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Mercoledì; 16:25

I piedi di Jungkook si muovevano freneticamente sull'asfalto, raschiando le suole delle scarpe nuove, che aveva comprato giusto un paio di mesi prima insieme ai suoi genitori. Correva, correva e respirava affannosamente, perché purtroppo con il suo ripetersi "tra cinque minuti stacco" - riferendosi al chiudere instagram e cominciare a prepararsi- aveva invece trascorso il resto del tempo che aveva a disposizione con quel dannato aggeggio tecnologico tra le mani.

Ed ora era inevitabilmente in ritardo. Mancavano cinque minuti all'incontro in biblioteca ed era consapevole che l'edificio distasse almeno ad altri sette o otto minuti di corsa sfrenata, quindi, a meno che non fosse Speedy Gonzales - cosa assai improbabile -, sarebbe arrivato con due minuti di ritardo come minimo. E lui non tollerava arrivare fuori orario.

I capelli neri erano appiccicati alla sua fronte sudata, mentre lo zaino che portava sulle spalle ballava a destra e a manca a causa dei movimenti scatenati del ragazzo; provò ad aumentare la velocità, dopo essersi arreso all'idea di non poter arrivare puntuale, e come immaginava fu davanti alle porte automatiche trasparenti della grande biblioteca pubblica. 

Fece un respiro profondo, poi entrò, e mentre i suoi occhi vagavano in giro per la grande area piena di scaffali, libri e odore di legno, le sue dita accarezzarono i propri ciuffi, spostandoli di qua e di là nel tentativo di aggiustarli un po'. 

Prese in mano il telefono e scrisse un semplice:"Sono qua, all'entrata, e scusa per il ritardo..."

Dopo venti secondi non ricevette alcuna risposta.

Eppure il tipo era online.

Jungkook aggrottò le sopracciglia. Se mi ha preso per il culo stacco la testa alla prof, pensò.

Ma ad un tratto un ragazzo tra la metà dei venti e trenta si approcciò al più piccolo: le mani infilate nelle tasche dei suoi pantaloni in cashmere rosa salmone, i mocassini color seppia che non facevano alcun rumore a contatto con il suolo, la camicia bianca con il colletto alto e gli occhiali neri con le lenti a forma rettangolari, che adornavano il suo viso magro e allungato, gli zigomi un po' alti, il naso piccolo, e le labbra spesse tanto quanto quelle di Jimin.

O forse un po' meno. In ogni caso, a Jungkook ricordavano molto quelle dell'amico di Taehyung.

"Ciao," il viso del ragazzo si aprì in un enorme sorriso; i suoi denti erano bianchi e perfetti, e Jungkook sentì dentro di sé un briciolo di invidia. "tu devi essere Jungkook, giusto? Oppure ho sbagliato ragazzo?"

"Sono Jungkook sì..." confermò il più piccolo. Dire che era in imbarazzo era un eufemismo. 

"Piacere." il più grande allungò una mano verso di lui. La sua pelle sembrava liscia, tanto quanto la seta. Jungkook deglutì. "Io sono Namjoon."

"Il mio salvatore" ridacchiò il più piccolo, provando a mandare via l'imbarazzo che continuava a percepire. 

"Più o meno," rispose il maggiore, accompagnando la frase con un movimento della mano che andò a posarsi sulla sua nuca. "ho dato poche ripetizioni fino ad adesso e sono sempre andate bene, perciò... spero che sia lo stesso anche per te. Vieni, ho già posato le mie cose su un tavolo per tenerlo occupato solo per noi due."

"Oh, fantastico."

"Già, non sapevo come altro fare." 

I due cominciarono a camminare verso la postazione scelta da Namjoon, che nel frattempo continuò a parlare con il ragazzo. Cercava, in qualche modo, di farlo sentire a proprio agio con lui. Era il suo modo per evitare che ci fosse imbarazzo più tardi, quando i due si sarebbero trovati l'uno di fianco all'altro con i libri sotto al naso. 

"Scrivere 'posto riservato a Namjoon e Jungkook' mi pareva troppo da sbruffone altezzoso. Aver messo la mia borsa, invece, fa di me un ragazzo più umile." rise.

Jungkook rise a sua volta, anche se lo trovava un po' strano. 

"Bene, eccoci qua" 

I due ragazzi si sedettero sulle sedie di legno poste una vicino all'altra, successivamente Namjoon prese il suo zaino - che aveva posto sul tavolo per evitare che qualcun altro si sedesse lì - e lo posò delicatamente a terra.

"Possiamo cominciare, dimmi dove hai delle lacune ed io cercherò di riempirle con la mia conoscenza." disse Namjoon, porgendogli uno dei suoi sorrisi più cordiali.

Jungkook cominciò a sentirsi tranquillo insieme a lui. Gli parlò dei suoi problemi con l'inglese e insieme cercarono di capire quali fossero i suoi punti più deboli. Sfogliarono il dizionario molteplici volte e non presero mai il telefono in mano per cercare qualche parola su Google Traduttore.

"Dà sempre traduzioni pessime." aveva spiegato Namjoon, con quel suo solito sorriso dolce e premuroso, e le guance di Jungkook si erano leggermente tinte di rosso per la vergogna. 

"Le parole sono giuste..."

"A volte storpia le frasi. Jungkook, ti prego, smetti di usarlo. Non è buono." 

Il minore annuì soltanto, per poi tornare a concentrarsi sull'argomento che stavano studiando insieme, ma con un insolito peso sul petto. 

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