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April 5th, 1928 - PLANETARIUM

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April 5th, 1928 - PLANETARIUM

-Ah, allora avevo inteso che era un po' autobiografica la canzone. – Edward indica la donna seduta di fronte a lui con il bicchiere pieno di rum, guardandola curioso attraverso gli occhi azzurri e liquidi, attraverso quel cielo colmo di malinconia, la sigaretta stretta tra le dita. Sue fa semplicemente spallucce, arrossisce – è uscito da solo il discorso di Joseph, da un semplice "lo odio"; non le è servito molto per sfogarsi, ha semplicemente parlato, ed espresso gli insulti più oscuri che serbava nel profondo del petto, non stupendo affatto Edward – lui, di giovani donne con una bocca così impertinente, ne ha viste tante, e le capisce.

-Vorrei scappare per sempre e non tornare più lì. O vorrei tornare, ma con la consapevolezza che lui non è più disposto a sposarmi. Magari perché sono brutta, o invecchiata in una sola notte, o ad un tratto ci ritroviamo poveri. Mi andrebbe bene qualsiasi cosa, ma non mi andrebbe bene chiunque. – mormora infine, guardandolo di sottecchi e trattenendo in gola un singhiozzo – quel rum maledetto le sta dando filo da torcere.

-Sei convinta di ciò che pensi.
-I miei mi odiano per questo; - e Sue ridacchia, amara -vorrebbero che mi andasse bene tutto. Ma io vivo solo adesso; dicono che sono ingrata e non ringrazio di avere al mio fianco qualcuno di bravo. Ma Joseph non è bravo, io lo so, è troppo stupido per essere bravo. – ed Edward soffoca una risatina, scuotendo la testa, e Sue accavalla le gambe, muovendole con forza e velocità, rossa in volto.

-Vuoi ridere di me? Della mia ingenuità? – e l'uomo di fronte lei alza lo sguardo, lo fissa nel suo, e la guarda sincero – non guardava così sinceramente qualcuno da tanto.
-No, non rido della tua ingenuità. Sorrido per la tua caparbietà. Non tutti adesso sono disposti a non accontentarsi. Tutti si riempiono la pancia tranquilli, non notano i cambiamenti, non notano i problemi; stanno nel loro piccolo ad ingrassarsi, ad accontentarsi, io per primo. Siamo tutti così: ci accontentiamo. Ci accontentiamo del tetto che abbiamo sotto la testa, ci accontentiamo della criminalità che ci strozza, ci accontentiamo di combattere. Ci accontentiamo di un sacco di cose, anche dell'amore. Tu non t'accontenti. Penso sia una cosa bella. – la giovane lo guarda, colma di gratitudine in viso, stupita da un discorso così lungo uscito dalle sue labbra gonfie e rosee, dai respiri ritmati fuoriusciti, dai tiri di sigaretta presi. Si massaggia il braccio, storce la bocca verso destra, imbarazzata.

-Be'... grazie. – e Edward fa solo spallucce, non aveva bisogno di ringraziamenti o altre parole, non aveva mai parlato a cuore così aperto con qualcuno. Allora Sue avvampa, e si impone di mantenere contegno, anche se sta per fare una domanda che il contegno lo rompe in mille pezzi.

-Ma tu? Non ti devi sposare? O sei già sposato? – chiede, tutta rossa in viso, per l'alcool e la vergogna; e Edward sorride appena, ma lo fa: sorride con una punta di divertimento, le guance appena arrossate, gli occhi lucidi socchiusi – anche se è solo un accenno, Sue non ha mai visto un sorriso più bello addosso un uomo: ne esibisce le rughette ai lati degli occhi, fa notare di più le leggere lentiggini sparse sul viso, fa risaltare gli zigomi e allargare le labbra grandi, gli occhi che sprizzano un sentimento di leggerezza.

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