♤capitolo-11♤

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Andrès mi sta facendo attraversare metà bosco, dove mi vorrà portare?
《Siamo arrivati》
Quelle parole mi sollevano. Guardo davanti a noi e rimango a bocca aperta: una piscina naturale si lascia cullare dal vento. I riflessi della luce sull'acqua si vedono sui tronchi degli alberi. È uno spettacolo magnifico.
《È tale e quale alla piscina di casa mia, -dice Andrès-  solo che qui il bagno lo si fa nudi.》mi guarda malizioso.
Io inizio ad ancheggiare sensualmente mentre mi spoglio. La zip del vestito scende lentamente, mentre io giro su me stessa. Le spalline mi scivolano lungo le braccia e pian piano mi si riesce ad intravedere il reggiseno. Mi afferro le estremità della gonna e la faccio scendere. Resto sempre con le spalle verso Andrès mentre mi slancio il reggiseno e lo faccio cadere a terra. Le mutande poi fanno la stessa fine della gonna. Mi copro le parti intime con le mani e mi immergo dentro la piscina. Passo per passo l'acqua gelida sale fino ad arrivarmi al collo. Andrès si sveste e di conseguenza entra nella piscina. Io mi avvicino, e quando sento che i nostri respiri si fondono insieme, mi abbasso facendomi arrivare l'acqua fin sopra la bocca e faccio segno ad Andrès di seguirmi. I miei occhi sono fissi sui suoi. I suoi sono fissi sui miei. Mi fermo nel punto centrale della piscina e aspetto che lui mi raggiunga. Mi guarda con aria desiderosa del mio corpo. Desiderosa di me.
《Sa, signorina Elisa, non ho apprezzato quando prima mi ha baciato davanti a tutti.-dice avvicinandosi sempre di più- Dovrà pagare per questo》
《La prego, signor De Fonollosa, non mi faccia del male》
《Io? Voglio solo giocare un po' con lei.》
Quelle parole: "voglio solo giocare un po' con lei". Quando Andrès mi prende per i fianchi, io mi allontano piangendo.
《Sc-scusami, ma non ce la posso fare》dico uscendo dall'acqua
《Elisa, dove stai andando?》
《Andrès, torniamo a casa.》
《Ma non siamo qui nemmeno da 5 minuti e...》
《Ti pre-e-go》lo supplico singhiozzando.
《Va bene.》
Ci rivestiamo e torniamo alla macchina. Durante il tragitto nessuno dice una parola. Io continuo a piangere, ma cerco di non far preoccupare troppo Andrès》
Appena arrivati parcheggiamo la macchina ed entriamo in casa. Io mi tolgo i tacchi e con un'aria devastata vado in camera per dormire.

"Voglio solo giocare con te"
Nulla. Non vali nulla.
"Dovrai pagare per questo"
Non sentivo più niente.
Niente. Non sei niente.

《AAAAAAAAH》
Mi risveglio dal mio incubo urlando. Sentivo delle voci che mi dicevano che non valgo nulla. La voce del mio capo che mi ripeteva ciò che aveva detto quella volta.
《Elisa! Stai bene? Che succede?》
Non rispondo ed inizio a piangere. Guardo Andrès e poi lentamente mi lascio avvolgere dalle sue braccia. Ci sdraiamo, io sul suo petto. Le mie lacrime passano dalle mie guance alla sua pelle. Cerco di riaddormentarmi, ma non ci riesco. Continuo a pensare a quel giorno, al mio capo, alla sua voce...vorrei solo urlare. Urlare senza mai smettere, ma quelle urla mi si bloccano in gola, creando un nodo che cerca di sciogliersi con le mie lacrime, ma non ci riesce, invece di attenuare la stretta, la aumenta facendomi piangere ancora di più. Le mie mani si stringono in pugni, e la mia mente continua a darmi la colpa di ciò che è successo.
"Perché non hai reagito?"
"È tutta colpa tua"
"Sei inutile"
《Non è vero...-sussurro-
Non è vero...-alzo i toni-
Non é vero,
NON
È
VERO》
Il nodo si stringe ancora di più facendomi urlare contraddicendo me stessa. Ma se la mia coscienza avesse ragione? Se fosse stata colpa mia?
No, è stata colpa sua. Non mia.
《Sua, non mia...》
La mia schiena si stende contro il muro. Mi metto le ginocchia al petto e con le mani mi stringo i capelli.
《Elisa...Elisa?ELISA!》
La voce di Andrès mi sveglia.
Lo guardo. La sua faccia...sembra quasi che non abbia emozioni. Mi accarezza delicatamente le mani convincendomi a mollare la presa. Appoggia la sua fronte contro la mia è i nostri respiri si incontrano. Sento il calore delle sue mani sulle mie guance.
《Elisa....》
Le sue parole fanno attenuare la presa al nodo. Io lo bacio. Il salato delle mie lacrime mi avvolge la bocca. Le labbra di Andrès mi confortano. Io mi stacco e lo avvolgo  in un abbraccio.
《Mi dispiace, Andrès...》
《Di cosa?》
《Di essere un disastro》
Lui ride.
《Tu sei un bellissimo disastro, e oltretutto...sei il mio bellissimo disastro.》
Io mi stacco da lui. Mi rannicchio sotto le coperte e finalmente mi addormento.

Mi sveglio alle 11. Ieri sera non ho dormito molto. Cerco lo sguardo di Andrès, ma noto che non è insieme a me.
Esco dalla camera e lo cerco.
《Andrès?》
Nessuna risposta
《Andrès?》alzo il tono, ma non mi arriva nessuna risposta. Dove sarà? Lo cerco in bagno, in cucina, ma nulla. Non è da nessuna parte.
Ad un tratto sento dei passi provenire dal piano di sopra.
《Andrès sei tu?》
Salgo le scale, ma non trovo nessuno.
《Andrès, se questo è uno scherzo non è divertente.》
Sento qualcosa toccarmi la schiena. Mi giro e rimango paralizzata dalla paura. Una persona con un passamontagna mi sta puntando una pistola in testa. Piano piano si toglie il passamontagna. 
《N-Nairobi?》
《SORPRESA!》
Tutti sono riuniti dietro di me.
《Ma oggi non è il mio compleanno.》
《Lo sappiamo, ma Berlino ci ha detto di farlo lo stesso.》
Lo guardo e lo ringrazio con gli occhi.
《Piccioncini, risparmiati le smancerie per dopo.》
《Palermo, dacci un taglio》
Lo guardo con uno sguardo assassino.
《Che c'è? Sei stata stuprata stasera?》
Io faccio per allontanarmi, ma appena sento Palermo parlare mi fermo per stare a sentire cosa dice.
《Tanto non ci vuole tanto ad amare. Prendi una persona e te la sbaciucchi per benino》
Io mi giro e cammino verso di lui.
《No caro. Amare vuol dire essere coraggiosi. Guarda. -mi giro verso Andrès- Berlino, io ti amo. Ti amo così tanto che vorrei una famiglia con te.          -ritorno a guardare Palermo-
Visto: io lo sento e lo dico. Ma tu, caro mio, non hai i coglioni. Perché hai passato quanto? 10 anni innamorato di Berlino e non hai avuto il coraggio di aprire bocca. E ora non è più possibile. Ormai è mio.》me ne vado in bagno correndo.
Mi siedo contro la porta.
Piango. Il nodo alla gola  continua a stringersi finché non sento la sua voce.
《Las Vegas. Lascia stare Palermo. È uno stronzo.》
Nairobi mi parla dalla parte opposta, e la sua voce mi tranquillizza.
Un urlo giunge fino al mio orecchio. Esco dal bagno e corro verso la voce. Quello che vedo mi sciocca.

LUI NON AVEVA NULLA DA PERDERE•|BerlinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora