Lanciai per l’ennesima volta, senza alcuno sforzo, con disinteresse, la pallina da tennis che avevo trovato sulla scrivania di Louis, per poi vederla rimbalzare contro la superficie del muro davanti a me e tornare tra le mie mani. Era da un po’ che ero lì sul pavimento della sua stanza, una luce fioca che mi illuminava il volto dalla finestra alla mia sinistra, la porta chiusa alla mia destra.
Quanto cazzo ci mette Louis?
Se torna si ritrova pure il padre ad aspettarlo.
Come si comporterà?
Io che fine farò?
Mi cacceranno?
Fanculo.
E Harry Styles lanciò con tutta la sua forza la pallina che stringeva tra le mani, per farle fare un enorme volo contro il muro, un tonfo sordo, per poi cadere sul pavimento e rimanere ferma, immobile.
Si passò poi con uno scatto nervoso una mano tra i ricci scomposti, alzò lo sguardo al soffitto e decise di alzarsi in piedi.
Quell’uomo ha una faccia da schiaffi…
Si può odiare qualcuno senza conoscerlo?
Ecco, già lo odio.
Inspirò, quindi si avviò verso la finestra, poggiandosi sul bordo e perdendosi ad osservare le villette del quartiere di Louis, qualche albero in fiore, un chiosco dei gelati in lontananza.
Devo scaricare i nervi in qualche modo.
Odio questa situazione, è così snervante.
“…’Ehi riccio, tutto bene?’ Harry soppesò le sue parole, scuotendo poi la testa.
- ‘No, col cazzo che va tutto bene Zay. Mia madre sta per divorziare da mio padre, Gemma ha la febbre ed è a casa, ed io sono qui, solo come un cane in questo cazzo di posto. Non ce la faccio più…’ la voce gli si spezzò in gola, le mani a coprirgli il volto scarno e pallido da un recente trattamento intensivo di farmaci.
Qui Zayn Malik, un appena assunto addetto alle pulizie, abbandonò il suo carrello da lavoro davanti la camera di Harry, gli si avvicinò ed andò a guardare fuori dalla finestra della stanza, pensieroso.
- ‘Sai cosa faccio io quando non riesco più a fare nulla, mi crolla il mondo addosso?’
Harry si scoprì il volto e mantenne lo sguardo basso sul pavimento, accennando un sorrisetto.
- ‘Intendi a parte fumare come un turco?’
L’altro sorrise, scuotendo la testa e voltandosi verso Harry.
- ‘Si, a parte quello. Me ne sto in silenzio, per i fatti miei, guardo fuori dalla finestra e appena trovo qualcosa di interessante la disegno, cerco di renderla vivida nei miei fogli, ogni sfumatura a ricreare le dimensioni. Insomma faccio qualcosa che amo fare. Io non mi butto mai giù davvero davanti le difficoltà, finché ho una matita in mano e un’immagine in testa.’ ….”
Harry sorrise istintivamente al ricordo di Zayn, l’immagine del suo sorriso ora davanti gli occhi.
Lui si che era da ammirare.
Un po’ sopra le righe, sempre col sorriso sulle spalle e qualcosa di giusto da dirmi.
Mi manca, lui forse saprebbe cosa fare.
Lui sapeva sempre cosa fare.“…’Riccio? Posso entrare?’
Harry a quella voce sorrise, alzandosi dal suo lettino accennando un ‘si’.
Zayn, senza il suo carrello al seguito o la tuta da lavoro, si passò una mano sul ciuffo pieno di gel e sorrise, avvicinandosi al lettino dell’altro.
- ‘Sai, sono venuto a salutarti’
Harry corrugò la fronte, spaesato.
- ‘Perché? Hai già finito il turno?’
L’altro sorrise amaramente.
- ‘Si, diciamo pure il mio ultimo turno’
Il minore sgranò gli occhi, subito preso dal panico.
- ‘Come… non puoi andartene! Non puoi abbandonarmi così!’
Zayn chiuse gli occhi, inspirando lentamente, per poi sedersi sullo stesso materassino dell’altro.
- ‘Devo riccio, qui non riesco a disegnare più nulla. Faccio sempre così, lo sai. Mi manca l’ ispirazione, devo cambiare per forza posto.’
Harry abbassò lo sguardo sulle sue mani.
- ‘Dove andrai?’
- ‘Oh, io e Liam pensavamo alla Francia. Sai, la Torre Eiffel e tutte quelle stronzate là. Così potrò inviarti anche una cartolina’ qui il moro strizzò un occhio, scatenando un sorriso di risposta da parte di Harry.
- ‘Allora… questo è un addio Zay?’
Il moro sospirò, scuotendo il capo e passando una mano tra i ricci incolti di Harry.
- ‘Ti sbagli piccolo… è solo un arrivederci’
Harry scosse piano la testa, dando un’ultima occhiata in giro per poi chiudersi la finestra alle spalle.
Già, un arrivederci.
Stronzo come al solito.
Però se lo rivedessi gli parlerei di Louis.
E’ grazie a lui se ho trovato qualcosa che amo fare.
Un rumore di copertoni e motori ruppe i suoi pensieri, facendolo agitare e correre alla finestra, per poi sgranare gli occhi.
Cazzo è lui.
Non sono pronto…. Non lo sono per niente.
Harry iniziò a torturarsi i ricci nervosamente, una sottospecie di ansia a fremergli in petto, la voglia di nascondersi nell’armadio per non uscire più.
Il rumore del campanello d’ingresso si diffuse per la casa, facendolo sobbalzare da terra.
Si avvicinò alla porta chiusa della camera di Louis e, trattenendo il respiro, uscì per poi iniziare a fare i gradini delle scale a due a due.
Si guardò intorno, per poi notare la porta della cucina aprirsi e lasciare uscire Jay Tomlinson, i capelli scompigliati in uno chignon, le guance di un colorito rossastro e l’apparenza di essere sfinita.
Lei ed Harry si scambiarono un’occhiata eloquente, quindi la donna soffiò un
‘Vai in salotto a controllare le mie figlie per favore, dopo dico a Louis di venire da te’ che fece irrigidire il minore.
-“Tutto bene Jay?” chiese con cautela.
La donna chiuse gli occhi, sospirando lentamente e avviandosi verso l’ingresso.
-“Tu vai in salotto Harry, poi…poi ne parliamo”
Se in quel pomeriggio afoso e assolato ti fosse capitato di passeggiare per Holmes Chapel, non avresti visto altro che una tranquilla cittadina di periferia, la zona pedonale, dotata di fontana e aree verdi, coi negozi aperti e gente in un continuo andare e venire, risa e chiacchiere al vento. Se poi avessi continuato a camminare verso i quartieri, dal lato ovest della piazza cittadina, avresti potuto ammirare una fila di villette a schiera, intervallate da recinzioni e giardinetti in fiore. Tra di esse, se avessi avuto modo di scambiare due parole coi cittadini in paese, ti sarebbe saltata all’occhio la villa Tomlinson, dove si diceva che la famiglia avesse appena perso di vista il figlio sregolato e ribelle, fuggito con un malato dall’ospedale comunale. All’apparenza però, quella villa ti sarebbe risultata una comune abitazione unifamiliare, e solo la pioggia di parole piovuta su di essa ti avrebbe fatto cambiare idea.
Entrarci, però, in quella casa, ti avrebbe stravolto ogni aspettativa.
Una parte della casa immersa nella più totale tranquillità e monotonia, la restante parte con un’atmosfera carica di nervosismo e agitazione.
Louis Tomlinson, che aveva appena compiuto tutto il percorso appena descritto, curando di non farsi troppo riconoscere dai suoi concittadini, era rientrato a casa tranquillamente, non aspettandosi nulla di diverso da quello che aveva lasciato.
Si era invece trovato la madre, Jay, alla porta con un’espressione distrutta in volto, il labbro tremante e gli occhi stanchi. Seguendola, senza scambiarsi nessuna parola o chiedendo alcuna spiegazione, si era ritrovato in cucina il padre omofobo e stronzo che gli aveva segnato l’infanzia e che aveva abbandonato lui e la sua famiglia tempo prima e infine, non volendo minimamente parlarci, era corso in salotto per ritrovarsi un Harry più teso di una corda di violino e le sue sorelline in lacrime.
Ed era un boccone amaro troppo grande da digerire, tutta la sua vita stravolta dall’arrivo di Mark in quella casa, l’equilibrio appena faticosamente raggiunto strappatogli dal grembo con le unghie, lasciando ferite troppo profonde perché si rimarginassero in poco tempo.
Louis lasciò quindi sul tavolo al centro della sala il sacchetto pieno di farmaci, si sedette sul divano accanto ad Harry e si nascose il viso tra le mani, sforzandosi di non piangere, sorridendo sforzatamente pur di non far scendere lacrime.
Perché doveva essere forte, forte per tutti quanti.
Charlotte e Felicite, stropicciandosi gli occhi umidi con le mani, si sedettero sul tappeto ai piedi del fratello maggiore e subito dopo comparve Mark sulla soglia, un’espressione indecifrabile in volto, lo sguardo puntato sulle mani di suo figlio e il ragazzo riccio, troppo vicine.
La voce di Jay, tremolante e fragile, invase il salotto.
-“Fizzy, Lottie, venite che vi preparo la merenda”
Subito le due sorelline corsero all’esterno, verso la cucina, non sopportando la vista del loro papà, che aveva fatto gridare così tanto la mamma poco prima.
Harry deglutì a fatica, irrigidendosi all’istante alla vista di Mark che si sedeva sulla poltrona di fronte a loro, un sorriso tirato, la mascella contratta.
Louis trattenne il fiato.
-“Dunque è così che accogli il tuo vecchio in famiglia” iniziò acido l’uomo, grattandosi il mento ispido di barba.
-“E’ che…non mi aspettavo il tuo arrivo, tutto qua” sussurrò Louis, mantenendo il contatto visivo col padre.
-“Non hai qualcosa da dirmi? O la voglia di abbracciarmi? Da quel che ho capito da tua madre, abbracciare un maschio non ti intimidisce molto”
Harry socchiuse gli occhi, incrociando le braccia al petto, un gesto di rifiuto.
Il moro sgranò gli occhi, abbassando poi lo sguardo sulle sue mani.
-“Mi hai molto deluso Louis” infierì quindi Mark, notando di essere ascoltato senza alcuna interruzione.
-“Già ero andato via per i casini che hai combinato in ospedale, ritorno, decidendo di perdonarti, e ti ritrovo con… con… quel moccioso che hai accanto, che non so neanche da dove sia uscito né cosa voglia da noi e…”
Ti prego Loulou, digli qualcosa.
Fagli capire che non ha ragione.
Fagli vedere quello che ho visto io in te.
O non sarò più sicuro di nulla.
-“Perché tu non chiedi, tu pretendi e basta…papà. Il moccioso che ho accanto si chiama Harry Styles e…. è lui che ho portato via dall’ospedale.” Rispose incerto il moro, alzando nuovamente lo sguardo, un luccichio negli occhi.
Mark corrugò la fronte davanti quell’interruzione inaspettata, quindi incrociò le mani davanti a sé, non componendosi troppo.
-“E come mai lo avresti fatto? Mania di protagonismo? Noia?”
Brutto stronzo, io e tuo figlio ci amiamo.
-“No aspetta, fammici pensare… magari vi amate?” continuò l’uomo fingendosi pensieroso.
Louis arrossì lievemente in viso, sentendo l’aria attorno a lui mancare; Harry fulminò con lo sguardo l’uomo, poggiando una mano sulla spalla dell’altro.
-“Ma per favore. Louis questo non è amore, è solo uno stupido errore… saranno gli ormoni, non lo so. Ma è contro natura amare un altro uomo, lo vuoi capire?” provò Mark con tono comprensivo.
Harry si morse il labbro dal nervoso.
-“Contro natura è essere ottusi come lei, Mark. Non so come abbia cresciuto Louis ma la mia famiglia, mia madre non ha mai avuto nulla da ridire sul mio orientamento sessuale” quindi sputò con rabbia, ottenendo un sorriso pieno di gratitudine da parte del moro.
Mark lo squadrò con sufficienza, poi sorrise.
-“Tanto da quello che ho capito non hai molto tempo a disposizione per seguire il tuo orientamento, giusto?” sibilò Mark in risposta, uno sguardo gelido in volto.
Silenzio.
Il riccio abbassò lo sguardo sulle sue mani, il labbro che non la smetteva proprio di tremare, gli occhi lucidi.
Louis si irrigidì sulla sedia, scattando in piedi.
-“Adesso basta, basta! Si può sapere cosa vuoi da noi? Cosa vuoi da me? Sono grande sufficientemente da poter scegliere con chi stare, non mi interessa più il tuo parere” alzò la voce, quindi prese Harry per mano e uscirono, diretti in cucina.
Mark Tomlinson rimase sulla sua poltrona, lo sguardo spento, una mano sul mento, l’altra che cercava tranquillamente un giornale da sfogliare sul divano.-“Mamma, caccia di casa quel bastardo, ora” scandì con furore le parole Louis, le mani premute pesantemente sul tavolo in cucina.
Harry si morse il labbro, chiudendosi la porta della cucina alle spalle, tenendosi in un angolo della stanza, in disparte.
Alla vista del fratello fuori di sé, Fizzy e Lottie smisero di mangiare dei biscotti da una confezione semivuota, guardandolo allucinate, mentre Jay si alzò in piedi per riporre un piattino in ceramica su uno scaffale.
-“Louis, modera i toni, spaventi le tue sorelle” commentò atona la donna, volgendogli sempre le spalle.
-“Me ne frego cazzo, non mi calmo finché quell’uomo non esce da qui!” ringhiò ancora il moro.
-“Louis William Tomlinson, datti una calmata per favore, questo non è né il momento né il luogo giusto dove parlarne” la voce fredda di Jay fece rabbrividire Harry, ora accanto a Louis.
-“Mamma, noi andiamo in camera mia…” provò Charlotte, alzandosi dalla sedia e trascinandosi dietro la sorella, sempre più spaesata.
Jay sospirò rumorosamente mentre ancora una volta la porta della cucina veniva aperta e chiusa con un tonfo sordo.
-“Avete parlato?” chiese allora la donna, finendo di lucidare un bicchiere e riponendolo nel lavabo, per poi andarsi a sedere di fronte a Louis e Harry, ancora in piedi.
-“Parlato è una parola grossa ma’, lo odio, lui non mi accetta, e poi ha detto ad Harry…” Louis stava pian piano sbollendo la rabbia, e con essa la voce si stava affievolendo.
Il riccio accanto a lui scosse la testa e sussurrando un
‘Non importa…in fondo ha ragione” che fece sospirare il moro.
-“Harry non devi giustificarlo, ha detto una stronzata va bene? L’ha detta solo perché non riesce ad accettare quanto ti ami io” gli sussurrò in risposta, alzandosi sulle punte e sfiorandogli le labbra con un bacio.
Harry sorrise un poco contro le sue labbra, quindi arrossì notando che Jay li stava osservando.
-“Harry caro, ti spiace se ne parliamo un secondo meglio io e Louis?” propose la donna, nascondendo un sorriso sotto i baffi.
Il riccio si gratto il capo e annuì, guardando per un ultima volta Louis e uscendo dalla cucina.
-“…si, esattamente. Sono assai dispiaciuto di tutto l’accaduto ma mio figlio si riscatterà sicuramente. No credo non ce li abbia più con sé, li avrà spesi tutti. Oh, perfetto, non so come ringraziarla…allora a dopo”
Harry si arrestò davanti l’ingresso notando Mark Tomlinson parlare al cellulare con uno sguardo languido e un sorriso in volto.
Non ci voglio parlare, devo andarmene, devo…
Non fece in tempo a fare dietro front che l’uomo lo chiamo con tono serio.
-“Che vuole” sputò quindi acido il riccio, tornando a osservarlo in viso.
-“Oh, nulla di che…solo spero tu sia bravo negli addii” rispose ammiccando l’uomo.
Harry corrugò la fronte, irrigidendosi sul posto.
-“In che senso?”
Qui Mark rise sommessamente, avviandosi verso la sala a passo lento.
-“Lo vedrai, Harry Styles, lo vedrai.”
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Thank you, Lou. {L.S.}
FanficLe situazioni che ci troviamo ad affrontare, giorno dopo giorno, anno dopo anno, che siano belle, brutte, perenni, noiose, prima o poi un cambiamento ce l'hanno. Può essere progressivo, lasciarti il tempo di ragionare e di vivere minuto per minuto q...