Diciannovesimo Capitolo (Prima Parte)

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È sparito. Mi ha abbandonata senza nemmeno avere il coraggio di guardarmi in faccia, senza un fottutissimo addio. Che stupida sono stata a credere che la mia storia non avesse sortito alcun effetto su di lui. D'altronde devo ammettere che è stato bravo a ingannarmi. Dopo avergli confessato la mia storia, infatti, mi ha portata in camera come se nulla fosse, e ha fatto l'amore con me con la stessa passione di sempre. Non avrei potuto immaginare che la mattina dopo sarebbe scomparso senza darmi una spiegazione. Ho passato tutta la giornata di ieri ad aspettare una sua chiamata, ma non si è fatto vivo. La sera sono uscita con le ragazze e ho persino corteggiato un suo uomo sperando che glielo riferisse e si decidesse ad affrontarmi. Tuttavia, non ho ancora avuto sue notizie. Sono certa, però, che sia in contatto con Marco. Questa mattina al lavoro ci ha avvisati che la festa di fine stage non si terrà al Lujuria e che per l'occasione è stata messa a disposizione una mega villa in riva al mare. Così ci hanno trasferito già da quattro ore in questa casa gigantesca. So che è tutta opera di Daniel e so che sta facendo di tutto per allontanarmi da lui, ma questa volta non intendo accontentarlo. Ho organizzato un piano per tornare al Lujuria e scoprire se è lì che si sta nascondendo come un ricercato. E spero vivamente per lui che non ci sia, altrimenti dovrà affrontare la mia furia spietata. «Che cosa vuoi, Luce?» La voce astiosa alle mie spalle dà il via al mio piano, e mi volto con la speranza che tutto vada come previsto. «Professore, voglio darle la possibilità di mettere fine al nostro accordo» gli rispondo incrociando le braccia sotto il petto.
«In che modo?» mi domanda, avvicinandosi lentamente con la sua solita camminata a pinguino.
«Devo tornare in albergo per un po'. Al nostro ritorno le do quello che possiedo per incastrarla» gli dico con voce ferma.
«C'è qualcosa sotto, non può essere così semplice» riflette, schivo.
«Per me tornare in albergo senza il suo aiuto non è semplice come crede» ribatto con un sopracciglio alzato.
«Vado a prendere le chiavi. Aspettami fuori» dichiara, e lascia la stanza mentre io continuo ad annuire soddisfatta, osservando la sua coda sfumata dondolare. È fatta.
«Ho il suo numero. Faccia quello che vuole, ma non lasci l'albergo e non si separi dal telefono. Appena ho fatto la chiamo» affermo e scendo dall'auto senza aspettare una sua risposta. Il tragitto dalla villa fin qui è stato tremendo. L'agitazione mi ha accompagnata durante tutto il viaggio e nemmeno ora mi dà tregua, mentre raggiungo una receptionist impegnata in una conversazione con un uomo di bella presenza.
«Scusate se vi interrompo, ho bisogno solo di un'informazione» esordisco poggiando una mano sul bancone.
«Prego, signorina. In cambio posso permettermi di farle un complimento? È bellissima» mi dice l'uomo a fianco a me.
Devo ammettere che anche lui non è da meno. Ha fascino da vendere e il suo aspetto fisico difficilmente può essere ignorato.
«Non le ho dato il permesso» gli faccio notare nascondendo un sorriso. «Comunque la ringrazio e la prego di perdonare la mia maleducazione, ma vado di fretta.»
«Capisco. Allora non voglio trattenerla oltre» mi dice facendomi un cenno con il capo.
«Il proprietario è qui? Ho urgenza di parlargli» chiedo alla receptionist, che solleva le spalle e mi rivolge uno sguardo desolato.
«Sono spiacente, ma non posso darle questa informazione» mi risponde. Cavolo, dovrò cercarlo in tutto l'albergo, ci metterò una vita, e non sono nemmeno certa di riuscire a trovarlo.
«È in piscina» s'intromette lo sconosciuto attirando la mia totale attenzione. «Non è l'uomo per lei» aggiunge, serioso. «Stia attenta» mi suggerisce poi, prima di voltarsi e andarsene per la sua strada. Mi avvio verso la piscina, preparandomi un discorso che già so di dimenticare completamente appena incrocerò lo sguardo dell'uomo che mi ha abbandonata. Passo sotto l'arco ricavato dalla siepe che copre due lati della zona piscina e mi paralizzo quando poso lo sguardo sulla zona bar. Il respiro si ferma nei polmoni, il cuore rimbomba anche nei timpani e la gola mi si secca. Scuoto il capo e trovo la forza di muovere le gambe per nascondermi dietro la siepe, cercando di riflettere su ciò che ho appena visto. Non è possibile. Non può essere. O mio dio, spero con tutto il cuore di aver avuto un'allucinazione dovuta allo stress. Sbircio oltre la siepe e, purtroppo, mi rendo conto di non essermi immaginata un bel niente. È tutto vero. È tutto maledettamente e inevitabilmente vero, e io non riesco a capacitarmene. Sento il mio cuore sgretolarsi e la mia anima colorarsi nuovamente di nero, mentre continuo a guardare la scena da lontano, nascosta come una ladra. In realtà, però, i veri ladri sono di fronte a me, sono loro ad avermi rubato la speranza senza pietà. Vedo Daniel sorridere, compiaciuto, e vorrei prendergli a schiaffi quella faccia menzognera che si ritrova. Poi, all'improvviso, annuisce e si allontana dall'altro lato della piscina. Avrei bisogno di tempo per escogitare una vendetta adeguata alla situazione e mi occorrerebbe molto più tempo per metabolizzare quello che ho appena visto, ma non ne ho. Dovrò improvvisare e trovare in fretta la forza necessaria per prendermi la mia rivincita. Chiudo gli occhi inspirando una grossa quantità d'aria, rivivendo nella mia mente flash della mia vita, e li riapro espirandola, meditando vendetta. Sbircio di nuovo oltre la siepe per accertarmi che non ci sia ancora Daniel nei paraggi e mi avvio verso la mia meta a passo sicuro. Black Light è appena tornata in servizio e questa volta nessuno potrà offuscare la sua potenza. Nessuno. Il dolore che mi hanno causato è più forte di qualsiasi paura, e con quello non si può competere.
«Bonjour mon ami» saluto il barista, che mi sorride e si avvicina subito a prendere la mia ordinazione.
«Bonjour belle. Che bevi? Non dovresti essere qui, lo sai. Già ti manca il Lujuria?»
«Mi annoio in quella villa senza far nulla, non capisco perché ci abbiano trasferiti questa mattina, dato che la festa ci sarà stasera» rispondo lanciando ogni tanto un'occhiata dall'altro lato del bancone.
«Non sai cosa pagherei per essere al tuo posto. Di sicuro non mi annoierei» precisa. «Ti do il solito?»
«No. Vorrei un angel d'or» affermo ad alta voce.
«Luce, lo sai che non posso darti alcolici a quest'ora. Vuoi una spremuta?» mi domanda il barista e mi fa l'occhiolino.
«Guarda che sono maggiorenne e vaccinata. Ho voglia di qualcosa di forte» puntualizzo e trattengo il fiato con gli occhi chiusi.
«Non posso crederci. Sei proprio tu?» Mi volto lentamente cercando di mantenere la calma, ma è un'impresa alquanto impossibile.
«Stefano» mormoro, sollevando le palpebre per incontrare gli occhi che non sono mai riuscita a dimenticare, mentre il mio cuore comincia a tamburellare con forza nel mio petto. È qui. A un passo da me. Milioni di volte ho desiderato di trovarmi di fronte a lui, ma non così. Non senza un piano ben definito.
«Luce. Sei bellissima» mormora fingendosi emozionato.
«Che ci fai qui?» gli domando con finto entusiasmo, sorridendogli.
«Mi ha invitato un amico. Tu piuttosto, come mai da queste parti?» La sua voce mi dà il voltastomaco adesso... e pensare che tempo fa ne ero ammaliata. Mi sorride e la voglia che ho di fargli del male accresce pericolosamente dentro di me.
«La scuola ha organizzato uno stage per gli alunni migliori e ci ha spediti qui. Domani ripartiamo» rispondo. Black Light è tornata e non potrei esserne più contenta. Sicuramente senza di lei a quest'ora sarei nascosta in un angolo a piangere, per cercare di sfogare il mix di emozioni che mi sta torturando l'anima.
«Non avresti dovuto già finire la scuola?» ha il coraggio di chiedermi. «Due angel d'or» ordina, poi, al barista, e lancia la sua carta di credito sul bancone continuando a guardarmi negli occhi.
«Sì, purtroppo ho trascorso un periodo difficile, ma adesso sto bene» lo informo afferrando il mio bicchierino saldamente. «Dimmi di te invece. Che fine hai fatto? Sei sparito dalla circolazione dopo quella sera» sottolineo, sollevando gli zigomi, e bevo il mio liquore in un sorso. Poggio il bicchiere vuoto sul bancone seguita a ruota da Stefano, che posa il suo accanto al mio sfiorandomi volontariamente la mano. La ritraggo all'istante, fingendo poi di aggiustarmi i capelli dietro l'orecchio. E un velo di tristezza copre il suo volto. Davvero convincente, peccato che lo conosco troppo bene e so che non è sincero.
«È vero. Dopo quella notte ho preferito non farmi vedere per un po' e sono andato a lavorare all'estero. Ora che ti ho rivista voglio dirti che mi dispiace per come sono andate le cose. Ho perso il controllo, Luce. Mi dispiace, non sai quanto.» Sta bluffando e per mia fortuna ora riesco a rendermene conto. Luce avrebbe abboccato, ma ora sono Black Light e non può ingannarmi tanto facilmente.
«Sei stato tu a volerlo. Dopo una settimana cominciai a cercarti per rimettere tutto a posto, ma tu non c'eri più» mento anch'io. Un piano si è appena delineato nella mia mente e intendo sfruttare tutte le mie carte per portarlo a termine. «Comunque anche io voglio dirti una cosa. E forse il destino ci ha fatto incontrare di nuovo proprio per permettermi di farlo.»
«Aspetta, prima voglio raccontarti una cosa. Ti va di andarci a sedere?» m'interrompe, segnalandomi con un cenno del capo i tavoli più vicini al bancone. Vuole prendere tempo e io voglio lasciarlo fare per fargli credere di essere disposta a perdonarlo. Come se fosse possibile. Illuso. Nemmeno a lui augurerei un dolore simile a quello che ho dovuto patire per colpa sua. Nemmeno al più sporco bastardo, capace di causarlo e provare a chiedere perdono. Io credo che, se si è davvero pentito per aver distrutto un'esistenza per puro divertimento, l'unica cosa che si possa fare è soffrire di rimorsi in silenzio. «È bello vederti perdere tra i tuoi pensieri. Non pensavo di poterlo fare ancora» mormora e io gli sorrido. Pagherai ogni cosa, bastardo!
«Sediamoci sugli sgabelli, non ho molto tempo» gli dico e, senza aspettare una risposta, vado a sedermi. Si accomoda anche lui con un sorriso sbarazzino sulle labbra, che mi ricorda quello che aveva la prima volta che lo incontrai.
«Luce, so che chiederti perdono sarebbe inutile. Nemmeno io sono riuscito a perdonarmi per il male che ti ho causato» afferma con convinzione. Devo ammettere che è persino migliorato a mentire, è davvero persuasivo. Non l'ho mai visto così abbattuto. «Non voglio nemmeno giustificarmi, ma devi sapere che non sono più quello che ricordi. Quell'esperienza ha segnato anche la mia vita, credimi» aggiunge e i suoi occhi sembrano addirittura lucidi. Quest'uomo meriterebbe un oscar come primo attore.
«La mia è cambiata a causa tua, ma non te ne faccio una colpa. È grazie a te se sono diventata ciò che sono. Adesso la mia vita ha un senso.»
«Chi sei?» mi domanda scuotendo il capo. «Non sei tu. Non puoi essere tu!» esclama addolorato.
«Piacere, Black Light» affermo rimettendomi in piedi, tendendogli una mano. L'afferra subito e, con uno strattone, mi attira sé, sfiorandomi l'orecchio con le labbra.
«Preferisco Light» ci sussurra contro, e mette un po' di distanza tra noi. Lo fisso in malo modo, è meglio per lui che non si azzardi a toccarmi ancora. Averlo così vicino sta mettendo a dura prova il mio autocontrollo, ma per mia fortuna il desiderio di vendetta mi aiuta a tenere a bada le emozioni che sto provando. Odio quest'essere con tutta me stessa e, se potessi, lo prenderei a pugni senza permettergli di pronunciare nemmeno un'altra parola, ma non posso. Devo mettere in pratica quello che ho imparato a fare in questi anni: fingere. Fingere di non trovarmi di fronte all'uomo che mi ha distrutta cinque anni fa, però, è davvero difficile. L'uomo che è più bravo di me a mentire e a ferire senza esitare, non si può ingannare. «Che cazzo ti ho fatto?» grugnisce poi, battendo un pugno sul bancone. «Luce, ti ho distrutta» piagnucola poi, fissando un punto indefinito, con il capo chino. Deve aver studiato recitazione in questi cinque anni, quasi non lo riconosco.
«No, è il contrario. Hai costruito la mia nuova identità. Permettimi di mostrartela. Merita di conoscere colui che l'ha portata alla luce.»
«Credimi, la vedo perfettamente e mi spaventa» dice sconfitto.
«King, voglio che tu conosca Black Light. Me lo devi, sei tu ad averla creata» puntualizzo giocando la mia ultima carta.
«King è morto, Luce. Tuttavia hai ragione, devo accontentare la tua richiesta. Sarebbe il minimo dopo quello che hai passato a causa mia» afferma in tono dimesso. Sto valutando l'ipotesi di aver fatto uno scambio di persona. Questo non è lo stesso Stefano che conoscevo io. Molto probabilmente avrà solo cambiato tattica, ma il suo vero Io è sempre pronto a uscire fuori da un momento all'altro, ne sono certa. Uomini come lui non cambiano, modificano solo il loro modo di nascondere la propria vera identità.
«Sei libero stasera?» gli domando sollevando un sopracciglio.
«In realtà sono stato invitato a cena. Vuoi accompagnarmi?»
«Non posso.» Sono quasi certa che debba cenare con Daniel e non ho intenzione di incontrarlo prima di aver portato a termine la mia vendetta. «A che ora?» domando, mentre lui non la smette di scrutare attentamente il mio viso, infastidendomi.
«Alle dieci» risponde, tamburellando le dita sul bancone.
«Puoi raggiungermi dopo cena?» gli chiedo, sperando di non dovergli chiedere di raggiungermi prima del suo appuntamento.
«Certo che posso» dice, prendendo il portafoglio per recuperare un bigliettino da visita e porgermelo. «Qui c'è il mio numero. Mandami l'indirizzo.» Lo prendo, stando attenta a non toccare la sua mano, e con un gesto fulmineo lo infilo nel reggiseno.
«Ho un'ultima richiesta» mormoro poi, fissando il suo sguardo da finto buono con fermezza. «Dimmi pure, Luce. Spero di poterla soddisfare.» I suoi occhi sembrano davvero sinceri ma di sicuro con lui non posso fare affidamento al mio giudizio. «Voglio che non dici a nessuno che ci siamo visti e che dobbiamo incontrarci dopo cena» sentenzio senza esitazione. Non posso correre il rischio che la notizia arrivi all'orecchio di Daniel e che rovini i miei piani.
«Hai la mia parola» afferma sostenendo il mio sguardo duro. Sorrido. Non riesce a immaginare quanto possa contare per me la parola di un viscido come lui? A quanto pare no, ma non mi resta altro che far finta di credergli.
«A più tardi allora. Ti manderò i dettagli per messaggio. Sii puntuale, Stefano» gli ordino prima di allontanarmi, con mio enorme piacere, da lui. Non so come sia riuscita a sopportare la sua vicinanza e frenare la mia lingua, ma ce l'ho fatta. Sicuramente i suoi atteggiamenti remissivi mi hanno aiutata molto. Questa volta sono sicura di riuscire a batterlo, questa volta sarà lui a soffrire. Ho l'occasione di fargli implorare, inutilmente, perdono e non me la lascerò scappare per nulla al mondo.

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