Capitolo 2

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Quando mi sveglio la mattina successiva,  noto che il livido è di un colore verdognolo. Fa male ma non mi interessa più di tanto. L’unica cosa che mi fa davvero male è l’anima. 

Mi dirigo verso il bagno per farmi una doccia, è l’unica soluzione al momento, mi aiuta a non pensare.
L’acqua calda scorre lisciando i miei capelli ricci e rossi appiccicandoli lungo la schiena.

I pensieri scivolano via da me insieme all’ acqua.
Dopo aver finito mi rintano nella mia camera, sempre chiusa a chiave, non voglio che entri nessuno specialmente Amos e la sua perfida moglie Violet.

Da quando sono qui mi dicono di chiamarli papà e mamma ma loro non lo sono quindi li chiamo semplicemente per nome.

Mi avvicino al grande specchio appeso alla parete opposta alla finestra che da sul cortile.
Raccolgo i miei capelli ancora bagnati in una treccia; quando sono fradici allora riesco a domarli ma per il resto non riesco nemmeno a pettinarli.

Nel momento in cui mi sposto i capelli sulla spalla sinistra, mi soffermo a studiare la cicatrice che mi attraversa la parte posteriore del collo fino alla spalla destra.

Ho sempre cercato una spiegazione a questa ferita ma non sono mai riuscita ad arrivare ad una conclusione.
Oggi non devo andare a scuola per fortuna, non riesco a restare in quel grigio edificio per più di cinque ore, gli studenti pensano solo a se stessi, come tutte le persone di Limerick d’altronde.

Nessuno mi ha mai parlato della mia città natale, dei miei veri genitori, del vero perchè ho questa cicatrice. Nessuno mi ha mai parlato di chi sono veramente.

Presto troverò la verità.

***
-La cena è pronta!!!!- la stridula voce di Violet come unghie stridenti sui vetri mi riporta alla realtà.

-Arrivo- non voglio cenare né tanto meno scendere di sotto e guardare la rugosa faccia della mia “madre” adottiva, assomiglia al 100% a un’ iguana. Non capisco come abbia trovato il marito, forse era talmente brutta che Amos l’ha sposata solo per pietà.

Indosso i primi vestiti che mi capitano tra le mani e scendo in cucina. Un disgustoso odore di pesce marcio mi invade le narici e sto per vomitare a momenti.

Anche Amos giunge in cucina e bacia la moglie. Io mi siedo all’ estremità del tavolo per evitare di mangiare con a fianco l’odore di pesce della cuoca.

Anche questa sera mi rifiuto di mangiare,  prendo soltanto un pezzo di pane e un bicchiere d’ acqua. Avrò perso almeno cinque chili da quando sono capitata qui.

Mi rifugio in camera dopo cena e chiudo la porta con due giri di chiave.

Me ne sto sul letto e non riesco a chiudere occhio, ultimamente faccio sempre fatica a dormire.

Controllo l’orario e non mi meraviglio che siano soltanto le 3. Non ne vale la pena di dormire, è inutile.

Mi alzo per prendere un bicchiere d’acqua. Apro la porta silenziosamente, e a passi felpati scendo le scale con la moquette.

Apro il frigo e prendo l’ acqua ma un movimento improvviso alle mie spalle mi blocca all’istate.
Il sangue mi si ghiaccia nelle vene e comincio a sudare freddo. Solo qualcuno può stare sveglio fino a quest’ora. Amos.
Non mi volto, sento una bottiglia di vetro infrangersi sul pavimento con violenza.

Sento un movimento tagliare l’ aria sfiorandomi l’ orecchio, mi abbasso subito per evitare il colpo. Il pugno sbatte sul frigo, ora di fianco a me. Due mani mi afferrano le spalle , la presa è talmente forte da farmi male e sento le sue unghie carnose penetrare nella pelle.
Vengo scaraventata dall’altra parte della stanza e sbatto la testa contro il muro.
La vista mi si annebbia e sento la testa pulsare. Sono a terra e vedo le sue scarpe avvicinarsi, un pugno nello stomaco mi coglie all’improvviso e mi si mozza il fiato in gola.
Stringo i denti per non urlare e porto le mani alla pancia, lasciando scoperto il viso. Vedo le nocche bianche per lo sforzo e altri pugni mi arrivano alla faccia impedendomi di riprendere fiato tra un colpo e l’ atro. Il sapore del sangue mi invade la bocca.
Mi volto per coprirmi il volto ma una mano fredda e ruvida mi tappa la bocca. Colgo l’attimo e gli mordo le dita, stringo con tutta la forza che mi rimane, libero la presa e lui grida per il dolore. Scatto in piedi e gli tiro un calcio sotto lo stomaco. Ma un altro colpo mi fa accasciare a terra.
Poi il buio totale…

*Spazio autrice*
Ciaooo !!!!!
Scusate per la drammaticità del capitolo ma è solo di passaggio. Fatemi sapere se vi piace!!!!!!!!

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