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April 5th, 1928 - PLANETARIUM

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April 5th, 1928 - PLANETARIUM

-Che ore sono?

-Le dieci. – Sue ridacchia, le guance arrossate e il secondo rum già nel fegato. Non è di certo solita berlo, le costa meno fatica lo spumante, ma adesso non può di certo lamentarsi, mentre ridacchia e chissà cosa vaga nella sua mente, chissà cosa vaga in quegli occhi impenetrabili, limpidi e pure nasconditori di segreti sconosciuti alla stessa ragazza. La stoffa del vestito leggero sfrega contro le cosce, gli anelli delle dita tintinnano contro il bicchiere, la musica riprodotta nel grammofono arriva fino alle sue orecchie. Edward la guarda, beve piano dal suo rum, e non sa spiegarsi quanto il suo cuore si senta leggero e sollevato alla vista della giovane donna che ridacchia, un po' ebbra. Non sa nemmeno spiegarsi come abbia fatto ad arrivare fino a lui, fino a quel pub, come quella notte di Birmingham abbia potuto farli incontrare in quel modo così insolito. Sue si arresta dal suo continuo ridacchiare, cerca di ricomporsi anche se ormai è impossibile e prova a guardare Edward, che dà un tiro alla sigaretta appena iniziata e fa uscire il fumo dalle labbra gonfie, gli occhi azzurri una distesa d'acqua, un oceano senza fine che si perde nei meandri della sua anima, il rivolo di sudore ormai seccatosi lungo la guancia.

-Come mai sei così sudato? Non fa molto caldo stasera. – Sue riesce a dire un'altra frase di senso compiuto, i suoi nervi si stanno sciogliendo, i muscoli rilassando: non si è mai sentita così abbandonata da una simile atmosfera, libera di incavare le spalle e poggiarle lungo lo schienale della sedia con così poca grazia. Lui la guarda: guarda quella giovane donna provata da quel vestito che si vede le pesa portarlo, provata da quei gioielli di cui è coperta, provata da una maturità più grande del suo viso così giovane. E anche lui allora si abbandona sulla sedia, le gambe divaricate sotto il tavolo, lo sguardo perso al soffitto in legno di quel pub, la sigaretta tra le dita, il fumo che riempie la stanza e come segno di un'altra vita sale lento, fa consumare e ridurre in cenere il tabacco e la carta, prova ad annullare il passaggio di quel veleno, invano.

-Il cappotto, l'alcool, un po' di cose. – Sue accavalla le gambe, si perde anche lei a guardare il soffitto, prova a trovare in quelle venature una risposta che sa non arriverà, è una risposta troppo grande per essere conservata in quel soffitto, per vivere tra quei muri. Il disco sul grammofono continua a girare, produce un'altra canzone, si sentono i tintinnii dei piatti di una batteria, si sente la chitarra e una tromba, si sente una voce calda – chissà cosa starà raccontando. Alla fine la giovane si alza, prende il bicchiere di Edward e lo guarda dall'alto dei suoi tacchi, in piedi accanto a lui: e Edward dischiude gli occhi, mostra a lei le pupille azzurre, si perde nei suoi occhi castani, trattiene per un attimo il respiro a vederla così vicina a lui.

-Rum? – domanda allora Sue, esibendogli davanti gli occhi il bicchiere. E lui annuisce semplicemente, le labbra morbide chiuse, gli occhi che si richiudono nuovamente, il corpo abbandonato contro quella sedia. E lei va al bancone, fa attenzione a dove mettere i piedi dato che adesso traballa un po' con quei tacchi – quei due rum forse erano un po' troppo forti. Versa il liquido nel bicchiere in vetro, fa tintinnare bottiglia e bicchiere, ridacchia rossa in viso e si sbilancia un attimo sui tacchi, per poi riprendere equilibrio. Si guarda attorno: si sente avvolta da un calore che le sa di protezione, di sicurezza, che sa di casa. I locali in cui di solito va con la sua famiglia per le cene importanti le paiono sempre così indifferenti, a tratti freddi, la costringono sulla sedia per tutta la sera, incapace di muoversi e sentirsi a suo agio. Invece, in quelle luci soffuse, in quel grammofono che riproduce delle canzoni jazz, in quell'uomo che ora le sta dando le spalle, abbandonato sulla sedia, il fumo che esce dalla bocca, con quelle porte serrate, sente che ora nulla può farla sentire a disagio o costringerla a cose che odia.

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