasse una storia un po' contorta, giunta fin lì non potevo tornare indietro. Deglutii e, con lo sguardo fisso su quella porticina di legno, mi avvicinai lentamente, indugiando ad ogni passo.
"Si muova! Per favore!"
Vidi che la ragazzina, invece di seguirmi, era rimasta ferma. Ero ormai giunta davanti all'ingresso, mi bloccai un momento. Mi voltai e lo sguardo della bambina era mutato, non sembrava più spaventata, bensì ansiosa, scalpitante.
"Tu non vieni?" le chiesi, incredula, sentendo che quella situazione stava prendendo una brutta piega.
Le spuntò un sorriso che non mi piacque per niente.
"Oh, io no signorina, nemmeno per 100 monete!"
Fu in quel momento che la porta si spalancò e un paio di braccia forti ma stranamente snelle mi afferrarono entrambi i polsi, bloccandomi, e trascinandomi nell'oscurità.
Non ebbi nemmeno il tempo di urlare.
![](https://img.wattpad.com/cover/187567761-288-k82691.jpg)
STAI LEGGENDO
Nebbia e follia
Mystery / ThrillerGran Bretagna, 1800. Tre ragazze di rara natura, fraintese da tutti, dominate da istinti arroganti e pensieri proibiti. Si aggirano per i boschi, per i prati, per i sentieri più isolati in cerca di pace, immerse nella nebbia e nella loro follia. ...