𝐵𝑜𝒉𝑒𝑚𝑖𝑎𝑛 𝑅𝒉𝑎𝑝𝑠𝑜𝑑𝑦 - 𝐴 𝐽𝑜𝒉𝑛 𝐷𝑒𝑎𝑐𝑜𝑛 𝑆𝑡𝑜𝑟𝑦

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𝑴𝒂𝒎𝒂, 𝒋𝒖𝒔𝒕 𝒌𝒊𝒍𝒍𝒆𝒅 𝒂 𝒎𝒂𝒏

𝑷𝒖𝒕 𝒂 𝒈𝒖𝒏 𝒂𝒈𝒂𝒊𝒏𝒔𝒕 𝒉𝒊𝒔 𝒉𝒆𝒂𝒅
𝑷𝒖𝒍𝒍𝒆𝒅 𝒎𝒚 𝒕𝒓𝒊𝒈𝒈𝒆𝒓, 𝒏𝒐𝒘 𝒉𝒆'𝒔 𝒅𝒆𝒂𝒅
𝑴𝒂𝒎𝒂, 𝒍𝒊𝒇𝒆 𝒉𝒂𝒅 𝒋𝒖𝒔𝒕 𝒃𝒆𝒈𝒖𝒏
𝑩𝒖𝒕 𝒏𝒐𝒘 𝑰'𝒗𝒆 𝒈𝒐𝒏𝒆 𝒂𝒏𝒅 𝒕𝒉𝒓𝒐𝒘𝒏 𝒊𝒕 𝒂𝒍𝒍 𝒂𝒘𝒂𝒚
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𝑰 𝒅𝒐𝒏'𝒕 𝒘𝒂𝒏𝒕 𝒕𝒐 𝒅𝒊𝒆
𝑰 𝒔𝒐𝒎𝒆𝒕𝒊𝒎𝒆𝒔 𝒘𝒊𝒔𝒉 𝒊'𝒅 𝒏𝒆𝒗𝒆𝒓 𝒃𝒆 𝒃𝒐𝒓𝒏 𝒂𝒕 𝒂𝒍𝒍

John Deacon non aveva mai ucciso un uomo.

Nulla lo aveva mai indotto a pensare di fare un gesto simile, né gli era mai balenato per la mente di voler uccidere qualcuno.
Era lo stereotipo di uomo triste, quello che nessuno aveva come amico, o meglio, quello che nessuno voleva come amico perchè uno dei cosiddetti 'rifiuti della società', sebbene fosse gentile e sempre pronto per tutti.
John Deacon aveva disconosciuto la felicità dall'età di 14 anni, per motivi che non sapeva nemmeno lui, e da lì la sua vita era stata un crescendo di tonalità grigie in un mondo fatto di soli toni bianchi e neri.
Era diventato la cosiddetta via di mezzo.
Quella parte di società volutamente sconosciuta per i pregiudizi che venivano buttati su di essa.
Suonava il basso, John Deacon, aveva del talento, solo che non ci voleva credere.
Era un uomo saggio, un uomo forte e debole allo stesso tempo. Uno di quegli uomini che dopo aver sostenuto una montagna crolla al primo sassolino che gli si presenta sulla via.
Un uomo colto, geniale, dalle idee chiare ma timido. Estremamente timido, troppo, decisamente troppo timido.
Ed era questo che lo rendeva ciò che era.
Un uomo grigio.
Grigio come la sua vita fino al giorno in cui alla sua porta si presentò un uomo che mai John Deacon si sarebbe aspettato di conoscere, un uomo di quelli che uno come lui avrebbe soltanto potuto ammirare da lontano, senza la vaga speranza di poter toccare.
Lo incontrò al bar, o meglio, fu l'uomo che gli venne incontro.
Era strano, il classico tipo eccentrico delle feste, il compagnone amante dell'alcool e del fumo, il classico raggio di sole delle compagnie. Quello a cui tutti aspiravano a diventare perchè era la definizione della cosiddetta perfezione umana.
Si sedette allo stesso tavolo nel quale John Deacon stava bevendo silenziosamente il suo caffè e gli sorrise, con gli incisivi eccessivamente esposti.
Gli parlò di sé, non smise per un secondo di guardarlo negli occhi così come non smise di sorridergli, quel sorriso radioso, strano e bello.
''Ti osservo da un sacco, John Deacon, Tesoro, e mi incuriosisci''
fu una delle sue frasi, una frase che fece scalpitare il cuore vivo di John Deacon in quell'ammasso di pelle morta che lo rivestiva.
E John Deacon sorrise.
Sorrise e l'uomo che aveva di fronte bloccò quel vortice di parole come fosse un fiume in piena fermato da una diga e rimase a guardarlo, quasi incantato.
Ma fu questione di un attimo, dopodichè riprese a parlargli, di sé, della sua vita fino ad allora, di come il viso di John Deacon lo incuriosisse, di cosa gli passava nella mente mentre John Deacon ascoltava con ammirazione e quasi timore, con la consapevolezza di non essere degno di quei discorsi, lui che nella vita non si era mai fatto avanti, ciò che aveva da dire l'uomo che era tutto il contrario di lui.
Si salutarono che erano le sette e trenta, l'uomo gli passò un biglietto con annotato un numero di telefono e un nome.
''Chiamami'' gli disse, allontanandosi e sparendo tra lo sguardo confuso e il cuore in fibrillazione di John Deacon.
Si era sentito vivo.
In quelle poche ore di conversazione aveva percepito qualcosa aprirsi e di sentirsi di nuovo messo al mondo, aveva creduto di essere nato una seconda volta, di aver avuto la sua seconda possibilità, lui al quale le seconde possibilità non erano mai state date.
John Deacon sentiva di aver trovato un amico.
Solevano fare lunghe camminate nel parco, Farrokh che parlava e John che ascoltava attento ed assentiva agli interrogativi dell'uomo più grande di lui.
Era un uomo estremamente intelligente e sensibile, Farrokh, era inoltre un ottimo pianista e aveva una voce che le schiere di angeli del paradiso avrebbero potuto solamente invidiare.
''Sono nato con quattro incisivi in più. Più spazio nella bocca, più estensione vocale, no?''
aveva detto durante uno dei loro discorsi, tra una boccata di fumo e l'altra.
John Deacon ascoltava attento e annuiva, sentendosi come rinato.
Un gioro però Farrokh non si presentò all'appuntamento.
John Deacon pensò che probanilmente aveva avuto un contrattempo e non pensò troppo alle cause di questo. Ma l'ironia della sorte volle che Farrokh non si presentasse nemmeno ai seguenti appuntamenti, lasciando la mente e lo stomaco di John Deacon in completo subbuglio.
Venne a sapere dal barista, un giorno che tornò in quel bar in Oxford Street, che il suo amico era malato e che non si vedeva più da molto tempo in giro.
Si rinchiuse così in casa, si rinchiuse in se stesso, con lo sconforto che accompagnava le sue giornate e il tragitto da casa sua al parco, con ancora accesa la flebile speranza di vedere Farrokh spuntare da dietro il grande ingresso all'area verde., urlando "tesoro, scusa se non mi sono fatto vedere" e allora John Deacon avrebbe preso il coraggio e gli avrebbe detto che gli era mancato e che le cose senza di lui nella sua vita non erano più belle.
Ma non accadde.
Nulla accadde.
Accadde invece che passando per una stradina secondaria vedesse un carro funebre di fronte ad una casa, in Logan Place al numero uno, con radunata una fitta folla di persone tristi, come lui prima di conoscere quello splendido uomo che lo aveva messo al mondo di nuovo.
Si avvicinò, allora, spinto da una strana forza che lo impose a dirigervisi.
La gente lo guardava.
La gente lo guardava e lui non sapeva.
Non sapeva nulla.
Non sapeva e non seppe finchè non vide il nome segnato al citofono di quella casa al numero uno di Logan Place.
E allora non ci vide più.

John Deacon non aveva mai ucciso un uomo.
Nulla lo aveva mai indotto a pensare di fare un gesto simile, né gli era mai balenato per la mente di voler uccidere qualcuno, tantomeno se stesso.

𝙏𝙄𝙈𝙀 𝙒𝘼𝙄𝙏𝙎 𝙁𝙊𝙍 𝙉𝙊 𝙊𝙉𝙀 - 𝘘𝘶𝘦𝘦𝘯Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora