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April 5th, 1928 - PLANETARIUM

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April 5th, 1928 - PLANETARIUM

-Bene, è arrivato quel momento della serata in cui si balla. - Edward si alza con fatica dalla sedia, stiracchiandosi e stropicciandosi gli occhi - lascia tutto il tempo a Sue di poter arrossire e riprendersi, mentre serra le gambe e si guarda attorno, incapace di capire cosa fare. Ecco, quella è una di quelle cose che non si possono mai aspettare o calcolare: sono cose che decide la notte, decisioni che ti colpiscono in pieno viso con la più tenera delle carezze. Sue modera i respiri nel miglior modo possibile e, cercando di non strozzarsi con la sua stessa saliva, prova a parlare.

-Da quando questo è l'orario prestabilito per ballare? - ed Edward la guarda: e in quegli occhi azzurri è rinchiuso un mondo che Sue non capisce e che forse non capirà, è un mondo così lontano, intoccabile e cristallino che forse non è fatto nemmeno per quell'uomo davanti a lei che schiaccia la sigaretta ormai finita nel posacenere.

-Mancano più o meno cinque minuti a mezzanotte, sai quanto sia bello finire di ballare a cavallo tra un giorno e l'altro?

-Credo di non averci mai pensato. - borbotta la ragazza, imbarazzata. Non aveva mai fatto caso a queste piccolezze, a questi dettagli intrisi di dolcezza, di nostalgia, intrisi di calore e di felicità. Sono dettagli che non sembrano aver mai fatto parte della sua vita; le sembra di aver vissuto fino a questo momento una vita che vita non è mai stata. Ma ora i suoi pensieri ingarbugliati si dissolvono: Edward le porge la mano nuda e priva di monili, e lei alza lo sguardo su di lui: vede le stelle di quella notte nell'azzurro di quel mattino infinito, vede i cieli d'estate che osservava per ore da bambina, vede quell'immenso cielo che contiene più segreti del cielo sopra di loro che la guardano, che attendono con pazienza, che non impongono fretta: a mezzanotte di tempo manca ancora - adesso il tempo non bisogna contarlo secondo le solite convenzioni: ora il tempo sa quando deve accadere, sa quando doversi muovere, perso in quella dimensione per quelle due anime così sole e piene di così tante memorie, aspirazioni, vita. Sue sorride all'uomo in piedi di fronte a lei, imbarazzata, trattiene un altro singhiozzo brillo, e afferra la sua mano, alzandosi un po' traballante. Edward con l'altra mano libera sistema le sedie, uno spazio del pub è privo di queste ultime, e adesso sembra proprio il palco perfetto per poter danzare. Pone la puntina del grammofono sul disco, ed esso inizia a scorrere, la puntina fa sì che il suono si riproduca attraverso l'amplificatore. Sue però lascia la presa di Edward, abbassando lo sguardo, imbarazzata per essersi dimenticata di una cosa così importante; e lui si volta a guardarla, aggrotta le sopracciglia, confuso.

-Cosa è successo? Ho fatto qualcosa di sbagliato?

-Devi chiedermelo. - la giovane ora lo fissa dritto negli occhi, decisa. Ed Edward non riesce a capire, sotto quegli occhi profondi, cosa si possa realmente nascondere: è un interrogativo che lo divora. -Ho lanciato borse per molto meno di una mano stretta. - lo avvisa, seria in volto. E lui la guarda, vorrebbe che lei scherzasse, ma a quanto pare essere così insolita e adorabile anche quando cerca di essere cattiva è una componente essenziale della sua personalità. Allora lui annuisce, dandole ragione, e tendendo di nuovo la mano.

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