| 1:00 AM

566 30 72
                                    

April 6th, 1928 - PLANETARIUM

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

April 6th, 1928 - PLANETARIUM

Una leggera brezza fa smuovere appena i vestiti di quelle due anime che si trattengono ancora l'uno nelle braccia dell'altra. Sue alza gli occhi a mirare nuovamente il cielo stellato che li protegge in quella notte così insolita e fuori dal mondo in cui hanno sempre vissuto.

-Pregherei con ardore affinché questa notte non potesse mai passare. – sussurra lei, lo sguardo triste, le mani che fremono. Edward la guarda: non può altro, di fronte alla forza che l'anima di lei sprigiona. Può solo guardarla, in quell'abito da sera che la fa troppo sembrare una donna quando donna ha appena iniziato ad essere, può solo guardarla in quel trucco ormai rovinato dal tempo che sembra nulla e tutto; può solo guardarla, nel rossetto ormai sbiadito, nei capelli mossi e scombinati, nelle spalle ricurve e nella pelle chiara e delicata. E non si riesce davvero a spiegare come una simile donna possa fargli ricordare cos'era la vita e la giovinezza prima della guerra: non si ricordava più cosa significasse avere diciassette anni, non si ricordava più cosa significasse avere ancora tanti sogni, avere ancora così tanto sentimento da poter vomitare fuori dallo stomaco ricolmo di aspettative. Pensa che questa notte, dopo Sue, non potrà più dimenticarlo: non potrà più dimenticare i cieli che ha guardato a diciassette anni prima di essere mandato al fronte, non potrà più dimenticare quando, guardandosi allo specchio, quel cielo malinconico fosse pieno di vita. Non potrà più dimenticare quanto gli fosse facile saper ridere anche della minima cosa – non potrà più dimenticare di aver avuto una vita prima di quell'orrore, non potrà più dimenticarlo sotto quel cielo stellato, stretto a quella giovane donna, a quella carne viva, a quello spirito che arde ancora di passioni, di forza, che arde per sé stessa. Allora quell'uomo stringe più forte a sé Sue, cerca i suoi occhi, vagano veloci cercando di evitare lo sguardo di lui, le gote rosse dall'imbarazzo mentre cerca di calmare le pulsazioni frenetiche del suo cuore martoriato e che quella sera pare non darle tregua.

-Potresti cantarmi una canzone? – sussurra lui, e ora Sue non può fare a meno di guardarlo: non può fare a meno di ricadere in quel cielo intriso di malinconia, non può fare a meno di pensare a quanto il mondo sia così ingiusto, a quanto sia così cattivo, malvagio, a quanto sembri concedere speranze quando in realtà non vorrebbe darne nemmeno una. Non può fare a meno di pensare che davanti quel cielo colmo di malinconia si è consumata una guerra in cui i vincitori non esistono, non può fare a meno di pensare che forse, in un tempo non così lontano, quel cielo dovrà di nuovo vedere altri orrori, dovrà di nuovo vedere la furia dell'uomo devastare tutto quello che sta cercando di costruire. E Sue non può accettare tutto questo: non può accettare le ingiustizie di quella vita così strana, di quella vita che regala una notte senza tempo, di quella vita che strappa via le inconsapevolezze e se le divora. Allora annuisce, quasi senza rendersene conto.

-Allegra o triste?
-Fai in modo che parli di me. – la giovane donna lo guarda, le labbra schiuse, il petto che freme appena e le gambe che ormai trovano stenti nello stare in piedi. Allora abbraccia Edward, petto contro petto, stomaco contro stomaco, il braccio di lei sulla spalla di lui, il capo poggiato sul petto dell'uomo stretto a lei, le loro mani congiunte. Sue chiude gli occhi, non permette al mondo di far guardare la malinconia che cela dietro le pupille scure, e così inizia a cantare.

PLANETARIUMDove le storie prendono vita. Scoprilo ora