Affamata

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La mattina successiva mi svegliai appena iniziò a sorgere il sole, mi sentivo sempre molto debole e il dolore allo stomaco era diventato atroce e insopportabile.
La prima cosa che notai fu che Hannibal non era più lì, mi tirai subito su e lo cercai ovunque con lo sguardo.
-Tranquilla angioletto... Sono qui-
Disse venendo dalla cucina con un piatto.
-Dove sei andato? -
Chiesi leggermente preoccuparta.
Lui venne verso di me tenendo in equilibrio un piatto nella mano.
-Ti ho preparato la colazione-
Disse. Venne verso di me e si sedette,  guardai dentro il piatto, al suo intento c'era una zuppa scura sicuramente poco invitante.
-Che cos'è....?-
Chiesi evidentemente preoccupata.
Lui esitò un po a rispondere.
-È una zuppa... Non avevo molto da metterci... -
Disse ma da come parlava capivo benissimo che stava mentendo.
-Hannibal... Cosa c'è dentro?-
Chiesi, ma non ottenni alcuna risposta, e allora capì ciò che più temeva, lo aveva fatto davvero, aveva sicuramente usato il corpo dell'uomo che viveva prima in quella casa.
Mi tirai subito indietro, il solo pensiero mi faceva venire la nausea, non potevo farlo, non volevo farlo.
Hannibal posò il piatto e mi strinse a se coccolandomi.
-Calma ti prego...io non vorrei fartelo fare... Ti amo da morire e non vorrei farti fare ciò che non vuoi... Ma non voglio... Vederti morire... Uscire non è sicuro... E non troverei comunque nulla di commestibile...voglio vederti stare bene... Non voglio perderti... -
Disse iniziando a piangere. Era doloroso vederlo così, capivo ciò che provava, perché sapevo che io farei lo stesso se fosse lui a stare male.
Aveva ragione, non avevo scelta se non lo avessi fatto sarei morta in pochi giorni.
Alla fine mi ressegnai e decisi di farlo. Hannibal riprese il piatto ed iniziò ad imboccarmi. I primi bocconi furono atroci, la tentazione di vomitare era forte, ma man mano che andavo avanti mi concentrai solo sulla fame atroce che avevo,  per mettermi un po più a mio agio Hannibal mangiò con me qualche piccola cucchiaiata fino a che finì la ciotola.
Mi sentivo meglio fisicamente, ma moralmente, ero devastata, non potevo credere di averlo fatto, mi sentivo piena di sensi di colpa.
Cercai di ripetermi che tanto era già morto, che non lo avevamo ucciso per mangiarlo, ma nonostante tutto il disagio non passava, sapevo però che era troppo tardi, non potevo più tornare indietro e tormentarmi così tanto era inutile, potevo solo andare avanti.

Hannibal Lecter e L'Angelo della Morte (Hannibal X Clarice)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora