4. FUOCO E CENERE
“Can’t fight the dawn
Can’t ride the storm
Can’t carry on without you anymore.”
(Alone in the dark, Will Cookson)
Tommy si unì agli altri per la colazione. Bicchieri di whiskey e tazze di the erano disseminate sul tavolo della cucina. Il fumo invadeva la piccola stanza contorcendosi in scie bianche nell’aria.
“Tommy, dobbiamo darti una bella notizia.” Esordì Polly sorridendo. Tommy, sebbene non fosse dell’umore per una sorpresa, si sforzò di ascoltare.
“Sarebbe?”
Arthur si alzò in piedi e sollevò il bicchiere, sorrideva raggiante.
“Io e Linda stiamo per diventare genitori!”
“Congratulazioni, fratello.” Disse Tommy dando una pacca sulla spalla del maggiore.
“Il figlio di Arthur nascerà già con i baffi.” Scherzò Finn, che si era spazzolato un piatto di biscotti alla cannella. Tutti scoppiarono a ridere, incluso Tommy. Arthur diede uno scappellotto a Finn e poi tornò a bere.
“Che ne sai tu dei baffi? Non hai nemmeno la barba, cazzo!”
“Lasciate in pace il bambino di casa.” Disse Polly scompigliando i capelli di Finn, che si scostò con uno scatto.
“Il bambino di casa è Michael, lo sappiamo tutti.” Replicò Arthur indicando il cugino con un cenno del capo. Michael fece roteare gli occhi al cielo quando la madre gli accarezzò le spalle, detestava essere additato come il piccolo del gruppo. Tommy, appoggiato al piano del lavandino, stava fumando immerso nei pensieri.
“Polly vi ha detto che è successo ieri notte?”
“Ti riferisci al reggiseno della dottoressa che ti sei ritrovato tra le mani?” rise Arthur, al che Tommy lo trucidò con lo sguardo.
“Non è il momento per fare il coglione. Sapete che il nuovo ispettore indaga sulla morte dei Cavendish, e quello di ieri è un chiaro segno che lui sa che siamo stati noi.”
“Non ha le prove. – disse Michael – Di cosa ci preoccupiamo?”
“Uno così le prove se le inventa e ci sbatte tutti in galera senza battere ciglio.” Disse Polly.
“Esatto. – convenne Tommy – Quello ci incarcera senza nemmeno un giusto processo. Se collega i Cavendish al John e ad Evelyn, siamo fottuti. L’ispettore sa cose che nessuno dovrebbe sapere, me lo ha detto Amabel.”
“Certo, e noi ci fidiamo della bella dottoressa perché tu hai fatto un giro nelle sue mutandine!” disse Arthur, dopodiché versò il whiskey nel the e si portò la tazza alle labbra. Tommy gli colpì il braccio con il piedi e la bevanda cadde sui pantaloni di Arthur.
“Stai diventando una vera rottura di palle, fratello. Smettila di parlare di Amabel in quel modo. Tra me e lei non c’è mai stato niente, siamo solo complici in un cazzo di duplice omicidio.”
Polly lanciò uno sguardo a Tommy, che evitò di guardarla, e si rattristò al pensiero che il nipote fosse di nuovo solo.
“E come ci muoviamo?” chiese Michael. Tommy si scolò l’ultimo goccio di whiskey e si accese un’altra sigaretta.
“Per il momento non faremo niente che possa attirare l’attenzione della polizia. Voi continuate a cercare lo stronzo che spaccia l’eroina. Io penso all’ispettore. Se solo uno di voi combina un fottuto disastro, gli trancio le palle. Sono stato chiaro?”
“Cristallino.” Rispose Finn.
Amabel fissava distrattamente il muro del suo ufficio, sembrava che l’azzurro delle pareti fosse tutto quello su cui riusciva a concentrarsi. Era ancora scossa dal contenuto della busta e dal biglietto minaccioso per non pensarci. Doveva essere davvero diabolico chi aveva messo in atto quella manovra. Certo lei era in parte colpevole della morte dei Cavendish, e forse meritava quel trattamento, ma questo non le impediva di essere preoccupata. Sperava solo che chiunque fosse non arrivasse alle sue sorelle. Sussultò quando si accorse di Oliver alla porta. Era stravolto.
“Olly, che succede?”
“C’è una bomba nel magazzino dei medicinali.”
“Stai scherzando?!”
“Vieni a vedere con i tuoi occhi.”
Oliver la guidò al primo piano, nel magazzino destinato alle medicine, e spostò uno scatolone di garze. Un ordigno giaceva per terra, simile ad un lungo tubo, e sul pavimento c’era una scritta col gesso: Boom!
“Chi diamine farebbe esplodere una clinica piena di bambini?”
“Amabel, che facciamo? Potrebbe esplodere da un momento all’altro.”
Amabel si massaggiò le tempie mentre rifletteva sul da farsi. Con molta probabilità l’ordigno era connesso alla busta che aveva ricevuto la notte precedente.
“Dobbiamo evacuare la clinica. Tu avvisa l’ospedale centrale di Birmingham che gli stiamo mandando dei pazienti, io faccio un annuncio all’altoparlante.”
“Va bene.”
I due si separarono, Oliver andò nel suo ufficio per recuperare l’agenda con i numeri di emergenza e Amabel raggiunse la sala elettrica dell’edificio. Azionò l’altoparlante e si schiarì la voce per risultare risoluta.
“Attenzione a tutti i dipendenti e ai pazienti. Parla la direttrice Amabel Hamilton. E’ stato rinvenuto un ordigno esplosivo nel magazzino dei medicinali. Non vi è certezza che esploda ma, per la sicurezza di tutti voi, verrà messo in atto il protocollo di evacuazione. I malati più gravi saranno trasferiti nell’ospedale centrale della città, invece gli altri saranno distribuiti nel migliore dei modi. Vi prego di mantenere la calma e di prestare ascolto alle indicazioni del personale. Grazie.”
In pochi minuti si diramò il panico nella clinica. I pazienti strillavano in preda alla paura, alcuni correvano, altri erano bloccati a letto. Gli infermieri e i medici tentavano di placare l’isteria invano. Amabel intravide Ada aiutare una coppia di genitori a trasportare la barella del figlio verso l’ascensore.
“Ada! Ada!”
La donna affidò la famiglia ad una infermiera e andò incontro all’amica.
“Una bomba, sul serio? L’esplosione causerebbe una strage. Ci sono più di trecento persone nella clinica, e quasi tutti sono bambini!”
“La bomba mira proprio ad una carneficina. Ci stanno prendendo di mira, Ada.”
Un rumore distrasse le due donne. Una barella si era rovesciata e una bambina era caduta, rompendosi il braccio.
“Amabel, vieni qui!” strillò Oliver, che stava già soccorrendo la bambina.
“Dammi la cravatta, Olly. Dobbiamo fasciare il braccio alla buona, non c’è tempo.”
Amabel avvolse la cravatta intorno al braccio lesionato della bambina in modo che non si muovesse, dopodiché l’accompagnò fuori senza la barella.
“Gli aiuti dall’ospedale sono qui.” disse Ada sbirciando fuori dalla finestra.
“Bene. – disse Amabel – Ada, pensaci tu a negoziare con l’ospedale. Io e Olly cerchiamo di far uscire più gente possibile.”
I venti minuti successivi ricordarono ad Amabel la guerra. La clinica era precipitata nel caos, chi urlava, chi piangeva, chi zoppicava per salvarsi. Oliver prendeva in braccio quattro bambini alla volta; Emily spingeva fuori i pazienti in carrozzella e sulle stampelle; Amabel si occupava dei bambini intubati insieme agli altri medici. Ada saliva e scendeva per recuperare i pazienti che per qualche ragione rallentavano.
“Dottoressa, venite qui!” la richiamò una infermiera.
“Che c’è?”
Amabel trattenne il respiro quando l’infermiera le indicò un secondo ordigno attaccato sotto il letto di Stacey Adrian.
“Aiuta gli altri, qui ci penso io.” disse la dottoressa, e l’infermiera corse in soccorso di altri bambini di quel reparto. Oliver entrò nella stanza con il viso arrossato per la fatica.
“Sono tutti fuori, sia pazienti sia genitori. Dobbiamo evacuare solo noi del personale.”
Amabel lo spinse in corridoio perché Stacey non avvertisse il pericolo.
“Io non posso uscire. Qualcuno ha messo una bomba anche sotto il letto di Stacey.”
“Pensi sia un guerra tra gang?”
“Potrebbe. – disse Amabel – Ascoltami bene: esci di qui e chiama Tommy, è l’unico esperto di ordigni che può essere utile, soprattutto quando in ballo c’è la vita della figlia di un gangster.”
“Dovrei lasciare te e una bambina da sole in una clinica che potrebbe esplodere a momenti? Non ci penso neanche!” disse Oliver stringendo le mani dell’amica.
“Devi lasciarci per cercare aiuto. Per favore, Olly, va via. Non posso abbandonare una bambina, è una mia paziente ed è mia responsabilità. L’intera clinica è una mia responsabilità. Se dovesse saltare in aria, io sarò l’unica qui dentro. Adesso va’ e porta qui Tommy il prima possibile.”
Oliver, sebbene riluttante, sapeva che Amabel aveva ragione. Le strizzò le mani in segno di saluto, poi le baciò la fronte.
“Resta viva. Ci vediamo dopo.”
“Sì, ci vediamo dopo. Ora va via, Olly.”
Dopo che Oliver fu uscito, Amabel tastò l’allarme anti-incendio per barricare la struttura. Porte, finestre e uscite di sicurezza furono serrate da pesanti cancelli che avrebbero dovuto contenere le fiamme, anche se in quel caso avevano creato una prigione.
Lizzie stava appuntando gli impegni di Tommy sull’agenda quando il telefono dell’ufficio squillò.
“Shelby Company Limited. Parla Lizzie Stark.”
“Il mio nome è Oliver Ross e sono un medico della clinica Hamilton. Dovete dire al signor Shelby che c’è una bomba alla clinica e che Amabel è rimasta dentro. Fate presto!”
Lizzie appese la cornetta e irruppe nell’ufficio di Tommy, incurante della riunione in corso con la famiglia Lee. Tommy sbuffò, e gettò con rabbia il mozzicone nel posacenere.
“Che vuoi, Lizzie? Ti avevo detto di non disturbarmi.”
“Ha appena chiamato un certo Oliver Ross sostenendo che c’è una bomba alla clinica. Inoltre, Amabel è all’interno dell’edificio.”
Tommy impiegò due minuti per elaborare la notizia, dopodiché recuperò la pistola e indossò la giacca per coprire l’arma.
“Lizzie, chiudi l’ufficio, convoca gli altri alla clinica e dì ad Arthur di portarmi la valigia della Francia.”
I due uomini dei Lee salirono in auto con Tommy, erano un supporto in più nel caso in cui avessero dovuto trattene i poliziotti. Raggiunsero la clinica in una decina di minuti, infrangendo una miriade di leggi del codice stradale e ignorando gli insulti dei pedoni. La folla di pazienti e personale medico si accalcava in strada. I medici cercavano di garantire assistenza a tutti, le ambulanze dell’ospedale trasportavano i pazienti più gravi, ma molti erano costretti a restare e ad essere curati seduta stante. Tommy intravide Oliver alle prese con una donna anziana sulle stampelle.
“Oliver!”
“Tommy, finalmente!”
“Dov’è Bel?”
“E’ rimasta dentro con una bambina a cui hanno piazzato una bomba sotto il letto. In pratica c’è una bomba nel magazzino dei medicinali e una nel reparto pediatrico.” Spiegò Oliver, e passò ad aiutare un bambino di tre anni con una brutta febbre.
“E’ tipico di Bel. – disse Tommy – Come entro nella clinica?”
“Non puoi.” Disse una voce familiare alle sue spalle. Era Ada, l’espressione allarmata e un piccolo graffio sulla guancia destra.
“Che vuol dire che non posso?”
“Il sistema di sicurezza della clinica è all’avanguardia. In caso di pericolo l’edifico viene sigillato dall’interno da cancelli impedendo a chiunque di entrare o uscire. Amabel e la bambina sono bloccate fino a quando il pericolo non è scampato.”
“Col cazzo che lascio Bel là dentro!” sbraitò Tommy. Aveva il terrore di perdere Amabel come era successo con Grace, con la differenza che questa volta non avrebbe superato il dolore della perdita. Ricordò a se stesso di essere stato a capo degli scavatori, che la risoluzione era racchiusa nella sua mente da soldato.
“Aspettiamo i pompieri e la polizia?” chiese Oliver.
“No, non c’è abbastanza tempo. Entro io. Mi serve la planimetria dell’edificio, una torcia e una pala.”
Tommy si tolse la giacca e il panciotto, si liberò della camicia e si sistemò la pistola alla caviglia. Ada riconobbe la determinazione nel suo atteggiamento.
“Che vuoi fare, Tommy?”
“Birmingham è stata costruita su una serie di tunnel, perciò c’è di sicuro un tunnel sotterraneo che permette di accedere alla clinica.”
Oliver, che aveva studiato il profilo psicologico di Tommy dai referti medici, rimase stupito dalle sue intenzioni.
“Sei disposto ad attraversare un tunnel per lei?”
Prima che Tommy potesse rispondere una decina di auto invasero la strada. Era John Adrian con tutti i suoi uomini al seguito. Adrian avanzava puntando la pistola contro Tommy.
“Tommy Shelby, figlio di puttana!”
“Adrian, che ci fai qui? Non è il tuo territorio.”
“Mia figlia Stacey è una paziente. A quanto pare, è rimasta dentro.”
Tommy capì perché Amabel avesse chiamato lui prima della polizia, c’entravano le gang ed era un affare personale. In quel momento arrivarono anche i Peaky Blinders guidati da Arthur e Michael.
“Che cazzo sta succedendo?” domandò Arthur lisciandosi i baffi. Un uomo di Adrian gli puntò la pistola contro.
“Stiamo calmi. – suggerì Tommy – Siamo tutti qui per la stessa ragione: salvare chi è rimasto nella clinica. Ci sono Stacey e la nostra dottoressa.”
“Questa è una manovra del cazzo per soffiarmi le corse a Londra, vero? Voi sporchi zingari siete capaci di tutto.” disse John Adrian, poi sputò sulle scarpe di Tommy.
“Brutto pezzo di mer …” Arthur tentò di buttarsi addosso ad Adrian ma Michael lo trattenne per non peggiorare la situazione. Tommy si impose di rimanere calmo, non era la giusta occasione per uno scontro tra bande, non quando c’erano in gioco delle vite.
“Farei davvero esplodere la mia clinica? Dovrei essere molto stupido e tu lo sai che non lo sono.”
Adrian gli spinse la pistola contro la tempia ma Tommy non si mosse di un millimetro, era stoico come una statua.
“Proprio perché non sei stupido so che potresti far saltare la tua clinica del cazzo. E poi lì dentro c’è mia figlia, potrebbe essere un modo per ricattarmi. Voi zingari avete il sangue pazzo.”
“Non ammazzerei mai una bambina, a prescindere dalla sua famiglia del cazzo. Io devo entrare in quella fottuta clinica adesso.”
Adrian caricò la pistola e fece scattare la sicura, solo il grilletto lo separava da uno sparo.
“Perché dovrei crederti? Sarebbe più facile per te lasciar morire mia figlia.”
“Perché in quella fottuta clinica c’è la donna che amo!” urlò Tommy con tutto il fiato che aveva in corpo. Adrian abbassò subito l’arma, così come i suoi uomini, e anche i Peaky Blinders abbassarono pistole e fucili. Il gangster lo fissò per qualche istante, valutando se le sue parole fossero vere o false, ma in fondo non aveva nessuna certezza; non gli restava che fidarsi di lui.
“Entra.” Disse Adrian.
“Ti restituirò tua figlia sana e salva.”
“Lo spero per te, zingaro.”
Tommy frugò nella valigia che gli aveva portato Arthur, un vecchio bagaglio che si trascinava dietro dalla Francia, e raccattò gli utensili da scavatore. Una torcia, una pala, una picca, e una corda. Ada sopraggiunse con la planimetria dell’edificio e le istruzioni per disattivare la corrente interrompendo il barricamento.
“Tommy, ecco a te.”
“C’è una galleria già scavata sotto quel tombino. Dovrò scavare solo due metri di tunnel, i metri che conducono dalla galleria alla dispensa della clinica.”
Arthur e Michael scardinarono il tombino segnato dalla planimetria e gettarono una monetina per misurare la profondità; erano circa quindici metri.
“Buona fortuna, fratello.” Disse Arthur dando una pacca sulla spalla di Tommy.
“Mi servirà.”
Tommy si calò nel tombino e atterrò nell’acqua putrida della fogna. Accese la torcia, un topo gli slittò tra i piedi squittendo in preda alla paura.
“Topi del cazzo.”
Si introdusse nella galleria sinistra che, stando alla planimetria, era collegata alla clinica. Ricacciò indietro il trauma della guerra, si fece coraggio e proseguì.
“Andrà tutto bene, Stacey. Presto qualcuno verrà a salvarci.”
La bambina si era rannicchiata contro il petto di Amabel, tremava come una foglia. Tossiva e spesso sembrava perdere i sensi, e di ora in ora i sintomi della pertosse peggioravano. Il trattamento prevedeva la somministrazione di antibiotici che avrebbero impiegato all’incirca dodici ore per dare i primi esiti positivi.
“Mio padre verrà a prendermi.” Disse Stacey, i capelli biondi erano incollati alla fronte per il sudore.
“Sì, il tuo papà verrà a prenderti.”
Amabel sperava davvero che qualcuno le andasse a salvare il prima possibile perché Stacey senza le cure adatte non avrebbe superato la notte. La bambina fece scattare la testa in direzione del corridoio con lo sguardo terrorizzato.
“Che cos’è stato?”
Un rumore sottile proveniva dal fondo del corridoio, come se qualcuno stesse martellando qualcosa. Amabel afferrò un’asta porta-flebo e uscì dalla stanza in punta di piedi, pronta a colpire chiunque fosse. Probabilmente chi aveva piazzato le bombe era rimasto bloccato insieme a loro. Udì dei passi concitati camminare nella sua direzione, allora si appostò dietro la parete e serrò le dita intorno all’asta. Quando lo sconosciuto fu vicino all’angolo, Amabel lo colpì alla testa con forza.
“Ma che cazzo!”
Tommy era caduto in ginocchio con un taglio al sopracciglio destro che sanguinava copiosamente.
“Thomas, per l’amore del cielo! Tirati su!”
Amabel lo aiutò a rimettersi in piedi e lo portò nella stanza di Stacey per medicarlo. La bambina si nascose sotto le coperte per la paura.
“Tranquilla, piccola. Lui è un amico. E’ qui per aiutarci.” La rassicurò la dottoressa. Tommy si sedette su una brandina, imprecando a bassa voce per il dolore, e chiuse l’occhio un paio di volte per essere certo di vederci bene. La sua vista era aggravata da quando non usava più gli occhi da vista.
“Dovevi proprio colpirmi con un’asta di alluminio?”
Tommy strinse i denti quando Amabel gli pulì il taglio con un pezzo di cotone imbevuto di disinfettante.
“Beh, scusa se degli strani rumori mi hanno messo in agitazione!”
“Almeno so che ti sai difendere da sola.” Disse lui, e trattenne il respiro quando un ampio cerotto gli fu applicato sulla ferita. Amabel d’istinto gli accarezzò gli zigomi quasi a voler avere la certezza che lui fosse reale.
“Me la cavo piuttosto bene con le aste di alluminio! Come sei entrato? La clinica è sigillata.”
“Sono sceso in un tunnel che conduce alla clinica, ho scavato un paio di metri e ho manomesso la porta della dispensa.”
Amabel non sapeva che dire, le parole si erano cementificate in gola.
“Tu hai la fobia dei tunnel. Hai davvero scavato per entrare? Oh, Thomas …”
“Mi hai chiamato ‘Thomas’, devi essere davvero colpita.” Scherzò Tommy, e sorrise.
“E’ proprio così che si sarebbe comportato il mio Thomas.” Replicò lei, un rossore diffuso sulle gote. Era la prima volta che si parlavano senza insultarsi o urlare. Era la prima volta dopo quattro mesi che Bel e Thomas parlavano davvero.
“Voi due sieste sposati?” domandò una curiosa Stacey, ancora semi-nascosta dalle coperte.
Amabel e Tommy si voltarono verso la bambina con una bizzarra confusione stampata in faccia.
“Noi sposati? – fece Amabel – Non resisteremmo un giorno!”
“Oppure sì.” commentò Tommy. Amabel, imbarazzata dalla piega del discorso, tornò a concentrarsi sul vero problema.
“Ora abbiamo altro a cui pensare. Dà un’occhiata sotto il letto di Stacey.”
Tommy si accorse subito che la bomba era artigianale, preparata in casa con pochi materiali, e che al massimo avrebbe fatto esplodere solo il letto dove stava la bambina.
“Se Stacey si alza dal letto, la bomba esplode. E’ tarata sul suo peso.”
Amabel capì che l’unico modo per non innescare l’esplosione era tenere Stacey a letto.
“E come la tiriamo fuori? Non possiamo lasciarla così. E’ assurdo! Viene piazzata una bomba sotto il letto della figlia di un gangster nella clinica di un altro gangster.”
“Non è casuale, Bel. E’ stato pianificato. Qualcuno vuole rompere l’equilibrio tra i Peaky Blinders e i Cheapside Sloggers.”
Amabel adocchiò Stacey, che stava giocando con l’orlo del lenzuolo, e sentì il cuore accartocciarsi. Non era giusto che una bambina soffrisse per le colpe del padre.
“Stanno mettendo gli Shelby contro gli Adrian. Perché?”
“Non lo so. – disse Tommy – Prima John Adrian mi ha chiesto se la bomba fosse una mia idea per ricattarlo e ottenere le corse a Londra. Io non ho mai mirato agli ippodromi della capitale, quindi non so perché lui pensi una cosa del genere.”
“Forse qualche altra gang trarrebbe vantaggio dal vostro conflitto.” Ipotizzò Amabel, e Tommy dovette ammettere che era una teoria plausibile.
“Rimandiamo a dopo i ragionamenti. Ora dobbiamo trovare un modo per uscire vivi. Fammi vedere l’altra bomba.”
“Vieni con me nel magazzino. Stacey, non muoverti, torniamo subito.”
La prima cosa che Tommy notò fu che la porta del magazzino non era stata scassinata, né tantomeno la toppa era stata intaccata, e questo gli faceva pensare che la bomba era stata piazzata dall’interno. La seconda cosa che attirò la sua attenzione fu la bomba stessa.
“Bel, qualcuno che lavora qui è un ex soldato?”
“Non lo so. Non mi occupo io delle assunzioni, soprattutto non dopo che sono stata in vacanza forzata per tutta l’estate. Perché?”
“Perché questo è un siluro Bangalore*. E’ un congegno che innesca un’esplosione a distanza che è stato ideato proprio dall’Armata del Regno Unito. E’ capace di aprire varchi di quindici metri di lunghezza. Se esplodesse, causerebbe il crollo dell’intera clinica.”
“E’ stato usato nella Guerra, vero? Ecco perché pensi che si tratti di un ex soldato.” Disse Amabel. Tommy annuì.
“Già. Ma per quale motivo un ex soldato dovrebbe far saltare in aria una clinica?”
“Ormai ho smesso di capire la gente, di solito fa quello che gli pare senza razionalità alcuna. Allora, puoi disinnescarla?”
“Vuoi sapere la cosa divertente, Bel?”
“Cioè?”
Tommy sollevò il tubo che componeva la bomba e la fece piombare a terra. Amabel trasalì aspettandosi che di lì a poco la piccola stanza andasse a fuoco. Invece, con sua grande sorpresa, non accadde nulla.
“Il siluro non era innescato. Mancano i fili per attivare l’esplosione. E’ una finta bomba.”
“Perché quella vera è stata messa sotto il letto di Stacey. E’ lei l’obiettivo.” Disse Amabel chiudendosi la porta del magazzino alle spalle. Tommy camminava al suo fianco e illuminava il corridoio buio con la torcia.
“Se non salviamo Stacey, Adrian ci ammazzerà tutti quanti.”
“E’ davvero una questione tra gang. So che Kimber ha assoldato dei soldati tra i suoi uomini.”
Tommy rallentò il passo e la guardò col sopracciglio inarcato.
“Come diavolo fai a sapere queste cose?”
“Al Garrison gli uomini ubriachi hanno la chiacchiera facile.”
“Tu non ci dovresti nemmeno andare al Garrison!” ribatté Tommy, e aprì la porta per lei come un vero gentiluomo. Aveva il collo sporco di sangue, le mani erano lerce di sporcizia e le unghie erano spezzate. Era stanco, sembrava non dormisse da giorni, i suoi occhi azzurri erano messi in risalto da due mezze lune nere dovute all’insonnia.
“Io faccio quello che mi pare. Se voglio andare al Garrison, ci vado!”
“Oh, lo so. Sei testarda come un dannato mulo!”
Amabel roteò gli occhi e sbuffò, Tommy non accantonava mai quel suo prepotente atteggiamento protettivo.
“Grazie per il complimento. Ebbene, come intendi salvare Stacey?”
Quando tornarono nella camera di Stacey, la bambina era scossa da forti colpi di tosse. Amabel di premurò di asciugarle la fronte con un panno di cotone e di misurarle i battiti. Tommy comprese dallo sguardo della dottoressa che avevano i minuti contati.
“Quanto pesa Stacey? Forse riusciamo a sostituire il suo peso con qualcosa.”
“Trentadue chili e mezzo.” Rispose Amabel leggendo l’informazione dalla cartella della paziente.
“Avete qualcosa che possa avere lo stesso peso? Se Stacey si alza dal letto, noi sostituiamo il peso prima che la bomba esploda.”
“Le cassette dell’acqua potrebbero andare bene? Una pesa circa dieci chili. Le trovi in mensa.”
“Va bene. – disse Tommy – Voi restate qui, io vado a prendere le casse.”
Stacey era molto pallida, sudava freddo e la sua tosse peggiorava. Amabel le sistemò una coperta sulle spalle e le fece indossare i calzini e le pantofole.
“Presto sarà tutto finito, piccolina. Andrà tutto bene.”
“Bel, vieni qui!” gridò Tommy dal fondo del corridoio. Amabel corse da lui perché il modo in cui l’aveva richiamata era preoccupante.
“Che succede?”
Tommy le fece segno di avvicinarsi alla cucina, e Amabel trattenne un conato di vomito a stento. C’erano due mani mozzate sul pavimento, inzuppate in una pozza di sangue. C’era un biglietto sulla cappa che recitava: io so!
“Lo sa, Bel. Qualcuno sa quello che abbiamo fatto e adesso si diverte a tormentarci.”
“Il regalino di ieri sera, le bombe e le mani sono collegati?”
“Può darsi. Non credo che l’ispettore Campbell arrivi a tanto. Certo, ci detesta e sospetta di noi, ma resta un poliziotto e non farebbe un gioco del genere.”
Amabel avrebbe voluto spalancare la finestra e far entrare aria fresca per stemperare quel tanfo di sangue disseminato in cucina, ma si limitò a indietreggiare con disgusto.
“Allora è una guerra tra gang? Qualcuno sta cercando di togliere il potere a te e ad Adrian?”
“Forse.” Disse Tommy spostando una mano con la punta della scarpa. Il moncone tracciò una striscia rossa sulle mattonelle bianche.
“Non abbiamo tempo di discuterne in questo momento. Dobbiamo uscire da qui.”
Amabel aiutò Tommy a trasportare le casse di acqua nella stanza di Stacey. La dottoressa notò che Tommy stava sudando, la sua fronte era imperlata e anche il colletto della camicia. Stava respirando a fondo e gli pulsava la carotide. Era visibilmente agitato. I ricordi della guerra lo stavano divorando ma lui teneva duro per lei e la bambina.
“Thomas.”
“Sì?”
Fu allora che Amabel lo baciò. Tommy le strinse i fianchi approfondendo il contatto. Dopo quattro lunghi mesi si toccavano di nuovo, ed era come se la luce avesse rischiarato il mondo. Era un bacio amaro, simile ad un addio, ma era anche ricolmo di dolcezza.
“Nel caso dovessimo morire nei prossimi minuti.”
“Hai poca fiducia in me, dottoressa.” Rise Tommy, e Amabel lo baciò ancora. Avrebbe voluto baciare tutti i rari sorrisi di Tommy.
“Thomas, io …”
“Shh, non dirlo. Dimmelo quando saremo quando saremo fuori da questo posto del cazzo.”
“Va bene.”
Tommy le diede un bacio a stampo sulla bocca e uno sulla fronte, poi le baciò il dorso di entrambe le mani.
“Siete sposati, avevo ragione!” esclamò Stacey battendo le mani.
“Magari un giorno.” Disse Tommy spingendo una cassa di acqua vicino al letto. Amabel sbiancò e si portò una mano al petto, sembrava che il cuore pompasse il doppio.
“Ehm, non è l’occasione per scherzare. Stacey, dovrai ascoltarmi attentamente. Tommy dovrà disporre le cassette sul letto e tu, pian piano, dovrai lasciargli lo spazio necessario. Ti tengo io le mani.”
Stacey si impaurì, non era una bambina coraggiosa, era la cocca di papà ed era stata cresciuta in una campana di vetro.
“Ho paura, dottoressa.”
“Non devi. Ci sono io con te. Il dottor Ross ti ha raccontato la favole della principessa guerriera che batte il drago?”
“Sì.”
“Beh, tu dovrai essere quella principessa. Puoi farcela, Stacey. Fidati di me.”
“Sei una bellissima e coraggiosa principessa.” Disse Tommy per incitarla. Stacey si fece forza e iniziò a muoversi con l’aiuto di Amabel mentre Tommy faceva scorrere lentamente le cassette d’acqua sul letto. Non appena il peso della bambina fu bilanciato, Amabel la tirò giù dal letto. Uno scatto risuonò secco nel silenzio della stanza.
“Correte!” gridò Tommy. Prese in braccio Stacey e corse verso il tunnel che aveva scavato con Amabel dietro di lui. La galleria era buia poiché Tommy aveva dimenticato la lanterna in clinica, perciò dovettero procedere a tentoni.
“Bel, ci sei?”
“Sì. – mormorò Amabel – Ma le mie scarpe si stanno ribellando a questa acqua putrida in cui camminiamo.”
Stacey rise, e la tensione si allentò, avvinghiando le esili braccia al collo di Tommy. Uno scossone rimbombò nella galleria facendo tremare le pareti e il suolo. Amabel si appiattì contro la parete e Tommy si piegò sulle ginocchia.
“La bomba è esplosa.”
Amabel gli diede un pugno sulla spalla, anche se al buio poteva aver mirato alle costole.
“Aspetta, tu lo sapevi? Sapevi che sarebbe esplosa?!”
“Io ero quello che in Francia piazzava le bombe, direi che sono un esperto. Sapevo che sarebbe esplosa anche se avessimo bilanciato il peso di Stacey. Il mezzo chilo è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.”
“E perché non me lo hai detto?!”
Tommy sentì le mani di Stacey sul collo che si aggrappavano alle sue spalle come se fosse uno scoglio sicuro, e il suo pensiero volò al piccolo Charlie.
“Perché sapevo che avresti avuto una reazione esagerata.”
Amabel odiava quando Tommy prevedeva ogni sua mossa, odiava essere un libro aperto per lui.
“Mi devi un paio di scarpe e un’ala della clinica, Shelby.”
“Tutto quello che vuoi, tesoro. Ti do tutto quello che vuoi.”
Amabel tracannò una bottiglia d’acqua in pochi secondi. Era assetata, stanca e sporca. Tommy stava spiegando ad Arthur e a Michael quello che era successo, bombe e mani incluse. John Adrian abbracciava Stacey riempiendola di baci. Gli uomini del boss scortarono la bambina all’ospedale centrale di Birmingham per la cura della pertosse. Tutti i pazienti avevano trovato una collocazione nelle sedi ospedaliere della città.
“Che cosa mi stavi per dire poco fa?”
Amabel si girò sorridente verso Tommy.
“Non stavo per dirti nulla. Era solo un momento critico.”
“Farò finta di crederci.”
L’attimo dopo Tommy si chinò a baciarla e Amabel, dimenticando la loro separazione, gli allacciò le braccia al collo.
Salve a tutti!
Ohw, Tommy ha attraversato un tunnel per Amabel. Se questo non è amore!
Qualcuno a Birmingham sta facendo il cattivo, chissà chi è.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.*era una bomba realmente utilizzata nei primi anni del '900.
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Red right hand 2 || Tommy Shelby
FanfikceErnest Hemingway ha scritto «l'uomo non è fatto per la sconfitta. Un uomo può essere distrutto ma non sconfitto». Thomas Shelby e Amabel Hamilton sono stati distrutti dalla guerra, da Birmingham, dalle loro stesse menti. L'unico barlume di speranza...