Epilogo

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11. EPILOGO

Come lay me down
Come heal me now
Come take this crown.
[…]  I’ll wait up until you’re home, dear.
I’ll shine a light in the dark.
Don’t leave me alone here among the stars.”
(Alone in the dark, Will Cookson)

Due giorni dopo
Faceva particolarmente freddo quella mattina a Birmingham. Il vento frusciava tra i cipressi come se le anime dei defunti camminassero tra le tombe senza farsi vedere. Al cimitero stava avendo luogo il funerale di Bertha, ed era forse per questo che faceva freddo. Amabel era esausta sia fisicamente sia mentalmente. Teneva tra le braccia Diana che piangeva e tremava, sembrava una bambina impaurita. Poca gente era presente alla funzione: Tommy, Finn e Michael, Ada e Jalia. Zia Camille aveva spedito ad Amabel un mazzo di fiori e un biglietto di condoglianze, entrambi erano finiti nella spazzatura pochi minuti dopo il loro arrivo. Oliver aveva annunciato il suo ritorno a New York dopo la morte di Isaiah, aveva bisogno di riprendersi prima di impegnarsi di nuovo nel lavoro.
Evelyn, invece, non si era ancora fatta vedere.
“Qualcuno vuole dire qualcosa?” domandò il prete chiudendo il libro delle omelie. Amabel annuì e, lasciando Diana alle braccia di Finn, prese una rosa bianca e la depositò sulla bara.
“E’ surreale essere qui oggi. Non pensavo che questo giorno sarebbe mai arrivato. Bertha è stata la nostra governante per trenta anni, ha cresciuto me e le mie sorelle e si è presa cura di nostro padre quando io ero in guerra. Quando nostra madre è morta, Bertha è riuscita a lenire quel dolore perché lei per noi era una seconda madre. Se non ci fosse stata lei, noi saremmo state tre ragazze tristi a vita. Anche dopo la dipartita di nostro padre, Bertha è stata il perno della nostra famiglia. A quella donna avrei affidato la mia vita senza pensarci due volte. Abbiamo avuto i nostri contrasti, è vero, ma tornavano sempre più unite di prima. Bertha ha asciugato ogni nostra lacrima, ha contribuito ad ogni nostro sorriso, ha curato le nostre ginocchia sbucciate, ci ha preparato i nostri piatti preferiti, e soprattutto è stata al nostro fianco nei momenti peggiori. Ero convinta che non sarebbe mai morta. Pensavo che fosse come gli angeli, eterei ed eterni, eppure oggi siamo qui riuniti per il suo funerale. Io …”
E qui Amabel fu interrotta dalle lacrime. Di solito non piangeva mai, ma proprio non riusciva a trattenersi. Diana si accoccolò contro il petto di Finn per singhiozzare.
“Io sono grata per aver avuto l’opportunità di trascorrere parte della mia vita insieme a lei. E malgrado non sarà presente nelle nostre vite, il suo ricordo vivrà per sempre nei nostri cuori. A Bertha, lontana ma mai dimenticata.”
Dopo che Tommy lasciò cadere la rosa sulla bara, Amabel crollò tra le sue braccia. Lui non disse niente per calmarla, era necessario vivere appieno quel dolore per poter superare. Solo il giorno prima aveva partecipato al funerale di Isaiah, aveva consolato Jeremiah e sua moglie, e aveva anche tenuto la mano sulla spalla di Finn per supportarlo.
“Patetico.” Mormorò Ada mentre si sistemava la sciarpa per ripararsi dal freddo. Il suo commento era riferito all’arrivo di Evelyn. La ragazza a passo spedito raggiunse il gruppo, i capelli biondi svolazzavano intorno a lei come tentacoli. Era troppo serena per una che aveva appena perso una persona cara.
“Oh, avete già finito. Vorrei dire due parole: addio, Bertha.”
Michael e Jalia si scambiarono un’occhiata fugace per l’assurdo comportamento della ragazza. Diana si staccò da Finn solo per colpire il braccio della sorella.
“Sei seria? E’ tutto quello che hai da dire?”
“Sì. Era la nostra governante, non nostra madre. Certo è un peccato, ma morto un papa se ne fa un altro.” Rispose Evelyn sorridendo, sembrava quasi felice di quel funerale. Amabel sollevò gli occhi rossi di pianto su Evelyn come se volesse schiaffeggiarla con lo sguardo.
“Oggi non sono in vena delle tue stronzate, Evelyn. Puoi anche andartene e portare con te quella tua stupida aria da bambina viziata.”
Tommy rimase interdetto dall’uso di quella parola – ‘stronzate’ – poiché non era certo il modo in cui Amabel parlava, ma ciò dimostrava quanto fosse sofferente.
“Noto con disappunto che voi siete liberi e che Campbell è sparito dalla circolazione. A quanto pare la mia testimonianza è servita a ben poco.” Disse Evelyn, le mani sui fianchi, le labbra increspate in un mezzo sorriso. Amabel, furiosa, afferrò la sorella per il bavero della giacca.
“Evito di sputarti in faccia solo perché siamo ad un funerale. Torna a Londra, Evelyn. Il tuo posto non è qui.”
“Andiamo, Amabel.” Si intromise Ada. Spinse Amabel lontano da Evelyn e l’accompagnò all’auto. Diana non degnò la sorella di uno sguardo, si strinse a Finn e lasciò il cimitero. Michael e Jalia li seguirono in silenzio. Solo Tommy si prese un minuto per restare con Evelyn.
“Secondo me tu hai in mente qualcosa. Hai la tipica espressione di chi sta per sfidare il mondo intero.”
Evelyn fece spallucce, era tranquilla come pochi minuti prima.
“Forse perché so di vincere la sfida.”
Tommy si portò una sigaretta alla bocca, l’accese e poi spense il fiammifero sul soprabito costoso della ragazza. Evelyn si ritrasse con disgustoso.
“Se ferisci Amabel in qualche modo, ti taglio le mani come ho fatto ai Cavendish.”
“E’ una minaccia, signor Shelby?”
“E’ piuttosto un avvertimento, signorina Hamilton.”

Red right hand 2 || Tommy Shelby Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora