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April 6th, 1928 - PLANETARIUM

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April 6th, 1928 - PLANETARIUM

-Dicono che il rum induca alla violenza, e il gin alla malinconia. Io, qualsiasi cosa beva però, mi sento sempre di merda. - quelle ore buie si sono sgretolate nel giro di due orgasmi e mezzo, si sono trascinate in altri due bicchierini, tra il sudore, i respiri affannosi e le risate soffocate dai baci. E ora quelle due anime perse nelle loro guerre interiori si ritrovano lì, sul piccolo materasso nel piano superiore a quel pub, circondati dal legno e da una piccola lampada che illumina appena l'ambiente, che delinea i loro profili: e Sue, le gambe aggrovigliate nel lenzuolo bianco, riesce a vederli un po' quegli occhi azzurri colmi della tristezza dei mondi che la guardano. E no, quegli occhi non la inducono ad alcun pentimento: sono occhi che l'hanno spogliata col calore della libertà e dei sogni, sono occhi che l'hanno guardata nelle piccole fragilità della notte. E sì, ripeterebbe tutto ciò che ha ripetuto fino a quel momento: certo, se le persone sapessero cosa quella notte si è consumata, avrebbero così tanto da parlare per anni - ma non le interessa, non più, non dopo che il petto nudo può sospirare di sollievo, di pace, cerca di allontanare l'angoscia di sapere che sono già le quattro del mattino e che ben presto arriverà il sole e spazzerà via tutta la magia costruitasi in quella notte. Lei si tira meglio la camicia bianca di lui, cercando di nascondere le sue nudità agli occhi di Edward, ma non per alcuno imbarazzo: semplicemente per un freddo difficile da comprendere. E Edward la guarda, come mai nessun uomo ha osato guardarla: la guarda, così piccola mentre cerca di trovare un riparo tra il lenzuolo ormai sfatto, la guarda con il trucco a incupirle i tratti del viso, la guarda con i capelli sfatti e non si ricorda quanto tempo fosse passato prima che un simile calore gli infiammasse nel petto alla vista di una donna. Dà un tiro alla sigaretta, il cerchietto di tabacco si infuoca e diventa rosso, il fumo si palesa fuori dalle labbra dell'uomo che, a guardarla, non riesce a non sorridere: c'è qualcosa di così puro e bello solo nel guardare Sue, c'è qualcosa che la rende intoccabile, così intoccabile che solo a sfiorarla c'è un senso di colpa a stringere i polsi. Lei si massaggia il braccio, a disagio per la frase detta da Edward.

-Quando bevo mi sento sempre molto stupida. Sono consapevole anche da ubriaca di essere triste, ma cerco di non ammetterlo a me stessa: allora faccio la stupida. Rido, canto a squarciagola, ballo... mi appendo alla ringhiera del balcone di casa mia per salire nella mia stanza, - e avvampa subito, sotto la risatina dell'uomo di fronte a lei - faccio di tutto, pur di non stare così male. E così mi si svuota la testa, e per un po' mi sento come mia madre quando non mi capisce - e ora Edward ride un po' più forte, lei arrossisce e si mette a ridere con lui.

-Quando ero al fronte, l'alcool era un obbligo. - sussurra lui, e lei lo guarda, sgranando gli occhi: non si aspettava che lui le confessasse quel piccolo segreto. Gli occhi azzurri e colmi di malinconia guardano altrove, riaffondano in quei ricordi come se loro fossero la persona e non il mare. Sue gli si avvicina piano piano e gli stringe con la sua manina la mano grande di lui. -Se non bevevi ti rendevi conto di star facendo qualcosa di inumano, quindi pur di non accorgertene ingollavi di tutto. Era una delle poche cose che potevamo permetterci. C'era chi si mangiava il tabacco così da poter delirare per la febbre e sparare a caso. Io anche con tutte le fiaschette, non riuscivo a non restare lucido: e più restavo lucido, più mi sentivo impazzire. E chi finiva subito l'alcool e restava sobrio per forza di cose, pazzo lo diventava in fretta. Ti dovevi proteggere persino dai tuoi stessi compagni; la follia, quella non è come la guerra: la follia non conosce divisa amica. - Sue lo guarda, mortificata: dire quelle parole, in quella mezzanotte, non aveva aiutato a sentirlo meglio, lo sapeva. E ora, quegli occhi tristi sono ancora più lontani di prima, cercano di soffocarsi ed evitare le memorie, ma è impossibile: quelle immagini scorrono sotto gli occhi ogni giorno. Lei guarda le loro mani strette, lui passa il pollice sul dorso della sua mano, la fa fremere, le fa sentire che lui è ancora lì da lei, nonostante gli occhi si perdano così in fretta - e intanto dà un altro tiro di sigaretta.

-Mi sveglio di soprassalto perché nella testa rimbombano ancora i suoni delle granate. A volte mi fischiano ancora le orecchie, solo a ripensarci. Vedo i miei migliori amici saltare in aria per i colpi, vedo le loro carcasse tramortite da un destino più grande del nostro, per colpa di persone che pensano di avere il potere di decidere sulla vita e sulla morte delle persone. Sono sopravvissuto per cosa? Per fortuna, forse. Ma i miei amici sono ancora lì, alcuni nelle fosse comuni, alcuni sepolti sotto gli strati delle trincee. E nessuno li riporterà indietro. Avranno ancora delle lettere nelle tasche, e delle foto nei portafogli. Avranno ancora tra le mani le loro armi, ma non hanno più un'anima tra quelle mani. - si siede meglio sul letto, stropicciandosi gli occhi e sospirando. - scusami, l'alcool purtroppo ora non riesce ad aiutarmi molto. - Sue gli si avvicina di più, gli afferra il capo e lo stringe al suo petto, lo culla tra le sue braccia, gli lascia un tenero bacio tra i capelli scombinati, poggia il capo sul suo, gli carezza la nuca rasata e il collo.

-Forse siamo davvero a metà tra due guerre, - sussurra lui, carezzandole i fianchi - e tu sei il segno, venuto da me, il simbolo di questo avvenimento. A dirmi che forse resterò per sempre in questa metà di tempo. Che sicuramente dovrò affrontare un'altra guerra, ma la mia anima sarà così distaccata, sarà ancora ferma qui, mentre sono stretto tra le tue braccia. E tra i rombi di quelle granate, potrò sentire solo la tua voce, e in quelle notti buie prive di stelle, potrò solo ricordarmi di averle potute toccare con te, mentre ballavamo. - lei ingoia un singhiozzo, stringendolo più forte a sé. Non ha il diritto di prendersi tutto di me, non ho la forza di non concederglielo. Lei gli lascia un bacio sulla fronte, scostandogli i ciuffetti e guardandolo con tutta la forza che ha: e lui la guarda, non può altro, la guarda nel profilo messo in luce dalla lampada, e si dice che resterà proprio lì, in quella notte: e se un'altra donna oserà toccarlo, lui si ritrarrà come pelle col fuoco: e nessuna donna potrà più guardarlo così, mai nessuna potrà cantargli nulla, mai nessuna gli stringerà così forte il capo contro il petto, per colmare tutte le crepe subite negli anni. Nessuna donna sarà più capace di fargli dimenticare la guerra dopo avergliela ricordata.

-Non hai una tua foto da soldato? - domanda lei, curiosa. Lui annuisce, in silenzio: apre il cassetto del comodino vicino quel materasso: prende la piccola immagine, senza nemmeno guardarla, gli porta repulsione: e la concede alle mani di lei, che si soffermano a guardarla. È lui, sarebbe impossibile confonderlo: con quello sguardo serio, che conserva la lucentezza della giovinezza, non guarda nell'obbiettivo della camera, e la divisa gli fascia il corpo, il viso è ancora pulito e non conosce i segni della barba: e quegli occhi, quegli splendidi occhi azzurri, anche se in bianco e nero lei quell'azzurro negato lo avverte penetrare nelle vene: sono il riflesso del sole sul mare, sul mare estivo, sul cielo di un primo mattino di un'estate lontana. Si commuove quasi alla vista di quella piccola foto che ha immortalato un momento intriso d'eternità.

-Posso tenerla? - domanda in un mormorio, e Edward si strozza quasi con il fumo inalato. La guarda, spera i suoi occhi le possano comunicare in quel semibuio tutto il loro stupore: resta con la sigaretta tra le dita, guarda davanti a sé, e poi guarda lei: e potrebbe non stancarsi mai di guardarla. Alla fine annuisce, silenzioso.
-Tanto odiavo tenerla vicino a me.
-Mica ci vedo la divisa, io: ci vedo solo uno splendido ragazzo, - lo stringe a sé lasciandogli un bacio sulla guancia, sotto il sorriso accennato di lui, - con due splendidi occhi di cristallo, fragili come cristallo. Ecco cosa vedo. Vedo te, sempre. - i due si guardano, e Edward sorride, sollevato, lasciandole un bacio all'angolo della bocca, sotto il fremito del corpo di lei, stretto alle sue braccia. E ad un tratto un'angoscia riveste il corpo di Sue, che si ritrova svuotata.

Questa notte non ha il diritto di finire, e di separarci.



🚬| It's Astra here |🥃

Hello honeys, i miei lettori prefe.
I feel like Sue quando alle feste sono lì lì per trombarmi uno ma poi capisco che è un caso umano: la tua mente non ha il diritto di separarci.
Il mio goal sarebbe finire questa storia entro la fine dell'anno,
sarà una corsa contro il tempo, ma ci si può sperare:
mancano uno o due capitoli, devo ancora decidere LOL.
Nell'attesa brevissima, spero questo capitolo vi sia piaciuto
e restate all'erta, perché nei prossimi giorni pubblicherò l'altro - che non so ancora se sarà il finale o meno YAY.
Intanto vi auguro di aver iniziato delle belle festività,
e condividete con me un prosecchino pre-natalizio per scaldare l'aria.
Love you from the bottom of... from the bottom. Wherever it is, it's always from the bottom of something.

E Cillian con il ciuffo lungo è il mio concept di Sugar Daddy.
Cillian hit me hard pls
Devo smettere di fare la troia.

Ci vediamo presto my only ones,

Astra xx

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