Nessuna salvezza

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7. NESSUNA SALVEZZA

I was born in the desert. I’v been down for years.
Jesus, come closer. I think my time is near.
[..] I’ve laid with the devil, cursed god above, forsaken heaven
to bring you, my love.”
(To bring you, my love; PJ Harvey)

‘Se la nuvola è macchiata, è in arrivo una brutta giornata’, era un proverbio che la madre di Polly ripeteva ogni volta che un nuvolone grigio galleggiava in cielo. Quella mattina Tommy si era presentato a casa della zia intorno alle sette pregandola di seguirlo. Polly aveva terminato il the con tutta calma, irritando Tommy, si era vestita con altrettanta calma e intorno alle nove erano usciti.
“Dove stiamo andando?” domandò la donna sbirciando dal finestrino dell’auto.
“Presto lo vedrai.”
Tommy era visibilmente stanco, non aveva dormito per stare accanto ad Amabel in ospedale, e tutto ciò che aveva ingerito erano stati due bicchieri di whiskey al Garrison.
“Oggi sarà una brutta giornata, è scritto nelle nuvole.”
Tommy inarcò il sopracciglio, la cenere della sigaretta gli cadeva sulle scarpe costose.
“Cos’altro è scritto nelle nuvole?”
“Non sempre riesco a leggere quello che c’è scritto. Come sta Amabel?”
“E’ ancora incosciente. Oliver dice che ha riportato un grave trauma cranico e che la perdita di sensi è normale. Nelle prossime ore dovrebbe risvegliarsi.”
Polly si accese una sigaretta e aprì il finestrino per buttare fuori il fumo. Il paesaggio scorreva davanti ai suoi occhi come uno scomposto schizzo di verde e marrone.
“E tu come stai? Ieri sembravi un pazzo.”
“Starò bene quando Amabel si sveglierà, fino ad allora ho solo voglia di farla pagare a chi l’ha ridotta così.” Disse Tommy, risoluto come sempre.
“Non puoi farla pagare a Campbell facilmente. Adesso che Amabel gli è sfuggita starà in guardia. Si aspetta un attacco da parte nostra.”
Polly si allarmò quando Tommy non rispose, era troppo tranquillo dopo quello che era successo.
“Ho un’idea, Pol.”
“Cazzo. – mormorò Polly – Ora sì che sono preoccupata.”
“Campbell non se l’aspetta questa mossa. Dobbiamo eliminarlo prima che crei seri problemi. L’arresto di Amabel e le torture erano solo l’inizio. Il bastardo ha in mente qualcosa di più grosso.” Disse Tommy, e svoltò a destra verso l’aperta campagna. Polly vedeva solo alberi, pecore e pastori, e infiniti spazi verdi.
“Cosa hai intenzione di fare con Finn? Ha disobbedito ai tuoi ordini ed è scappato a Londra dalla sua fidanzatina. Lo picchierai quando tornerà?”
“Aveva un compito solo: dare un’occhiata ad Amabel, ma ha preferito andare a Londra e se n’è fregato dei miei ordini. Sì, dovrei picchiare quell’imbecille, ma non lo farò. Amabel mi odierebbe se torcessi un capello a Finn.”
“Certo che le sorelle Hamilton hanno scombussolato i piccoli cervelli dei fratelli Shelby.” Disse Polly, le labbra arricciate in una smorfia di disgusto. Tommy la ignorò, non era in vena di scherzare.
“Finn e Diana non posso stare insieme.”
“Questo lo dici tu? Non essere ridicolo, Tommy. Neanche tu e Amabel dovreste stare insieme, eppure vi ritrovate sempre alla fine. Finn non è come te e Arthur, e questo lo sai. Lui è fragile, sensibile, dolce, e Diana sta facendo emergere il ragazzo che dovrebbe essere. Finn ha solo diciannove anni, è ancora un bambino. Non ha l’anima sporca come te. Lui può essere ancora salvato.”
Tommy trucidò la zia con uno sguardo.
“Nessuna salvezza per quelli come noi.”

Polly si ritrovò davanti ad una grande casa nel mezzo del nulla. La città distava due ore e non c’erano altre case nei dintorni, solo sterminati campi di grano e un ruscello in lontananza.
“Perché diamine siamo qui?”
“Entra e lo scoprirai.”
Tommy si fece da parte per farla accomodare, sebbene la zia fosse sospettosa.
“Tommy, sei tu?” disse una voce femminile dal marcato accento straniero. Polly udì passi concitati sulle scale e, voltandosi, rimase a bocca aperta. La voce apparteneva a Lena Meyer.
“Sei un coglione, Thomas.” Disse Polly, e colpì il nipote al braccio con la borsetta.
“Fammi spiegare.”
“No. Vaffanculo! Come ti viene in mente di tenerla con te?”
Polly si incamminò verso l’uscita ma Tommy le tagliò la strada.
“Lasciami parlare, per favore. Non è come pensi.”
“Ah, no? – fece Polly – Immagino che Amabel non sappia che vai a letto con una assassina.”
“Ti prego, ascolta tuo nipote.” Intervenne Lena, e Polly la guardò in tralice.
“Ti ho dato il permesso di parlare? Non mi sembra. Tieni quella bocca chiusa!”
“Pol, per favore.” La supplicò Tommy.
“Hai due minuti per convincermi a non spararle in faccia.”
Tommy si accertò che nessuno li avesse seguiti, dopodiché chiuse la porta a chiave e tornò in salotto. Polly stava in piedi, lontana da Lena, con espressione irritata.
“Allora? Parla. Ti resta un minuto.”
“Non è stata Lena ad uccidere Grace. E’ stato suo fratello.”
“E’ vero. – disse Lena – Noah aveva fatto testamento e aveva ordinato che, in caso fosse morto per mano degli Shelby, i suoi uomini fidati avrebbero dovuto uccidere la moglie di Tommy. Noah non aveva capito che Amabel e Tommy stessero insieme, perciò i suoi uomini hanno ucciso Grace perché è la madre del figlio di Tommy e ritenevano che fossero sposati. L’obiettivo doveva essere Amabel.”
“E tu ci credi?” disse Polly rivolgendosi a Tommy.
“Sì, ho visto il testamento. Quando sono arrivato a Liverpool, c’erano gli uomini di Noah che mi aspettavano. C’è stata una sparatoria, loro sono morti e noi abbiamo perso un paio di uomini. Restava in vita l’avvocato Walsh, l’unico che poteva sapere dove fosse Lena, e l’ho rintracciato. Arrivati a casa sua, lo abbiamo trovato morto. Si era suicidato per mantenere il segreto di Noah. Nello scantinato ho trovato Lena legata e imbavagliata, era tenuta prigioniera dalla morte di Noah. E’ stata lei a mostrarmi il testamento e a raccontarmi la verità, perciò l’ho risparmiata.”
“E perché l’hai portata a Birmingham? Non sei mai stato il tipo che fa l’elemosina.”
Lena sbuffò per le offese di Polly, ma la donna rispose con un ringhio rabbioso.
“Perché non sapeva dove andare. L’avvocato le aveva congelato i conti e aveva donato le proprietà dei Meyer alla banca, quindi ho pensato di portarla con me in caso di bisogno.”
“I tuoi fratelli lo sanno che lei è qui?”
“No. – ammise Tommy – Li ho rimandati a casa dopo la sparatoria. Solo io sono rimasto a Liverpool per cercare Lena, e solo io so che lei è viva. Arthur, Finn e Michael pensano che lei sia morta per mano mia.”
Polly si sedette e trafficò nella borsetta alla ricerca di una sigaretta, sperava che il fumo annebbiasse la visuale su Lena.
“Continuo a non capire perché sia qui. Sei incinta di Tommy?”
Lena sgranò gli occhi e scosse la testa.
“No! Io e lui non siamo mai andati a letto. A quanto pare lui è fedele alla sua donna.”
“Fedele ma stupido. Irrimediabilmente stupido.” Disse Polly, e gettò il fumo in faccia a Tommy.
“Ascolta la mia idea e poi giudica.”
“Sono tutta orecchi.”
Tommy si sedette di fronte alla zia, si accese una sigaretta e se la sistemò all’angolo della bocca.
“Lena può esserci utile in questo periodo. Può distrarre Campbell dando la possibilità ad Amabel di riprendersi e raccontarci cosa è successo. Quando lei starà bene e sapremo cosa vuole l’ispettore, in quel momento faremo la nostra mossa per togliercelo dalle palle.”
Polly parve rifletterci, lanciando occhiate furtive al nipote e alla svedese.
“Perché lo stai dicendo a me e non ai tuoi uomini?”
“Perché ho bisogno di una mente lucida come la tua. Arthur non è fatto per gestire certi accordi, Finn è fuori gioco e Michael è impegnato a contrattare con John Adrian. Lo sai che per certe faccende posso affidarmi solo a te.” disse Tommy puntando gli occhi azzurri in quelli della donna. Erano gli stessi occhi di sua madre, grandi e accattivanti, ma anche pieni di speranza.
“Va bene. – accettò Polly – In fondo, una donna è sempre il motivo per cui un uomo perde la testa. Come dico sempre, gli uomini e i loro uccelli non smettono mai di stupirmi *(cit. Polly).”
“Parole sante.” Borbottò Lena, e Polly le riservò uno sguardo infastidito.
“Ci sarà molto da fare per renderti una signorina perbene che possa attirare l’attenzione di Campbell.”
“Dovrò essere come Amabel? Gentile, raffinata, e pudica?”
“Tu non ti avvicineresti ad Amabel neanche con un cazzo di incantesimo!” ribatté Polly.
“Io torno a Birmingham per vedere come sta Amabel. Voi due fate le brave e cercate di non ammazzarvi, abbiamo già troppi cadaveri di cui occuparci.” Disse Tommy. Quando montò in auto, scorse Polly e Lena discutere in soggiorno. Sua zia non si smentiva mai.

Michael si sedette sugli scalini dello studio Hamilton dopo aver fatto ritorno dall’incontro con John Adrian. Il gangster dei Cheapside Sloggers gli aveva proposto di sposare la nipote Clara per sancire un’alleanza tra gli Adrian e gli Shelby. La guerra tra le due bande dopo quanto era successo a Stacey era sul punto di scoppiare, e la pace dipendeva da Michael. Clara era una bella ragazza di diciotto anni, abbastanza istruita e dal carattere mite ma Michael non aveva mai pensato al matrimonio combinato. Aveva avuto svariate ragazze, ma nessuna lo aveva colpito al punto da fargli immaginare di sistemarsi. L’unica per cui aveva provato a comportarsi bene era Evelyn, però si trattava di una farsa e alla fine era ricaduto nelle vecchie abitudini.
“Signore, vi sentite bene? Signore?”
Michael sbatté le palpebre per tornare alla realtà. Una ragazza gli sventolava la mano davanti agli occhi. Era scura di pelle, voluminosi riccioli neri erano tenuti da una cuffia bianca, e due grandi occhi marroni lo guardavano smarriti. Aveva la sensazione di averla già vista.
“Sto bene. Noi ci conosciamo?”
“Io sono la domestica della dottoressa Hamilton. Però lei dice che sono sua amica.”
“Tipico di Amabel. – disse Michael – Perché sei qui? Small Heath è un brutto quartiere per quelle come te.”
“Quelle come me?” domandò Jalia, offesa da quel commento.
Michael si rese conto delle gaffe e si passò una mano sul viso, erano solo le dieci del mattino e lui era sfinito.
“Scusami, oggi non so quello che dico.”
“Allora state zitto. Dire che sono una poco di buono non è cortese.” Lo rimproverò la ragazza, e Michael ridacchiò.
“Amabel ti ha insegnato a rispondere a tono. Beh, sì, quelle come te di solito vendono il proprio corpo. Tu sei stata salvata.”
“Ho avuto la fortuna di incontrare la dottoressa, ma questo non mi salva del tutto. Le mie sorelle, quelle come me, vengono sfruttate in ogni modo e nessuno fa niente per aiutarle. Signore, nessuno di noi si salva.”
Michael riconobbe un fondo di verità nelle parole della ragazza. Lui stesso non poteva più salvarsi da quando aveva messo piede in casa Shelby. Allungò una mano verso Jalia.
“Io mi chiamo Michael Gray.”
Jalia si stupì che un uomo del suo calibro si abbassasse a tanto per una cameriera. Si fece coraggio e gli strinse la mano.
“Io sono Jalia.”

Diana si svegliò con il suono cantilenante della pioggia. Londra era avviluppata da un temporale che sarebbe durato tutto il week-end. Finn russava, i capelli spettinati e la bocca aperta. Era carino anche quando dormiva, pensava la ragazza. Si alzò piano per andare in cucina a preparare la colazione, the e qualche toast col burro. In punta di piedi raggiunse la propria camera, si fece un bagno caldo e si rivestì. Quando scese in salotto, Finn stava sbadigliando.
“Buongiorno, dormiglione.”
Finn sorrise quando Diana gli stampò un bacio sulla guancia. A casa sua i risvegli erano bruschi, zia Polly irrompeva in camera spalancando le finestre per far arieggiare le stanze e si metteva a urlare.
“Buongiorno a te. Profumi di vaniglia.”
“E’ il bagnoschiuma di Evelyn, lo uso anche se lei odia che si tocchino le sue cose.”
Diana servì le due tazzine e i toast su un vassoio di argento riccamente decorato, e Finn si domandò quanto valesse venduto sottobanco; doveva valere parecchio.
“Io ti farei toccare tutto.”
La ragazza arrossì a quelle parole, non era il modo di parlare ad una signorina.
“Finn! Modera il linguaggio!”
“Scusami. – biasciò lui – Io volevo dire che tu puoi toccare la mia roba quando ti pare perché io non mi arrabbio.”
Diana sorseggiò il the per bagnarsi la gola secca.
“Tu non sai proprio come conversare con una signorina.”
Finn si grattò la nuca nell’imbarazzo totale, sembrava uno scolaro ripreso dalla maestra.
“Scusami.”
“Smettila di scusarti. Mi piaci anche perché dici sempre quello che pensi.” Disse Diana sorridendo. Finn si inginocchiò ai suoi piedi e le afferrò le mani per posarvi un bacio sul dorso.
“Quindi posso dire che sei la mia ragazza ad alta voce?”
“Assolutamente sì.”
Diana gli diede un bacio a stampo ma Finn, che era felice come non mai, ingaggiò un bacio passionale. La ragazza sussultò quando lui le mise le mani sui fianchi, era un gesto audace.
“F-finn.”
“Sì, sì, sono andato troppo oltre. Mi dispiace.”
Diana di colpo si era oscurata in viso, non era da lei perdere la sua solita allegria.
“Io non sono pronta per … ehm … essere in intimità con un ragazzo. Bertha mi dice che devo aspettare dopo il matrimonio.”
“Oh, vuoi fare sesso dopo il matrimonio perché te lo dice Bertha?”
“Non solo. – disse Diana – C’è un codice che noi donne dell’alta società siamo tenute a rispettare. Si può fare sesso per la prima volta solo col proprio marito. Zia Camille ci ripeteva che lo scopo di una donna è compiacere il marito e avere figli.”
“Tua zia dice un sacco di stronzate. Se un marito ama davvero la propria moglie, non la tratta come una schiava.”
“Non è così facile per le donne, Finn. Noi siamo costrette a comportarci in un determinato modo altrimenti la società ci giudica e ci isola.”
Finn lo sapeva che una signorina dabbene doveva assumere un comportamento rispettoso, ma non era giusto che le donne fossero sottoposte a questo strazio.
“Tu devi ispirarti ad Amabel. Tua sorella è libera, è coraggiosa, fa quello che le pare anche se va contro la società. Diana, tu non sei fatta per seguire le regole di quella gente del cazzo. Tu sei migliore di loro.”
“Sei gentile.” Disse la ragazza stringendo la prese sulle mani di Finn.
“Non lo dico perché adesso voglio convincerti a fare sesso con me. Se e quando lo vorrai, lo faremo. Ma te lo dico perché è quello che penso. Se io ho imparato a leggere e a scrivere, tu puoi fregartene delle regole.”
Diana si chinò e lo baciò per ringraziarlo. Finn trasalì quando Diana prese le sue mani e se le portò ai fianchi.
“Diana …”
“Shh, va bene. Solo … ecco … non muovere le mani più in basso.”
“Promesso.”
Tornarono a baciarsi, e questa volta con nuove consapevolezze che accompagnavano il loro giovane amore.

Arthur camminava spedito nei corridoi della clinica come se fosse il re del mondo. Certo doveva ammettere che la dose di oppio che aveva inalato poco prima era un buon incentivo ad atteggiarsi in quella maniera. Infermieri e medici si scansavano al suo passaggio, spaventati da tanta spavalderia. Davanti a lui c’era il dottor Ross che li stava accompagnando nella stanza di Amabel. La sera prima Tommy aveva lasciato due uomini armati fino ai denti a sorvegliare la paziente, ma era giunto il momento di dare il cambio. Ecco perché affianco ad un Arthur che si pavoneggiava camminava  un Isaiah mezzo addormentato.
“Vuoi sapere una cosa, Isaiah?” esordì Arthur lisciandosi i baffi in quel modo che irritava tutti.
“Dimmi.”
“Si mormora che il dottor Ross sia una checca. Fuori dal Garrison lo hanno visto baciarsi con un ragazzo. Non ci sono più gli uomini veri di una volta!” *
Isaiah deglutì e abbozzò un sorriso, anche se stava tremando per la paura di essere scoperto.
“Prego. – disse Oliver – Questa è la stanza di Amabel. E’ ancora priva di conoscenza e riposa, perciò fate silenzio.”
In quel momento il corridoio si fece buio. Un vivace vocio serpeggiò fra le mura. Arthur tirò su col naso e si lisciò di nuovo i baffi.
“Che cazzo è successo?”
“E’ saltata la corrente. E’ colpa del maltempo. Scendo a riparare il guasto.” Disse Oliver, e si avviò verso la sala che gestiva la corrente.
“Va ad aiutarlo.” Ordinò Arthur ad Isaiah, che storse le labbra.
“Io non aiuto una checca del cazzo!”
Anche nel buio, il ragazzo avvertì Oliver trattenere il respiro. Arthur ghignò ed entrò nella stanza, inciampando contro il letto e imprecando. Prima che Isaiah lo seguisse, Oliver lo afferrò per il braccio.
“Ascoltami bene, ragazzino. Solo perché ti vergogni di chi sei e ti nascondi, non hai il diritto di insultare gli altri. Questo ti rende il carnefice di te stesso.”
“Non so di che parli. E lasciami!”
Oliver mollò la presa con espressione ferita, era avvilente che Isaiah lo denigrasse a tal punto.
“Io e te abbiamo chiuso, Isaiah. E’ finita.”
“Non è mai cominciata.” Replicò il ragazzo con tono velenoso. Oliver gli diede le spalle, incapace di sopportare ancora quei soprusi, e si allontanò a passo svelto.

Lizzie stava leggendo il quotidiano quando dalla porta fece il suo ingresso l’ispettore Campbell. La luce non era ancora tornata e la fiammella della candela illumina il profilo tagliente dell’uomo.
“Buongiorno, signorina. Voi siete una parente della dottoressa Hamilton?”
“Sono un’amica. Perché siete qui?”
Lizzie lo sapeva di dover stare attenta all’ispettore, Polly l’aveva avvisata proprio quella mattina per sicurezza.
“Sono qui perché la direzione della clinica ha richiesto il mio intervento. Le ferite e i traumi riportati dalla signorina Hamilton sono gravi e fanno pensare ad un’aggressione violenta.” Disse l’uomo, e intanto si guardava attorno con una certa ansia. Lizzie si avvicinò al letto come a voler difendere Amabel.
“Beh, come potete vedere voi stesso non è possibile interrogare la dottoressa.”
Lizzie sospirò di sollievo quando Oliver entrò nella stanza con la nuova soluzione di sali minerali da somministrare alla paziente.
“Chi siete? E chi vi ha dato il permesso di entrare?”
“Sono l’ispettore capo Campbell. Indago sull’aggressione ai danni della signorina Hamilton.”
“Aggressione, dite? – fece Oliver – Supponevamo che la signorina fosse caduta dalle scale. E’ così che ci ha riferito poco prima di perdere i sensi. Per caso c’è stata una denuncia di aggressione?”
Campbell si morse il labbro, la sua recita stava sviando dal copione che aveva stabilito.
“Nessuna denuncia. La direzione mi ha convocato …”
“Impossibile. – obiettò Oliver – La direzione è gestita da Ada Thorne e da me, e nessuno dei due vi ha convocato. Che succede, ispettore?”
“La centrale deve aver inteso male la richiesta di intervento. Se dite che la dottoressa è solo caduta, io vi credo, ma è meglio esserne certi. Vorrei attendere che si risvegli.”
Oliver e Lizzie si scambiarono un’occhiata loquace.
“Certo. Ma, stando al protocollo, dovete attendere fuori dalla stanza.”
“Bene.” disse l’ispettore e, dopo un ultimo sguardo ad Amabel, si sedette in sala d’attesa.
Oliver cambiò la flebo e ne regolò il flusso, dopodiché controllo i battiti del cuore e gli occhi di Amabel. Sebbene fosse uno psicologo, lavorare nella clinica era una buona scuola di medicina.
“Come sta?” domandò Lizzie.
“Sta meglio. Potrebbe risvegliarsi nelle prossime ore. E’ stata fortunata, nonostante tutto. Tu resta con lei, io mi assicuro che l’ispettore non entri.”
Lizzie annuì, poi prese posto accanto al letto e tornò a leggere.

Tommy arrivò in clinica intorno alle otto di sera. Birmingham era prigioniera del temporale che non dava tregua da ore. Le strade erano allagate, la corrente era saltata in molte zone, e il traffico lo aveva costretto a camminare a piedi. Aveva lasciato l’ufficio nelle mani di Michael dopo una faticosa giornata tra affari legali e illegali, era stanco ma la voglia di vedere Amabel era troppo forte. Lizzie gli aveva comunicato che Amabel si era svegliata e che l’avrebbero sottoposta a numerosi esami per testare le sue condizioni. Alla reception fu richiamato da Ada.
“Tommy, di sopra c’è Campbell. E’ qui da stamattina per interrogare Amabel. Dice che si tratta di una aggressione violenta. Non gli abbiamo detto che sappiamo che è stata arrestata.”
“Ci penso io. Lizzie è con Amabel?”
“Sì. – confermò Ada – Ci sono anche Polly e Oliver con lei, mentre Arthur e Isaiah cercano in qualche modo di sorvegliare il corridoio.”
“Grazie.”
Tommy abbracciò brevemente la sorella e si accinse a salire due piani di scale, dal momento che l’ascensore era fuori uso. Quando imboccò il corridoio, vide Campbell affacciato alla finestra a fumare la pipa.
“Ispettore.”
L’uomo si voltò e sorrise, sembrava davvero contento che il gangster fosse arrivato.
“Signor Shelby, buonasera. Siete qui per la vostra amante?”
“Sono qui per la mia socia. Come voi saprete, sono io che finanzio la clinica della dottoressa Hamilton.”
“Esatto! – disse l’ispettore – E perché mai un uomo come vorrei avrebbe regalato una clinica ad una dottoressa?”
Tommy si mise alla finestra, tirò fuori lo scatolino delle sigarette e ne estrasse una per fumarla.
“Perché la dottoressa mi ha salvato la vita in Francia, ma sono sicuro che voi già sappiate che io e lei abbiamo servito insieme in guerra.”
“Lo so, ma mi stupisce lo stesso che le abbiate donato un intero edifico per ringraziarla.”
“Le vostre insinuazioni sono ridicole. Avanti, ispettore, non ci girate intorno e fate le domande giuste.” Disse Tommy sorridendo appena. Anche Campbell sorrise, quasi aspettasse quel momento da una vita.
“Nel maggio dell’anno scorso voi e la signorina Hamilton avete ucciso i fratelli Cavendish?”
“No. Perché avremmo dovuto?”
“Perché i Cavendish hanno abusato di Evelyn Hamilton. Voi e la dottoressa siete molto intimi, inutile negarlo, e scommetto che voi li abbiate uccisi per lei.”
Campbell camminava avanti e indietro con le mani dietro la schiena come suo zio, e Tommy aveva solo voglia di scaraventarlo giù dalla finestra. Invece sorrise di nuovo.
“Avete una fantasia invidiabile. Ammesso che io abbia ucciso i Cavendish, voi che prove avete? Il fatto che io e la dottoressa siamo intimi non vuol dire che siamo complici in omicidio.”
Campbell aggrottò la fronte alle contestazioni di Tommy, sembrava che avesse una risposta per ogni accusa. Decise allora di azzardare con una carta diversa.
“Io l’ho vista la dottoressa, sapete. E’ una bella donna, ma è ancora più bella quando è nuda.”
Tommy fece cadere la sigaretta e terra e avanzò minacciosamente di un passo, ma Campbell non arretrò.
“Spiate le donne, ispettore? Vi eccita vederle perché non sapete toccarle?”
“Oh, non le donne in generale. Io ho spiato la vostra donna in particolare. I fianchi larghi, le cosce morbide, i seni rotondi. E’ senza dubbio bellissima.”
“Tu. – disse Tommy – Tu non hai la minima idea del dolore che potrei farti provare. Io ti taglio le palle e te le faccio mangiare, ispettore. Io ti pugnalo fino a quando non ti dissangui, e mentre ti dissangui mi faccio ingoiare candeggina. Non sfidarmi.”
Campbell rise quando Tommy lo sbatté contro la parete.
“Siete irascibile, signor Shelby. Ditemi, avete ucciso Grace per poter stare con la dottoressa?”
Tommy stava per sferrare un pugno quando le scarpe di Polly picchiarono sul pavimento lucido.
“Non ora, Tommy. Non è il luogo adatto.” Gli suggerì la zia. Tommy, consapevole che avesse ragione, lasciò andare l’ispettore dopo averlo sbattuto ancora contro il muro.
“Non vivrai fino alla prossima luna piena, ispettore.”

Amabel fu investita dal dolore non appena aprì gli occhi. Sentiva la testa pulsare, le dolevano braccia e gambe e aveva la sensazione che la pelle andasse a fuoco. Era in clinica, in una stanza singola, ed era quasi tutto buio. Scorse molti visi, quelli di Lizzie e Oliver, quello di Ada e Polly, e poi quello di Tommy.
“Ehi, bentornata.” Sussurrò Tommy accarezzandole la mano. Amabel sorrise ma il dolore al labbro la obbligò a trattenersi.
“Ciao.”
“Usciamo, su. Diamo loro qualche minuto.” Disse Polly, e trascinò fuori dalla stanza tutti i visitatori. Tommy si sedette sul letto e le scostò la frangetta dagli occhi.
“Hai cambiato look. Mi piace, ti sta bene questo taglio.”
“Per essere arrestata mi serviva un look nuovo.”
Tommy rise, e sentì la tensione sciogliersi un poco.
“Come ti senti?”
“Potrei stare decisamente meglio, ma almeno sono viva. Mi daresti dell’acqua?”
“Certamente.”
Tommy le versò l’acqua e l’aiutò a bere tenendole la testa sollevata.
“Grazie. Come stanno Jalia, Mary e James? Erano con me quando sono stata arrestata.”
“Stanno bene, tranquilla. Ci sono due uomini a casa tua che li proteggono.”
Amabel sorrise e il labbro prese a sanguinare, al che Tommy la ripulì con una garza presa dal comodino. Era pallida, l’occhio destro era nero, il labbro e il sopracciglio sinistro erano spaccati. Inoltre, aveva il polso destro rotto e il sinistro lussato, due costole leggermente inclinante e braccia e gambe coperte di lividi.
“Devo essere proprio brutta se mi guardi così.” Scherzò lei. Tommy scosse la testa, abbozzò un sorriso e le accarezzò la guancia graffiata.
“Sei bella come sempre, anzi di più.”
“Farò finta di crederci. Ebbene, cosa devi dirmi? Hai la faccia di uno che sta per dirmi una cosa orribile.”
“Che cos’è successo alla centrale? Raccontarmi tutto senza tralasciare niente. Ho bisogno di sapere .”
“Lo vuoi sapere solo per incolparti. Tu non c’eri mentre mi arrestavano, quindi ti senti in colpa e vuoi un ulteriore motivo per odiarti. Non farti del male, Thomas.”
Tommy ricacciò le lacrime, non poteva piangere davanti a lei che era la vera vittima. Si abbassò a baciarle delicatamente le labbra, un leggero sfioramento per farle capire che lui era al suo fianco.
“Mi odio per un’infinità di ragioni, ma questa è una delle peggiori. Io non c’ero quando tu avevi bisogno di me. Me lo avevi detto che andare alle corse era un diversivo …”
Amabel interruppe il suo flusso di parole mettendogli un dito sulle labbra.
“Sta zitto, Shelby. Non è colpa tua, è colpa di Campbell. E’ lui. E’ sempre stato lui.”
Due colpi alla porta fecero saettare gli occhi di Tommy all’orologio nel taschino.
“Ne parliamo dopo. Adesso dovrai fare una cosa per me, Bel.”
“Che stai combinando?”
“Warren è in combutta con Campbell. Michael ha scoperto che l’ispettore paga l’affitto per Warren. Adesso devi reggere il gioco ad Oliver.”
Amabel agguantò la mano di Tommy e la strinse forte; era spaventata.
“No, no, non lasciarmi sola.”
“Non ti lascio. Mi nascondo in bagno, ma sarò comunque con te.”
Amabel lasciò andare la sua mano con qualche timore, allora Tommy le diede un bacio sulla fronte e uno sulla guancia. Dopo che Tommy si fu sistemato in bagno, Amabel si fece coraggio.
“Avanti.”
Sulla soglia comparve Oliver, sorrideva e aveva gli occhi che luccicavano. Era stato così in pensiero per lei che il suo risveglio lo faceva emozionare.
“Bentornata, amica mia. C’è una visita per te.”
Amabel captò un segnale da parte di Oliver, un movimento delle dita che avevano inventato anni prima per comunicare segretamente. Capì che lui e Tommy erano d’accordo.
“Va bene.”
Inarcò le sopracciglia quando Warren entrò in camera con un mazzo di rose bianche.
“Ciao, Amabel.”
“Warren.”
L’uomo depose le rose sul comodino e si sedette vicino a lei, era avvolto da una calma insolita per uno solitamente ansiogeno come lui.
“Sono venuto a trovarti non appena Oliver mi ha chiamato. Ricordi cosa ti è capitato?”
Fu allora che Oliver puntò i suoi occhi da psicologo su Warren, sperava che una minima crepa nella sua parete di bugie lo rendesse colpevole.
“Non ricordo molto. Ero uscita di casa, stavo scendendo le scale e …. E poi il buio. Il ricordo successivo è il risveglio il clinica. Non ho ricordi della caduta.”
“E’ possibile. – si intromise Oliver – Il trauma cranico in alcuni casi causa la perdita di memoria, ma questo è risaputo in ambito medico.”
Warren annuì, sebbene fosse poco convinto.
“Lo so, sono un medico anche io. La memoria potrebbe tornare da un momento all’altro, fa attenzione.”
Amabel ebbe l’impressione che quella fosse una minaccia velata, un tacito avvertimento a fare attenzione a quello che avrebbe ricordato.
“Per ora è tutto buio. Quando e se ricorderò qualcosa, lo dirò all’ispettore Campbell. E’ stato gentile da parte sua venire qui per informarsi sulla mia salute. E’ un brav’uomo.”
“Bisogna sempre avere fiducia nella legge. Perseguire idee sovversive non è mai un bene.” disse Warren, la mano destra che strizzava il ginocchio. Amabel era troppo esausta per sopportare altro, pertanto socchiuse gli occhi.
“Sono stanca. Se non ti dispiace, vorrei riposare.”
“Posso rimanere con te.” disse Warren, ma Oliver scorse la maniglia della porta del bagno muoversi. Era Tommy che rifiutava la proposta di Warren.
“Non è necessario. C’è tutta una clinica che si occupa di lei. Sono io che la notte dormo in stanza con lei.”
Warren era sdegnato dall’atteggiamento protettivo di Oliver, però fece finta di nulla e si alzò.
“Spero che Amabel sia in buone mani.”
Quando Warren uscì, Amabel scoppiò a piangere. Era talmente sopraffatta da tutti gli eventi che non riusciva più a tenersi tutto dentro.
“Warren è implicato. Era teso, troppo calmo in apparenza, e insisteva troppo sui ricordi e sulla fiducia nella polizia. Il suo comportamento lo ha tradito.” Disse Oliver.
Tommy abbracciò Bel e le baciò la testa.
“Va tutto bene, Bel. Ci sono io con te. Non ti lascerò più.”


Salve a tutti!
Warren alla fine si è rivelato uno dei peggiori. E chissà cos’altro ha in mente.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.

*Ovviamente siamo negli anni ’20, capite che l’omosessualità era malvista.

Red right hand 2 || Tommy Shelby Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora