Capitolo 5

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Il primo della lista di persone di cui voleva capire qualcosa in più, era proprio Leon.
Era stato lui a portarla fuori da quell'appartamento, a dirle come si chiamava, e portarla a casa, ma questo non gli concedeva l'immunità. Mabel fece in modo di potergli parlare da soli, anche per fargli intendere di sapere che lui fosse un bugiardo.

"Come ti ho conosciuto esattamente?" gli chiese Mabel, circospetta, sperando di riconoscere una balla qualora l'avesse ascoltata.

"Al bar" disse lui, voleva cavarsela con poco, però lo sguardo di Mabel gli suggeriva di continuare, di essere più dettagliato, e molto verosimilmente di essere sincero, o sapeva che fine avrebbero fatto i suoi gioielli di famiglia.

"Non sono entrato perché ti ho vista attraverso il vetro e ti ho trovata bellissima, nessun colpo di fulmine" si affrettò a precisare, lasciando ben intendere che prima di entrare all'interno del negozio aveva ascoltato in un angolino ogni singola cosa che lei e Bruce si erano detti.

"Cercavo guai, sapevo che cercandoli da te li avrei trovati sicuramente" ancora non le stava dicendo tutto ciò che avrebbe dovuto, non perché temesse il suo giudizio, più per il fatto che fosse pentito del suo comportamento, in più di un'occasione aveva desiderato che lei potesse dimenticare.

"Ho rotto un po' il cazzo, così tu hai cercato di sbattermi fuori, e ci sei riuscita, per questo poi ho dovuto radunare cinque dei miei per venirti a trovare ad orario di chiusura per suonartele di santa ragione" l'ultimo periodo lo pronunciò così in fretta e a bassa voce che Mabel fece fatica a realizzare ciò che le stava dicendo. Leon fece una smorfia di disgusto, disgusto per se stesso e quello che aveva fatto.
Nella sua mente riviveva spesso quella sera, i pugni, i calci, il viso di Mabel quando la prese per il collo e le fece sbattere la schiena contro il muro: aveva un occhio gonfio, nero, il naso rotto, ed un labbro sanguinante. Lui ce l'aveva a tal punto con lei che riuscì a guardarla dritta negli occhi mentre stringeva la mano attorno a quell'esile collo, sul quale un livido viola rimase impresso per parecchi giorni, e a dirle che non sarebbe morta quella notte, sarebbe stato troppo facile.
Le disse che aveva "dovuto", dovuto perché lei aveva calpestato il suo orgoglio facendogli fare una pessima figura davanti agli altri, e questo un giovane gangster alle prime armi non poteva permetterselo, non poteva sopportarlo.
Il giorno dopo Mabel era a lavoro, usava solo il braccio sinistro per portare i vassoi, il destro lo teneva immobile, zoppicava appena, ogni tanto si sedeva per riposare la schiena e prendere fiato, cosa che a vent'anni non doveva essere normale, ed indossava degli occhiali da sole per nascondere i lividi più evidenti che non era riuscita a camuffare con del make-up o sotto dei cerotti o con una maglia a collo alto. Leon era piuttosto orgoglioso di aver messo in ginocchio quella pidocchiosa principessina, ignaro del fatto che Mabel non avesse reagito al suo pestaggio per dei motivi specifici, e che quando meno se lo sarebbe aspettato sarebbe tornata per una rivincita ad armi pari. Si incontrarono altre volte, avendo degli innocui scontri verbali, fino a che, un bel giorno, non si presentò l'occasione perfetta per Mabel.
Lui era dove non doveva essere, e lei aveva una pistola in mano, che non esitò a puntargli alla testa. Era pronta a sparare, lo aveva in pugno, ma si fermò per lo stesso motivo per il quale si era trattenuta al loro primo incontro: Bruce. Aveva promesso a Bruce che non avrebbe più fatto del male ad una mosca, non valeva la pena di ucciderlo per poi perdere Bruce.
Da quando gli risparmiò la vita, Leon non si diede pace, riducendosi a farle degli stupidi dispettucci da bambino capriccioso pur di attirare la sua attenzione.
Mabel era intenta a servire i vari tavoli, e lui, ricolmo di grazia e delicatezza, lasciò accidentalmente cadere il suo boccale di birra sul pavimento. Lei arrossì di rabbia, lui se n'era accorto, i presenti no, giacché lei si chinò immediatamente per raccogliere i cocci e poggiarli sul vassoio, correndo poi nello sgabuzzino per prendere uno straccio e pulire prima che qualcuno scivolasse e la chiamasse ai danni. Leon la seguì col proposito di tormentarla, lei lo stava aspettando: lo afferrò per i capelli e gli fece sbattere la testa contro la porta, una volta sola, forte quanto bastasse per farlo girare a largo.

"Continua così e la birra ghiacciata te la verserò in testa, altro che boccale" lo ammonì all'epoca, tornando a concentrarsi sul disastro che aveva lasciato al suo tavolo.
Andarono avanti per un po', lui ruppe un piatto e lei di rimando gli rigò la macchina, si presero a schiaffi, si sputarono in faccia, fino ad allearsi. Si allearono contro un nemico comune, un idiota che credeva di tornare in città e spadroneggiare, quando il territorio era già spartito. Andava eliminato, Mabel da sola non poteva riuscirci, e se non poteva riuscirci Mabel, figuriamoci se avrebbe potuto riuscirci Leon, ma Mabel e Leon insieme ne avrebbero potuti seppellire mille di tipi come lui. In quella situazione conobbero Sebastian, che cercava di mettere ordine nel disordine generale che si era scatenato fra le gang, e si offrì di aiutarli per amore dell'ordine pubblico.
In realtà a Sebastian interessava ben altro che l'ordine pubblico, ma questa è un'altra storia.
La situazione degenerò fino a che non si ritrovarono di nuovo in quello sgabuzzino, con lei che aveva di nuovo le spalle contro il muro, il petto di Leon che premeva contro il suo, e lui che indugiava sulle sue labbra umide.
Era partita in modo strano, inusuale, Mabel aveva Bruce come suo unico pensiero fisso, non sembrava esserci spazio per nessun altro, eppure Leon a furia di essere così simile a lei era riuscito ad aprirsi un varco. Non sapeva di volere una possibilità con lei, non si era reso conto di desiderarla fino a quando non avevano cominciato a lavorare insieme, e lei aveva messo da parte qualsiasi cosa fosse accaduta in precedenza per riuscire a proteggerlo e far del suo meglio, trattandolo da uomo, non da bambino, nemmeno da essere superiore o inferiore, da suo pari.
Adesso Mabel lo guardava con occhi diversi, perché ciò che era venuto dopo non lo sapeva, la sua conoscenza si fermava al pestaggio, e non poteva essere un buon inizio. Lei fece qualche passo indietro, Leon non provò a trattenerla, se voleva andarsene era comprensibile, l'avrebbe lasciata in pace per un po', le avrebbe lasciato il tempo di assimilare il fatto che il ragazzo tanto gentile che l'aveva portata fuori da quell'appartamento, che l'aveva chiamata "amore", e che le aveva detto di essere praticamente il suo ragazzo, l'aveva picchiata, con discreta violenza per giunta.

"Okay" bisbigliò Mabel, dandogli le spalle mentre si dirigeva verso la porta. "Grazie per avermelo detto" aggiunse poco prima di sbattere la stessa alle sue spalle, evitando accuratamente di guardarlo, neanche per sbaglio avrebbe più posato la sua attenzione su un essere così subdolo e sgradevole.
Leon si sedette per terra, elaborando quanto male si fossero appena messe le cose per lui, la sua unica speranza era il buon vecchio zio Spike, che segretamente aveva sempre preferito lui a Bruce. Magari gli avrebbe messo una buona parola.
La curiosità di Mabel era stata soddisfatta, non avrebbe voluto scoprire ciò che aveva scoperto, ma era un inizio, un inizio che le intimava di non fidarsi di nessuno.

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