Nemici & amici

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5. NEMICI & AMICI

There is no peace here,
war is never cheap, dear.
Love will never meet here, it just gets sold for parts.
You cannot fight it, all world denies it.
Open up your eyelids, let your demons run.”
(Beat the devil’s tattoo, Black Rebel Motorcycle Club)

Una settimana dopo
Amabel aveva riaperto lo studio di suo padre a Small Heath per assistere i bambini, poiché la clinica era in via di ristrutturazione. La bomba sotto il letto di Stacey aveva distrutto il reparto pediatrico e Tommy aveva messo i suoi uomini a lavorare perché l’edificio fosse presto agibile. Nel frattempo i pazienti erano stati dislocati negli altri ospedali e il personale era stato obbligato alle ferie. Quella mattina, quando si era ritrovata nel quartiere, aveva scorto due figure infagottate sulle scale dello studio. Erano una ragazzina e un bambino di circa un anno.
“Siete voi la dottoressa?” aveva chiesto la ragazzina con voce sottile. Era scalza, la pianta dei piedi era nera e cosparsa di graffi sanguinanti.
“Sì, sono io. Entriamo, fuori fa freddo.”
Erano le otto del mattino e la frescura pungolava le ossa, pertanto Amabel ospitò i due arrivati. Il bambino dormiva, aveva il viso sporco e anche lui era scalzo.
“Grazie.”
Amabel la fece accomodare sul lettino dello studio e le versò un bicchiere di acqua che la ragazzina svuotò in una manciata di sorsate.
“Come vi chiamate?”
“Io sono Mary e lui è mio figlio James.”
“Quanti anni hai?”
“Io ho sedici anni. Siamo scappati da mio suocero.”
Mary iniziò a piangere e Amabel le passò un braccio intorno alle spalle per consolarla.
“Va tutto bene, Mary. Raccontami che cosa è successo.”
“Mio marito Paul è morto per colpa di una nuova droga qualche mese fa, e da allora mio suocero è impazzito per il dolore. Paul aveva solo diciassette anni, era un bravo ragazzo. Mio suocero non voleva vedere né me né James, perciò ci ha rinchiusi nella stalla in mezzo agli animali e a stento ci faceva mangiare. Ieri sera era ubriaco marcio e ha lasciato il cancello aperto, così sono scappata e ho corso fino a Birmingham. I Lee mi hanno detto che a Small Heath avrei trovato una dottoressa che mi avrebbe aiutato.”
Mary si accasciò contro la spalla di Amabel, scossa dai singhiozzi, le lacrime cadevano copiose sulle guance nere di sporcizia. Amabel cercò di non piangere, doveva mostrarsi forte per loro.
“E’ vero che posso aiutarti. Dimmi, tuo suocero ti ha mai fatto del male?”
“No. – rispose Mary – Io e James gli ricordavamo Paul e ha preferito toglierci dalla sua vista. Non mi ha mai fatto del male. Verrà a cercarci?”
“Non lo permetterò. Prometto di prendermi cura di te e di James.”
Mary sobbalzò quando qualcuno bussò alla porta e si strinse James al petto.
“Resta qui.”
Amabel afferrò il tagliacarte dalla scrivania e si avvicinò alla porta a passo felpato. Si rilassò intravedendo il profilo di Tommy nello spioncino.
“Thomas, come mai qui?”
Tommy notò gli occhi lucidi della donna, poi notò il tagliacarte.
“E’ successo qualcosa? Sei sconvolta.”
Amabel sbirciò a destra e a sinistra per sicurezza e trascinò Tommy dentro. Lo guidò nello studio, e una macchia nera era nascosta tra l’armadietto delle medicine e la parete.
“Mary, vieni fuori. E’ un mio amico.”
La ragazza sbucò dal nascondiglio improvvisato, la sua espressione era una maschera di terrore. James si era svegliato e si guardava intorno con fare smarrito.
“Adesso raccogli anche i randagi? Bel, stai esagerando.” Disse Tommy, le mani in tasca, la sigaretta all’angolo della bocca. Bel lo trucidò con lo sguardo.
“Io raccolgo chi ha bisogno di aiuto, razza di imbecille.”
Tommy ignorò l’insulto, gli avevano detto cose ben peggiori. Amabel risultava gentile anche quando lo insultava, forse era la sua voce gentile che accompagnava teneramente anche le offese.
“Giusto, tu fai sempre quello che ti pare nel mio quartiere.”
“Non fare il boss con me, Shelby. Non funziona. Ora ascolta la sua storia, c’è qualcosa di familiare.”
Tommy si sedette sulla scrivania e si accese la sigaretta ma Amabel gliela strappò di mano e la pestò. Tommy avrebbe voluto ridere ma si limitò ad abbozzare un sorriso.
“Sentiamo questa storia.”
Mary fece un profondo respiro prima di rivivere quei mesi di sofferenza.
“Mio marito Paul è morto a soli diciassette anni per colpa di una nuova droga qualche mese fa. Mio suocero ha rinchiuso me e mio figlio nella stalla senza cibo e acqua.”
“Una nuova droga. – ripeté Amabel – Hai idea di quale fosse?”
“Erano delle pillole, piccole e bianche. Paul stava malissimo. Non respirava, era blu, e aveva la bava alla bocca.” Disse Mary, e si asciugò altre lacrime salate. James si mise a piangere e Amabel gli accarezzò la guancia scarna, incurante delle malattie che il bambino aveva potuto contrarre.
“Eroina. – disse Tommy – E’ la nuova droga che sta ammazzando parecchia gente. Quanti mesi fa è morto tuo marito?”
“Sei mesi fa, a marzo. James aveva solo due mesi.”
Tommy si rabbuiò per quella nuova informazione. I suoi calcoli erano errati.
“Bel, devo parlarti in privato.”
Si spostarono nella saletta d’ingresso, dove erano presenti una decina di sedie, e la porta dello studio fu chiusa.
“Che c’è, Thomas?”
“Credevo che l’eroina fosse arrivata a Birmingham a fine maggio, ma a quanto pare circolava già da marzo. Qualcuno spaccia quella merda da mesi uccidendo le persone senza scrupoli. E’ un mercato ampio, che ha avuto del tempo per svilupparsi e che ormai è inarrestabile.”
“C’è dell’altro, vero? Te lo leggo in faccia.” disse Amabel, preoccupata dall’espressione accigliata dell’uomo.
“La biancheria, le bombe, le mani, sono tutti un modo per farci sapere che lo spacciatore di eroina ha intenzione di espandere il proprio impero. Questo bastardo sa quello che abbiamo fatto ai Cavendish e ci ricatta, e ha anche ricattato John Adrian con la bomba sotto il letto di Stacey. Ci sta sfidando.”
“Hai idea di chi possa essere?”
“No, ma spero che Adrian lo sappia. Ero venuto qui a questo proposito: Adrian ha invitato me e te a fare colazione nella sua villa per ringraziarci di aver salvato sua figlia.”
Amabel aggrottò le sopracciglia, allibita da quell’invito.
“E noi ci andiamo?”
“Certo. Adesso abbiamo bisogno di avere Adrian dalla nostra parte. Te la senti di essere invischiata in questa faccenda? Negli ultimi tempi sembrava che ti fossi estraniata dai Peaky Blinders.” Disse Tommy guardandola negli occhi. Amabel sostenne il suo sguardo con la solita audacia.
“Io non sono più un membro dei Peaky Blinders e non lavoro per te. Io sono solo il medico della clinica che finanzi di tasca tua.”
Tommy avanzò facendo incollare i loro corpi e si mise a giocare con una ciocca dei capelli castani.
“Ah, sì? Io speravo che tu fossi qualcosa in più.”
“Io non ti ho ancora perdonato per la questione di Warren, Thomas.”
“Che donna difficile! E anche per questo che mi fai impazzire.”
Amabel indietreggiò con un sorriso divertito dipinto sulle labbra coperte da un velo di rossetto rosso.
“Sei davvero un pessimo corteggiatore, Shelby.”
“Non ti sto corteggiando. Io so già di averti, è solo che non riesco a prenderti.”
“E non ci riuscirai ancora per un po’.”
Tommy stava per ribattere quando Mary sbucò dallo studio.
“Scusate, ma James ha fame. Non mangiamo da una settimana.”
Amabel pensò alla colazione a cui stava per presenziare, ricca di ogni delizia, e si sentì in colpa.
“Ti accompagno a casa mia dove una ragazza si prenderà cura di voi. Potrete mangiare, lavarvi e prendere i miei vestiti.”
“Non possiamo, dottoressa. Voi siete una donna perbene e io non posso approfittare.”
“Io sono tutto tranne che una donna perbene. Ti prego, Mary, lasciati aiutare. Sei venuta da me  per questo e io farò tutto il possibile.”
Mary si gettò piangente tra le braccia di Amabel, che la strinse forte. Tommy in quel frangente capì perché era perdutamente innamorato di Amabel. Lei era sempre disposta aiutare tutti senza alcuna distinzione, si metteva anche in pericolo per gli altri, e non chiedeva mai niente in cambio. E in quel momento abbracciava una ragazza sporca, che emanava cattivo odore, probabilmente malata, come se fosse un fiore da proteggere.
“Bel, dobbiamo andare. Li lasciamo a casa tua strada facendo.”

La villa di John Adrian era una delle più grandi e sontuose di tutta Birmingham. Michael aprì lo sportello per far scendere Amabel, mentre Tommy e Arthur venivano perquisiti. Il maggiordomo li condusse nella sala principale attraverso il giardino. Era un enorme spazio verde decorato da svariate specie di fiori, aiuole, e un gazebo nei pressi di una fontana.
“Questo cazzo di posto è grande quanto Small Heath.” Sussurrò Arthur lisciandosi i baffi.
“Adrian è decisamente più ricco di noi.” Disse Michael, il lungo cappotto che quasi toccata terra. Tommy si voltò a guardare Amabel per un secondo, dopodiché distolse lo sguardo.
“Non parlare come tuo solito, Bel. Adrian non è come noi.”
“Quale sarebbe il solito modo in cui parlo?”
“Shh.” Le disse Tommy portandosi un dito alle labbra per simulare il silenzio. Il maggiordomo si fermò, batté le mani e due camerieri si prodigarono per prendere cappotti e cappelli degli ospiti.
“Prego. Il signor Adrian vi attende per la colazione.”
Quando entrarono nella sala, Amabel si stupì dell’abbondante tavolata. C’erano dolci di ogni tipo, croissant, succhi di frutta, e anche qualche stucchino salato. John Adrian stava in piedi al capo del tavolo con le braccia spalancate.
“Signori Shelby, signor Gray e signorina Hamilton, è un piacere avervi in casa mia. Sedetevi e servitevi pure.”
Amabel capitò in mezzo ad Arthur e a Tommy, veniva schiacciata dal loro odore di alcol e tabacco. Tommy le versò il the in una lavorata tazza di the e gliela cacciò in mano perché la bevesse, sebbene non amasse la bevanda. Era un gesto di cortesia nei confronti del padrone di casa.
“Allora, dottoressa, vi piace il the?” domandò Adrian, i baffi grigi erano perfettamente curati.
“Sì. – mentì Amabel – E’ squisito. Vi ringrazio. Come sta Stacey?”
Adrian immerse il cucchiaino nella marmellata di ciliegie e la spalmò su una fetta di panne, appariva troppo calmo per essere seduto con i propri nemici.
“Sta meglio grazie a voi. E’ ricoverata a Londra al momento, ho preferito essere prudente dopo quanto accaduto nella vostra clinica.”
“Mi fa piacere.” Disse Amabel, e avvertì gli occhi inquisitori di Adrian su di sé.
“Perché siamo qui, Adrian? Non credo che tu voglia ringraziarci con una colazione.” Disse Tommy sorseggiando il suo the.
“Certo che no. Voi siete gli zingari bastardi di Small Heath, nessuno vi inviterebbe al proprio tavolo.”
“Ci inviti per prenderci per il culo? E’ una mossa del cazzo!” ruggì Arthur. Adrian rise ripulendosi la bocca dalle briciole. Due grandi anelli in oro luccicavano alle sue mani.
“Non vi insulto, dico solo le cose come stanno. Però è anche vero che Tommy e la dottoressa hanno salvato mia figlia, pertanto oggi l’astio può essere messo da parte.”
Amabel sentì Tommy irrigidirsi, le sue spalle si erano ingobbite sotto l’elegante giacca.
“Siamo qui perché vuoi qualcosa. Di cosa si tratta?”
“Quel bastardo che ha messo la bomba sotto il letto di Stacey mi ha spedito una lettera. Ecco, leggete.”
Michael prese la lettera, la scartò e la lesse ad alta voce.
“Signor Adrian, permettetemi di scusarmi per aver spaventato voi e la piccola Stacey. E mi scuso anche per aver distrutto la clinica della dottoressa Hamilton e del signor Shelby. Per dimostrare il mio dispiacere e per rimediare all’accaduto, invito voi e gli Shelby alle corse che si terranno sabato mattina alle ore dieci al Sandown Park di Londra. Vi aspetto con ansia. Cordiali Saluti.”
“E’ una fottuta trappola.” Asserì Arthur, che nel frattempo aveva spazzolato un piatto di dolci al rum.
“Tu che ne pensi?” domandò Tommy rivolgendosi ad Amabel. John Adrian rise.
“Chiedi il parere ad una donna? Voi zingari siete proprio strani.”
Amabel inarcò il sopracciglio in segno sprezzante.
“Signor Adrian, non vedo perché un uomo non possa chiedere il parere di una donna. Il problema di questa società patriarcale e maschilista è il timore che le donne, qualora venga loro riconosciuto il giusto valore, siano superiori degli uomini.”
Michael e Arthur si misero a ridacchiare per l’espressione confusa di Adrian, pareva che qualcuno gli avesse appena detto che gli alieni esistono. Tommy, invece, rivolse uno sguardo fiero alla dottoressa.
“Ebbene, –  disse Adrian – qual è la vostra opinione?”
“E’ una trappola come ha ben detto Arthur. Credo che sia un diversivo per distrarvi mentre questo tizio ignoto combina il vero guaio da qualche parte.”
“Ultimamente di guai ne stanno capitando troppi.” Commentò Tommy. Stava fumando una sigaretta con lo sguardo accigliato. John Adrian poggiò i gomiti sul tavolo con le labbra contratte in una smorfia.
“Di che parli?”
“C’è qualcuno che spaccia eroina in pillole ammazzando chiunque la assuma. Solo negli ultimi tempi sono morte più di trenta persone.” Spiegò Tommy, e si toccò la gola nel punto in cui Amabel aveva praticato la tracheotomia.
“Sei tu che spacci quella merda?” chiese Arthur, al che Adrian si mise a ridere.
“Io non spaccio, la droga è una pessima fonte di guadagno. Siete voi a spacciarla?”
“No. – disse Michael – La droga è una rogna che richiama l’attenzione della polizia.”
“Allora dobbiamo ipotizzare che lo spacciatore sia lo stesso uomo che ha piazzato le bombe alla clinica.” Aggiunse Amabel, beccandosi un’occhiata di rimprovero da Tommy.
“Qualcuno sta cercando di fregarci il potere.” Disse Adrian. Tommy annuì, spense la sigaretta e ne accese un’altra.
“Esatto. Questo stronzo si sta guadagnando il territorio con l’eroina, ma per avere il potere deve liberarsi delle gang più ricche, ossia i Cheapside Sloggers e i Peaky Blinders. Ha minacciato me e la dottoressa di rivelare un nostro segreto, ha messo una bomba alla clinica per minacciare Stacey e adesso ci vuole far cadere in trappola alle corse.”
Adrian mandò giù un sorso di the diluito con il gin, gli anelli d’oro accompagnavano ogni suo gesto.
“Che segreto lega una donna dell’altra società ad un criminale dei bassi fondi?”
“Noi stiamo insieme da un anno.” Confessò Tommy, era stranamente sereno per uno che aveva appena ammesso di essere innamorato.
“Non è mai stato un segreto.” Borbottò Arthur, e Michael ghignò. Adrian si passò le dita sul mento con fare meditabondo.
“Questo pezzo di merda minaccia la tua donna, minaccia mia figlia e poi ci invita per una corsa di cavalli del cazzo. Si sta mettendo davvero d’impegno.”
“Andiamo alle corse per conoscere questo stronzo? Potremmo dargli una bella lezione.” Propose Arthur tirando su col naso, abitudine causata dall’assunzione di droga. Tommy e Adrian si scambiarono uno sguardo di intesa. Forse i capi delle gang comunicavano per via telepatica, pensò Amabel.
“Andiamo.” Annunciò Tommy, e un’ombra diavolesca gli attraversò il volto.

“Tu non verrai con noi.” Ribadì Tommy per l’ennesima volta. Amabel sbuffò e incrociò le braccia al petto come una bambina indispettita. Si trovavano a casa di Tommy per parlare in privato dell’incontro con Adrian. La servitù era stata licenziata tre mesi fa e Charlie era con Polly, perciò erano soli.
“Smettila di impormi divieti, Thomas. Io so badare  a me stessa!”
“Lo so, ma l’invito non richiede la tua presenza. Se tu venissi, potresti far saltare i piani.”
Tommy bevve un sorso di whiskey sedendosi sul divano, mentre Amabel restava in piedi con il broncio stampato in faccia.
“D’accordo! Andate da anche senza di me, però ti avverto che te ne pentirai. Io sono sempre utile.”
“Sì, viva sei decisamente utile.”
Amabel allora si rese conto che Tommy non la voleva alle corse per paura di perderla come era successo con Grace.
“Almeno posso passare la giornata con Charlie? Potrei portare lui e James al parco.”
“Certo che puoi.” Disse Tommy facendosi scappare un sorriso. Amabel gli fece la linguaccia, si infilò il soprabito e recuperò la borsa.
“Bene. E’ tardi, sarà meglio che torni a casa. Mi dai un passaggio o devo prendere un taxi?”
“Resta qui stanotte.” Disse lui, e roteava il bicchiere facendo vorticare il whiskey.
“Non mi sembra una buona idea restare per la notte. Qualcuno potrebbe vederci.”
“Bel, tutti già lo sanno che stiamo insieme. Un tizio è addirittura entrato nelle nostre case, ha rubato la nostra biancheria intima e ci ha minacciato. John Adrian e i suoi uomini lo sanno. Tutti i pazienti fuori dalla clinica lo sanno. Che senso ha nascondersi?”
“Non erano questi i patti. Ora la mia famiglia diventa un bersaglio.” Gli ricordò Amabel.
“Va bene. – disse Tommy, annoiato – Va via. Buonanotte.”
“Cerca di capirmi, Thomas.”
Tommy si alzò per riempirsi il bicchiere, scuoteva la testa perché lo infastidivano tutte quelle remore.
“Non c’è proprio un cazzo da capire. E’ semplice: o stai con me oppure no. Non ci sono vie di mezzo. Sapevamo che c’era il rischio di essere scoperti, nonostante le precauzioni. Sono Tommy Shelby, io non mi nascondo come un cazzo di topo di fogna! Lo sai quello che provo per te, quello che voglio per noi, perciò sta a te decidere. Però sappi che, se adesso esci da quella porta, non entrerai più. E non mettere in mezzo la tua famiglia, la nostra reputazione e quel cazzone di Warren. Pensa solo a noi. Se te ne vai, tra di noi è finita.”
Amabel si morse le labbra, frustrata da quell’ultimatum. I suoi sentimenti per Tommy erano contrastanti, erano un mix di amore e odio, paura ed eccitazione, pericolo e pace. Erano quel tipo di sentimenti che ti spezzano ma ti riportano in vita al tempo stesso. E lui era lì, in piedi, a bere whiskey in maniche di camicia. I suoi occhi azzurri, accattivanti come sempre, erano severi. Era successo, quasi come se la previsione si fosse avverata: un diavolo aveva rubato l’anima di Amabel e nessun angelo l’avrebbe salvata.
“Resto.”
Tommy sollevò il bicchiere a mo’ di brindisi e tracannò l’ultimo sorso in un colpo solo.
“Grazie.”
La dottoressa si tolse il soprabito, abbandonò la borsa sul mobile dell’ingresso e si liberò delle scarpe.
“Prego. Ho fame, hai qualcosa da mangiare in questa reggia desolata?”
“L’acqua vale?”
“Per l’amore del cielo, Shelby! Hai almeno della farina?”
“Forse. Non lo so, non sono il tipo che fa la spesa.”
“Ma non mi dire!”

Alla fine Amabel con farina e acqua aveva impastato una focaccia improvvisata e aveva condito un’insalata a base di lattuga e carote. Tommy, appostato contro il frigo, la osservava mentre cucinava.
“Tu cucini, è inquietante.”
Amabel tirò fuori dal forno la teglia e impiattò la focaccia, tagliandola in due parti.
“Visto? Sono umana anche io. Quando non devo salvarti la vita, trovo il tempo di vivere come una persona normale!”
“Tu non saresti normale in nessun caso, Hamilton.”
La donna si bloccò mentre preparava l’insalata, con le mani coperte dai guantoni da cucina.
“Ti sembro strana?”
Tommy scoppiò a ridere, una risata di cuore, una di quelle che di rado si lasciava sfuggire.
“Tu come la definisci una donna che guida, che salva ogni anima che si presenta alla sua porta, che si immischia negli affari loschi delle gang e che sfida gli uomini come fossero fantocci di paglia? Io non ti ritengo affatto normale. Tu sei semplicemente straordinaria, Bel.”
Amabel abbassò il mento per non mostrare il rossore delle guance. Tommy riusciva sempre a metterla a disagio.
“Anche tu sei straordinario quando non sei Tommy – Shelby – il – re – di – Birmingham!”
“Tu ha deciso di rischiarare stasera, eh.”
L’attimo dopo Amabel stava scorrazzando in cucina con Tommy che la inseguiva. Si rincorsero in soggiorno, di nuovo in cucina e poi nello studio. Tommy la braccò contro la parete. I loro corpi erano incollati, entrambi ridevano a crepapelle.
Amabel gli cinse il collo e lo baciò. Tommy chiuse gli occhi per godersi quel momento di pace. Era un bacio lento, fatto di lontananza, stanchezza, disperazione e tanta voglia di ritrovarsi. Tommy affondò il viso nel collo di Amabel, e quasi parve che piangesse. Lei lo cullò come fosse un bambino da tranquillizzare.
“Il mio Thomas.” Sussurrò accarezzandogli i capelli. Tommy avvolse le braccia intorno alla vita della dottoressa, era la sua roccia.
“Il tuo Thomas.”
Amabel lo prese per mano e lo trascinò in camera da letto. Lasciò che Tommy si accoccolasse sul suo petto, e lui si mise ad ascoltare i battiti del suo cuore. Ormai si era spogliato dei panni da gangster, ora era solo un uomo stanco che aveva bisogno di ristoro.
“Non avrei dovuto ordinare il pestaggio di Warren, anche se alla fine non siamo stati noi. E’ stato un gesto stupido dettato dalla gelosia. Avevo paura che tu tornassi insieme a lui.”
“Non importa più. Dimentichiamo tutto quello che è successo negli ultimi quattro mesi. Ricominciamo da capo.”
Tommy sollevò la testa e annuì, poi le sfiorò le labbra con l’indice.
“Posso baciarti?”
“Sì.”
Si baciarono con trasporto, questa volta con una nuova leggerezza nel cuore. Tommy fece scivolare la mano sul fianco di Amabel fino alla coscia, era un tocco deciso ma anche accorto.
“Ti voglio, Bel.”
Amabel in risposta gli baciò la guancia, dopodiché gli sbottonò la camicia bottone dopo bottone. Fece scorrere le unghie lungo il petto muscolo di Tommy, l’addome, e poi lungo le braccia fino a stringergli le mani. Tommy abbassò la zip della gonna e le sfilò la camicetta, poi studiò il suo corpo semi-nudo. Le baciò il collo, succhiando piano, mordicchiando la pelle sopra la vena pulsante. Amabel annaspava a quelle attenzioni perché lui era l’unico in grado di farle provare quelle sensazioni. Dedicarono i momenti successivi a spogliarsi del tutto, a ridacchiare, a baciarsi. Tommy si scostò il giusto per guardare Amabel negli occhi.
“Ti amo.”
“Ti amo anche io, Thomas. Tanto.”
Il sorriso di Tommy morì sulle labbra di Amabel. I loro corpi erano un groviglio, le lenzuola erano sfatte, i loro occhi si cercavano. Amabel ribaltò le posizioni ritrovandosi sopra e Tommy, che amava quella sua intraprendenza, ghignò con malizia.
“Ah, la brava ragazza sa il fatto suo.”
Lei rise, e si chinò a stampargli un bacio sul petto, proprio sopra il cuore.
“E’ colpa tua. Sei tu che hai corrotto questa brava ragazza.”
“Il diavolo è arrivato, principessa.” Sussurrò Tommy sulle sue labbra, poi la attirò in un bacio impetuoso. Quando i loro corpi si fusero, l’intensità del bacio aumentò. Tommy con le mani sui fianchi di Amabel si univa a lei ad ogni spinta. Nella camera riecheggiavano i loro gemiti che man mano crescevano mentre il piacere dilagava. Amabel affondò le unghie nelle spalle di Tommy, che soffocò un gemito rauco contro la spalla della donna.
“Bel … oh, ancora.”
Quando Amabel affondò ancora le unghie nella sua carne, Tommy ansimò e fece scontrare bruscamente i loro bacini. Poche altre spinte e insieme raggiunsero l’apice, un piacere caldo e sensuale li travolse.

“Sei una discreta cuoca.” Disse Tommy scrollandosi le briciole dalle mani. Alla fine la fame aveva prevalso e avevano deciso di consumare la cena a letto. Erano le due del mattino. La città era silenziosa fuori dalle mura, e loro si godevano quel momento intimo. Amabel staccò un pezzo di focaccia e la mangiò, era insipida ma il sapore era piuttosto gradevole.
“Ti ringrazio per il mezzo complimento.”
Era seduta tra le gambe di Tommy, con la schiena poggiata al suo petto, e addosso portava la sua camicia. Tommy le rubò un pezzetto di focaccia dal piatto, sebbene lei protestò, e tastò il comodino in cerca delle sigarette. Se ne mise una in bocca senza accenderla.
“Mi sei mancata.” Disse, e incominciò a baciarle il collo. Lui, sotto le coperte, era nudo e Amabel sentiva ogni singolo muscolo contro la schiena.
“Scommetto che sei andato a letto con qualche bella ragazza di Liverpool.”
Tommy le aprì un poco la camicia e le accarezzò il seno destro con la punta delle dita, facendola rabbrividire.
“Non ho fatto sesso con nessuna. Non sono il tipo che tradisce la propria donna.”
Amabel si girò verso di lui e gli afferrò il mento perché la guardasse in faccia.
“Lo giuri?”
“Te lo giuro. Non posso andare a letto con le altre quando nella mia testa ci sei solo tu.”
“Ruffiano!”
Amabel trasalì quando Tommy le afferrò l’interno coscia con forza, senza però farle male, e le parlò all’orecchio.
“Oh, Bel. Il modo in cui fai l’amore mi fa diventare pazzo. Sai essere animalesca e dolce al tempo stesso. Il modo in cui mi tocchi, come muovi i fianchi, e i tuoi gemiti sono la mia droga. Hai gli occhi liquidi, hai le guance arrossate e le labbra gonfie per i baci. Mi fai provare un piacere paradisiaco.”
La dottoressa spalancò gli occhi quando Tommy si alzò in tutta la sua nudità, carne bianca segnata da cicatrici, e si stiracchiò.
“Thomas …”
“Vieni a fare il bagno con me.”

Oliver si svegliò mentre Isaiah si stava rivestendo. Il ragazzo era agitato, era chiaro che andasse di fretta. Doveva lasciare quella casa prima dell’alba, prima che qualcuno lo vedesse.
“Vai già via?” domandò Oliver con voce roca, era ancora assonnato. Isaiah si mise alla ricerca dei suoi pantaloni tra i vestiti disseminati sul pavimento.
“Lo sai che non posso restare.”
“Mi piacerebbe che almeno per una volta tu restassi.”
“Olly, non rompere il cazzo con le tue fantasia da checca.”
Oliver sospirò, era triste essere trattato sempre come un emarginato. Lui e Isaiah andavano a letto insieme da qualche mese. Si erano conosciuti la sera dell’inaugurazione della clinica, avevano bevuto e parlato, e a fine serata era chiaro a entrambi che c’era un certo feeling. Ecco perché si erano incontrati una settimana dopo fuori città per un semplice pranzo da amici che poi si era trasformato in una nottata di sesso. Da allora si frequentavano di nascosto perché Isaiah era uno dei Peaky Blinders e non poteva permettersi il lusso di amare un uomo, altrimenti sarebbe stato additato e cacciato dalla gang. Neanche Finn, che era il suo migliore amico, sapeva che fosse omosessuale. In realtà, Isaiah aveva ammesso a se stesso la verità solo dopo aver conosciuto Oliver, prima aveva sempre mascherato il suo interesse per gli uomini.
“Non c’è bisogno di essere offensivo. So benissimo che devi sgattaiolare prima che qualcuno ci scopra.”
Isaiah smise di vestirsi e si stese sul letto, posando il mento sul petto di Oliver.
“Ci ammazzano se ci scoprono. Lo sai che tutti detestano gli omosessuali, ci reputano dei fottuti malati e pensano che le botte siano una cura. Non voglio vederti morto in un angolo di Small Heath.”
Oliver passò le mani tra i capelli crespi del ragazzo, erano ruvidi al tatto. Isaiah era giovane, dieci anni più piccolo di lui, eppure era il più coraggioso tra i due.
“Hai ragione. Perdona le mie fantasie da checca.”
“Adoro le tue fantasie da checca.” Disse Isaiah, poi si sporse per baciarlo. Oliver sorrise nel bacio, approfondendo il contatto con la lingua.
“Meno male che il sesso tra di noi è strepitoso, altrimenti dovrei a calci nel culo per il modo in cui mi insulti.”
Isaiah rise, era bello quando lasciava trasparire i suoi vent’anni con un sorriso.
“Perché prendermi a calci quando puoi prendermi su questo letto per tutta la notte?”
Oliver gli scoccò un bacio sulle labbra carnose e lo fece stendere sotto di sé, il suo corpo massiccio ricopriva quello più esile del ragazzo.
“E’ un invito?”
“Ti do venti minuti, dopodiché dovrò andarmene.”
“Venti minuti basteranno, amore mio.”
E mentre loro due stavano insieme in quel letto, qualcuno in strada gli osservava e meditava una punizione.

Salve a tutti!
A quanto pare, Tommy è sceso a patti con Adrian per far fronte alla minaccia.
Inoltre, sembra che i piccioncini abbiano ufficialmente fatto pace.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.

Red right hand 2 || Tommy Shelby Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora