𝑀𝑦 𝑀𝑒𝑙𝑎𝑛𝑐𝒉𝑜𝑙𝑦 𝐵𝑙𝑢𝑒𝑠 - 𝐴 𝐵𝑟𝑖𝑎𝑛 𝑀𝑎𝑦 𝑆𝑡𝑜𝑟𝑦

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𝑨𝒏𝒐𝒕𝒉𝒆𝒓 𝒑𝒂𝒓𝒕𝒚 𝒊𝒔 𝒐𝒗𝒆𝒓

𝒂𝒏𝒅 𝑰'𝒎 𝒍𝒆𝒇𝒕 𝒄𝒐𝒍𝒅 𝒔𝒐𝒃𝒆𝒓
𝑩𝒂𝒃𝒚 𝒍𝒆𝒇𝒕 𝒎𝒆 𝒇𝒐𝒓 𝒔𝒐𝒎𝒆𝒃𝒐𝒅𝒚 𝒏𝒆𝒘
𝑰 𝒅𝒐𝒏'𝒕 𝒘𝒂𝒏𝒏𝒂 𝒕𝒂𝒍𝒌 𝒂𝒃𝒐𝒖𝒕 𝒊𝒕
𝑾𝒂𝒏𝒕 𝒕𝒐 𝒇𝒐𝒓𝒈𝒆𝒕 𝒂𝒃𝒐𝒖𝒕 𝒊𝒕
𝑾𝒂𝒏𝒏𝒂 𝒃𝒆 𝒊𝒏𝒕𝒐𝒙𝒊𝒄𝒂𝒕𝒆𝒅 𝒘𝒊𝒕𝒉 𝒕𝒉𝒂𝒕 𝒔𝒑𝒆𝒄𝒊𝒂𝒍 𝒃𝒓𝒆𝒘

Brian se ne stava seduto da una parte, erano le cinque della mattina, la bella ragazza bionda non accennava a voler smettere di ballare, mentre lui, con la sua fredda birra in mano, la guardava con disinteresse.
Non era minimamente disturbato dal fatto che si trovasse in un gay club, e che quella bella ragazza in realtà nascondesse sotto all'imbottitura del reggiseno i pettorali non troppo mascolini.
Non era solito fare quelle cose, né mai aveva pensato di volerle fare, eppure era lì, a guardare gli esponenti dell'alta borghesia di Londra sbavare sudati, i visi dalle espressioni quasi febbrili, con le cravatte allentate e i pantaloni sbottonati, strusciarsi impunemente gli uni agli altri, con i pensieri soffocati dall'alcool e gli occhi offuscati.
Chissà se la mattina dopo se ne sarebbero ricordati, mentre baciavano le proprie mogli.
La televisione parlava di una strana malattia che si stava diffondendo a macchia d'olio e alla quale non si era ancora trovata una cura, ma a nessuno sembrava interessare.
Le sue lunghe dita intanto percorrevano immaginariamente la linea sottile che distanziava l'ombelico dal mento di quel ragazzo stanco, sotto l'effetto di qualche strana droga.
Probabilmente era anche malato, ma nessuno lì sembrava curarsene minimamente.
Ballava attaccato a quell'asta di metallo sporco con lo stesso attaccamento che aveva alla vita, il corpo leggiadro che sembrava avrebbe preso il volo da un momento all'altro, la pelle fin troppo bianca, il respiro affannoso, i capelli sudati sul volto, forse a nascondere l'occhio nero che, sicuramente, nessuno avrebbe notato.
Ma Brian sì.
Brian notava sempre tutto.
E quella era solo un'altra sera passata a bere come un disgraziato, con la differenza che ancora, alle cinque del mattino, era perfettamente sobrio.
Aveva passato quel suo tempo a rincorrere pensieri differenti, che avevano tutti uno stesso punto d'arrivo, sebbene non volesse ammetterlo a se stesso.
E se ne stava solo in disparte, a pensare al perchè, diamine, John avesse preferito andarsene con quello straniero, Farrokh, con la pelle olivastra e quattro incisivi in più.
Forse alla fine doveva andare così, lui nel club a bere birra, guardando uno sconosciuto ballare sul sottile filo della propria vita, tenuto tirato solo dalle pasticche che gli gonfiavano il viso, mentre John Dio solo sapeva cosa stesse facendo in quel momento, tra le braccia dell'avvenente Farrokh.
Era molto bello, quel ragazzo che ora sembrava più stanco, più debole, quasi sul punto di svenire, ma continuava con decisione il suo moto lento e soave, mentre uomini di ogni età infilavano bigliettoni sotto i suoi slip.
Forse, chissà, una volta doveva essere stato felice anche lui.
Se lo immaginava sempre sorridente, mentre fumava e passava il suo tempo chiacchierando di auto con qualche bella ragazza sulle ginocchia, tentando di reprimere il vero sé stesso, quello frocio e sensibile, soffocandolo con la maschera del compagnone amante delle donne, come aveva fatto una volta Brian.
E forse qualche volta dovevano anche essersi parlati, o solo guardati di sfuggita, per le stradine di Londra, durante le domeniche vuote, lui con l'ennesima bella ragazza, e Brian con John.
Non riusciva a toglierselo dalla testa, John. John che gli aveva spezzato il cuore per poi lasciarlo solo in quel tunnel triste che era tornata ad essere la sua vita, come quando ancora non lo conosceva.
E ora Brian aveva dannatamente voglia di fare sesso.
Così quando il proprietario del locale salì sul palco a chiedere chi avrebbe voluto giocare con quella ''attraente ragazzina'', Brian alzò la mano, senza sapere nemmeno lui il perchè, tentando di sopprimere quel desiderio azzardato e destinato a non venir considerato.

Ora si trovava nel sudicio privè del locale dalle luci soffuse. Il ragazzo biondo si stava spogliando svogliatamente e lo guardava quasi implorante, con uno sgurdo triste e solitario.
Aveva un'aria stranamente sofisticata, le dita erano quasi femminili e il corpo era decisamente troppo magro.
Brian non lo stava guardando, non sapeva nemmeno bene come funzionassero cose di quel genere, e rimase con lo sguardo a terra fino a quando non sentì la mano del ragazzo posarsi sulla propria. Non fece nemmeno pressione, era debole, ma aveva una forza di vivere che faceva spavento. Lo stava trascinando ora verso il divano sporco che fungeva da unico arredamento per quella sala spoglia, ed egli non oppose alcuna resistenza.
Il ragazzo lo fece sedere, e fu allora che Brian alzò lo sguardo.
Quello che vide non lo seppe descrivere.
Quel ragazzo aveva due bellissimi occhi blu, grandi, dalle ciglia estremamente lunghe. Aveva uno sguardo perso, come se sapesse di essere destinato a quello per il resto della sua vita, e si stava rassegnando ad accettarlo. Quello sguardo, però, diceva tanto, e sapeva tanto.
Brian non riuscì a muoversi e si lasciò guidare dalle mani gelide e ossute del ragazzo, senza veramente volere quello che stava accadendo.

Faceva molto freddo quella sera all'esterno, la musica arrivava soffusa dai pub nelle vuote strade di Londra, doveva essere qualche vecchia e malinconica canzone dei Beatles.
Ora Brian reggeva tra le mani il corpo debole di Roger. Si chiamava così, glielo aveva detto poco prima di addormentarsi. Gli aveva anche detto che aveva sempre voluto passeggiare per Londra di notte, magari insieme a qualcuno di speciale.
Lo teneva in braccio, come si portano i neonati o le spose, mentre dormiva tranquillo.
Raggiunsero le rive del Tamigi, che era stranamente calmo, l'acqua si muoveva lentamente, quasi a imitare il moto di una culla, come se il fiume già sapesse tutto ciò che avrebbe dovuto fare quella notte.
Brian non stava piangendo, Roger gli aveva detto di non farlo, eppure si sentiva in dovere di piangere, ai funerali si piange sempre.
Roger era ben coperto dalla giacca di Brian, non soffriva il freddo pungente di dicembre, non sembrava curarsene minimamente.
Brian non riusciva a pensare al fatto che quel corpo in realtà non stesse dormendo, Brian non immaginava neanche quanto letale poteva essere l'AIDS, eppure Roger non se ne accorse nemmeno, e forse fu un bene.
Fu un bene anche per Brian, perchè mentre lasciava il corpo senza vita di Roger alle cure del Tamigi, come gli aveva espressamente ordinato il ragazzo, non stava più pensando a John.

𝙏𝙄𝙈𝙀 𝙒𝘼𝙄𝙏𝙎 𝙁𝙊𝙍 𝙉𝙊 𝙊𝙉𝙀 - 𝘘𝘶𝘦𝘦𝘯Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora