April 5th, 1928 - Birmingham
L'insegna del pub di fronte gli occhi di Sue splende rispetto a tutte le altre insegne spente, illumina quella sera di un nuovo colore: puoi scorgere all'interno le luci accese, mentre l'insegna delinea con le luci blu la parola "Planetarium": Sue si dice di non aver mai visto un pub del genere, e le sembra così accogliente, e ha inoltre un nome così insolito e bello da indurla ad entrare assolutamente. Poggia le mani sulle maniglie delle due porte in legno, aprendole con fatica e facendosi spazio nel locale. Appena entrata, la investe un odore di rum e sigarette, pungente e soffocante, che la fanno inevitabilmente tossire: in sottofondo c'è una ballata jazz proveniente da un grammofono: l'ambiente è caldo, accogliente, le luci sono gialle e soffuse, vogliono quasi avvicinarsi al color oro: il locale è quasi tutto in legno, a destra si trova il lungo e largo bancone, e dietro di esso tutte le bottiglie di tutti gli alcolici esistenti, dal rum più forte al whisky più pungente, al liquore più bruciante. Sue guarda il piccolo soffitto e le luci soffuse, si sofferma il bancone in legno scuro per poi osservare, a sinistra, lo spazio lasciato libero per ballare e con ai lati tanti piccoli tavolini.
-È chiuso stasera. – la giovane donna quasi trasalisce, risvegliandosi da quella sensazione di perdizione interiore: le ha parlato una voce profonda, un accento marcato, ha usato il dialetto della città in modo stretto e a tratti incomprensibile. Cerca di capire da dove provenga l'origine di quella voce, e sotto i toni strascicati di quella ballad jazz la trova seduta ad un tavolo: ha pantaloni scuri, una camicia bianca a righe dal colletto corto, le bretelle nascoste da un cappotto nero, un viso delineato e una mandibola accentuata, le labbra morbide bagnate dal rum, la barba rasata lungo le guance, due occhi azzurri, sfumature di malinconia nelle pupille; il volto è lucido dal caldo, una goccia di sudore scivola via dai capelli rasati ai lati e scende fino alla mandibola; la fronte è coperta dai capelli castani lasciati lunghi e mossi, ciocche sudate contro la fronte, appiccicate da un'umidità straziante. La giovane lo guarda a lungo: quell'uomo trascina con sé un magnetismo spietato, la sigaretta che si sta consumando tra le labbra gonfie, mentre gli occhi azzurri ora non si smuovono di un millimetro dalla figura della giovane che ha davanti. I due si guardano a lungo, trovano nei loro vuoti un motivo a quella spietata sensazione che stringe le loro carni e le mangia con gola. Sue trattiene il respiro in gola, il petto gonfio e il cuore che scava con forza contro la cassa toracica: quegli occhi trasudano un vortice di sensazione inspiegabili, sono ancorati a lei, la trascinano nel loro vortice senza fine, la lasciano boccheggiare in silenzio, le strappano via i segreti, se li rinchiudono dentro divenendo ancora più malinconici e umidi, riparati da quella patina di acqua che li rende ebbri e tristi. E Sue non si sa spiegare il perché di questi movimenti interiori, sente solo la pelle vibrare dalla potenza di quello sguardo, sente solo la gola seccarsi, sente solo lo sguardo di quell'uomo addosso che la guarda e non sa spiegarsi il perché abbia suscitato in lui un interesse così vivo. Lei prova a riafferrare i suoi respiri, prova a risentire i battiti all'interno del suo petto, prova a non farsi travolgere con così forza da ciò che le si smuove nei fili dei suoi organi interni. Prova a parlare, ma dalle labbra rosee non esce alcun suono, né alcuna parola: stringe in un pugno la mano destra, incapace di comprendere, ancora ferma lì, incapace anche solo di fare un movimento. L'uomo dà un tiro, sospira e si alza dalla sedia, il rumore delle sue scarpe contro il pavimento del locale risuona all'interno delle pareti con un'eco definito, il cappotto striscia con il movimento delle sue gambe, il grammofono è passato ad un'altra canzone del disco.
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PLANETARIUM
General Fiction«Penso di non poterlo dimenticare mai.» Copyright © -TRVCHEITE, 2019, All Rights Reserved. |26/06/19 - 30/12/19|