𝐷𝑟𝑒𝑎𝑚𝑒𝑟'𝑠 𝐵𝑎𝑙𝑙 - 𝐴 𝑅𝑜𝑔𝑒𝑟 𝑇𝑎𝑦𝑙𝑜𝑟 𝑆𝑡𝑜𝑟𝑦

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𝒀𝒐𝒖 𝒎𝒂𝒌𝒆 𝒎𝒚 𝒍𝒊𝒇𝒆 𝒘𝒐𝒓𝒕𝒉𝒘𝒉𝒊𝒍𝒆 𝒘𝒊𝒕𝒉 𝒕𝒉𝒆 𝒔𝒍𝒊𝒈𝒉𝒕𝒆𝒔𝒕 𝒔𝒎𝒊𝒍𝒆

𝒂𝒏𝒅 𝒅𝒆𝒔𝒕𝒓𝒐𝒚 𝒎𝒆 𝒘𝒊𝒕𝒉 𝒂 𝒃𝒂𝒓𝒆𝒍𝒚 𝒑𝒆𝒓𝒄𝒆𝒑𝒕𝒊𝒃𝒍𝒆 𝒘𝒉𝒊𝒔𝒑𝒆𝒓
𝑮𝒆𝒏𝒕𝒍𝒚 𝒕𝒂𝒌𝒆 𝒎𝒆, 𝒓𝒆𝒎𝒆𝒎𝒃𝒆𝒓 𝑰'𝒍𝒍 𝒃𝒆 𝒅𝒓𝒆𝒂𝒎𝒊𝒏' 𝒐𝒇 𝒎𝒚 𝒃𝒂𝒃𝒚
𝑨𝒕 𝒕𝒉𝒆 𝒅𝒓𝒆𝒂𝒎𝒆𝒓'𝒔 𝒃𝒂𝒍𝒍

A quattordici anni la vita non va mai come dovrebbe andare, dei ragazzetti insulsi cosa ci avrebbero mai dovuto capire.
Erano innocui ed innocenti, belli e spigliati ed alle prese con emozioni del tutto nuove, così particolari da riuscire a cambiare da un giorno all'altro la loro percezione del mondo.
L'atmosfera bianca ed ovattata sotto le coperte mentre fuori pioveva. Gli occhi chiusi offuscati dalla chioma bionda su di essi. Era spettinato e stupito. Al suo fianco una pallida bellezza regolarizzava il respiro. Il cuore di entrambi andava così veloce da farli impazzire. Un tenero rossore sulle loro gote, gli occhi che non volevano incrociarsi, le mani che si cercavano così come i corpi, che non ne avevano ancora avuto abbastanza.

''Sono da solo a casa oggi'' tossiva Roger, la voce acuta nella cornetta del cellulare, con il dito percorreva il filo rosso del telefono fisso. ''pensavo che.. ecco avremmo potuto vedere un film, o roba simile..''.

Aveva un turbine di emozioni diverse in lui. Si sentiva il cuore scoppiare nel giovane petto. Non sapeva perchè, ma gli piaceva, eccome se gli piaceva. Aveva solo quattordici anni, le emozioni entravano potenti in lui fino a provocare una sorta di orgasmo, e Roger le lasciava fare. Dopotutto cosa ne sapeva lui, aveva solo quattordici anni. La voce dolce dall'altra parte del filo assentì, e Roger potè percepire il sorriso che l'altro stava facendo. ''allora a dopo''.
Non aveva la minima idea di ciò che arebbero fatto, lui aveva sedici anni, sicuramente i suoi discorsi lo avrebbero annoiato, eppure sentiva in qualche modo di appartenergli. Lui non lo chiamava 'femminuccia' come tutti quelli che lo vedevano una prima volta. Il loro primo incontro, a dire il vero, non se lo ricordava, ricordava solo di essersi perso in quei due grandi occhi e nel suo sorriso luminoso.
Ma ora ecco, lo stava aspettando seduto sulla poltrona di casa Taylor, le mani che torturavano un cuscino, la testa fitta di pensieri che premevano per venire fuori. Voleva dirgli tante cose ma era sicuro che, un secondo dopo averlo guardato negli occhi, si sarebbe dimenticato di tutto.
Dal canto suo, l'altro, non sapeva cosa andare a pensare. Quel piccoletto biondo lo faceva uscire di testa, era così bello ed innocente. Non credeva di riuscire a dare un nome ad una cosa così grande. Amore. L'amore lo spaventava. Lo spaventavano anche quei due occhi azzurri, così potenti, così fragili. Il sorriso del piccolo Roger. Le sue mani minute che sprigionavano una gioia di vivere inumana. Dio solo sapeva che pensieri avesse fatto su quelle mani. Lo eccitava da morire, gli trasmetteva un'energia violenta, lo avrebbe voluto tutto per se. Ma che ne poteva sapere uno come Roger, l'omosessualità, l'amore, il sesso, cosa ne poteva sapere. Avrebbe finito per giudicarlo come gli altri.
Si presentò alla sua porta con dei fiori blu oceano. ''non saranno mai all'altezza dei tuoi occhi, ma mi piacevano'' disse.
Come aveva previsto, le parole di Roger rimasero bloccate in gola, sul nascere, da una potenza straordinaria che gli intimava solo di guardarlo e di perdersi in quei due pozzi che aveva al posto degli occhi.
Il sedicenne si fece spazio nella casa e venne avvolto da un odore pungente, un odore tutto speciale, l'odore di Roger.
Era entrato in quella casa con la stessa naturalezza con la quale era entrato nella vita di Roger, ed ora si trovava lì, occhi negli occhi con quelli di quel ragazzino, il corpo da adulto e il viso da bambino, che avrebbe voluto baciare fino a consumarsi le labbra.
Non seppero dire ciò che successe dopo.
Non fu un bacio, fu un impeto di parole non dette, un gioco di sguardi, un cercarsi, un bramarsi. Il piacere di Roger che rimbombava tra le pareti bianche, le mani che giocavano con i capelli, i vetri semi appannati, la pioggia che cadeva, il fruscio dei corpi, le leggerissime gocce di sudore, i baci.
'Finalmente' sembravano dire.
L'atmosfera bianca ed ovattata sotto le coperte mentre fuori pioveva. Gli occhi chiusi offuscati dalla chioma bionda su di essi. Era spettinato e stupito. Al suo fianco una pallida bellezza regolarizzava il respiro. Il cuore di entrambi andava così veloce da farli impazzire. Un tenero rossore sulle loro gote, gli occhi che non volevano incrociarsi, le mani che si cercavano così come i corpi, che non ne avevano ancora avuto abbastanza.
Andò avanti così per giorni. Facevano l'amore tra le coperte, il freddo fuori, il caldo dentro.
Un giorno Roger gli disse, arrossendo come era solito fare quando esponeva uno dei suoi pensieri ''Portami nel mondo dei sogni... sarò puntuale e sarò vestito proprio bene. Mi amerai quando mi vedrai, non mi dovrò preoccupare e ti prego, ti prego prometti di non svegliarmi finché non è giorno''. Lui sorrise, annuì e gli baciò le tempie.
Poi un giorno scomparve. Roger non lo vide più.
Non avrebbe dovuto fidarsi dei sogni, del suo sogno, di quel ragazzo che lo aveva fatto vivere in quella visione onirica. Quello sprazzo di vita, la sua prima volta, il suo primo tutto. Ora si trovava a fare i conti con se stesso, con i suoi sentimenti e con il suo cuore che andava via a via consumandosi. Non fu semplice. Non fu semplice consumare le sue lacrime a ridosso del cuscino, quel cuscino pregno dei ricordi di loro. Oh, se solo avesse saputo.

Era cresciuto, Roger, ora aveva diciassette anni e conviveva con un dolore immenso da tempo. Non ci faceva più caso. Era diventato forte, Roger, non piangeva più.
Una notte che faceva freddo, lui ciondolava per la quarantaduesima, gli abiti puzzavano di alcool e fumo, aveva gli occhi offuscati dalle lacrime e dall'alcool. Si sedette, stanco, triste, frustrato. Era questo ciò che si aspettava? Aveva ancora impressi i ricordi puri della sua giovinezza. Gli sembravano così lontani, non gli sembravano nemmeno più i suoi.
Si voltò verso la luna, poi verso la strada. E fu lì che si accorse di qualcosa, o meglio, di qualcuno. Quel qualcuno era lo stesso che aveva bramato nelle notti di pioggia, le notti in cui pensava di più a quei momenti.
Quasi non cadde.
Ora vedeva, lo vedeva avvicinarsi, lo vedeva poggiare una mano sul suo viso, sussurrargli qualcosa, baciarlo. Piangevano entrambi, i cuori vicini, la testa pesante, le mani intrecciate, così come i pensieri.
''Oh, Brian, ora mi ci porterai nel mondo dei sogni?''

Prendimi tienimi
Ricorda ciò che mi hai detto
Che mi avresti incontrato nel mondo dei sogni
Ti incontrerò nel mondo dei sogni.

𝙏𝙄𝙈𝙀 𝙒𝘼𝙄𝙏𝙎 𝙁𝙊𝙍 𝙉𝙊 𝙊𝙉𝙀 - 𝘘𝘶𝘦𝘦𝘯Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora