𝑁𝑒𝑣𝑒𝑟𝑚𝑜𝑟𝑒 - 𝐴 𝐹𝑟𝑒𝑑𝑑𝑖𝑒 𝑀𝑒𝑟𝑐𝑢𝑟𝑦 𝑆𝑡𝑜𝑟𝑦

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𝑻𝒉𝒆𝒓𝒆'𝒔 𝒏𝒐 𝒍𝒊𝒗𝒊𝒏𝒈 𝒊𝒏 𝒎𝒚 𝒍𝒊𝒇𝒆 𝒂𝒏𝒚𝒎𝒐𝒓𝒆
𝑻𝒉𝒆 𝒔𝒆𝒂𝒔 𝒉𝒂𝒗𝒆 𝒈𝒐𝒏𝒆 𝒅𝒓𝒚
𝑨𝒏𝒅 𝒕𝒉𝒆 𝒓𝒂𝒊𝒏'𝒔 𝒔𝒕𝒐𝒑𝒑𝒆𝒅 𝒇𝒂𝒍𝒍𝒊𝒏𝒈
𝑷𝒍𝒆𝒂𝒔𝒆 𝒅𝒐𝒏'𝒕 𝒚𝒐𝒖 𝒄𝒓𝒚 𝒂𝒏𝒚 𝒎𝒐𝒓𝒆
𝑪𝒂𝒏'𝒕 𝒚𝒐𝒖 𝒔𝒆𝒆
𝑳𝒊𝒔𝒕𝒆𝒏 𝒕𝒐 𝒕𝒉𝒆 𝒃𝒓𝒆𝒆𝒛𝒆
𝑾𝒉𝒊𝒔𝒑𝒆𝒓 𝒕𝒐 𝒎𝒆 𝒑𝒍𝒆𝒂𝒔𝒆
𝑫𝒐𝒏'𝒕 𝒔𝒆𝒏𝒅 𝒎𝒆 𝒕𝒐 𝒕𝒉𝒆 𝒑𝒂𝒕𝒉 𝒐𝒇 𝒏𝒆𝒗𝒆𝒓𝒎𝒐𝒓𝒆

"E quel giorno, dentro ai tuoi occhi vidi chiaramente la risposta alla mia domanda.
'Mai più' mi dicevano.
Mormoravano, mi intimavano silenziosamente di andarmene da quella stanza e dalla tua vita. E così feci, all'apparenza.
Quel giorno uscii dallo scorrere imperturbabile e intatto delle tue giornate, ma tu rimanesti incarnito nella mia mente lucida, quello sguardo pallido, l'atmosfera soffusa e imprecisa, le tue mani che si muovevano da una parte all'altra di quella stanza tenue, come a volerne scalfire la superficie, cercando in qualche modo di lasciare una traccia, come a voler dire 'non dimenticarmi mai'.
E io, seduto su quel divano, assorto nei miei pensieri più pudici e impuniti, io ti pensavo un sacco e tu non lo sapevi.
Probabilmente ti eri dimenticato di tutto e io te ne ero grato. Sì, perché anche solo a ricordare quelle giornate di pioggia, quando l'odore caldo dell'asfalto ci inebriava di quel pizzicore alle dita, di quell'eccitazione inaspettata, a me doleva e duole ancora.
Non oso e non voglio in alcun modo immaginare la tua sofferenza e sapere di esserne stato in qualche maniera la causa.
Tu che eri sempre così sensibile, tu con lo sguardo attento, pronto a carpire ogni più piccola informazione. Tu che sorridevi nel vedere il vento che accarezzava le spighe di grano, e allora ti giravi e cercavi il mio sguardo. E non appena lo trovavi sorridevi puerile, nella tua sconfinata dolcezza di fanciullino attratto dalla vita e io ero grato alla Nascita e alla Morte, alle creature terrene e soprannaturali di poter assistere a quel movimento tanto scontato quanto puro e bello delle tue labbra. Si formavano allora delle piccole rughe al di sotto dei tuoi occhi vitrei, che socchiudevi impercettibilmente, e poi muovevi le mani in gesti tremuli e capaci di stordire, e Dio, eri talmente bello che ti avrei baciato.
Eri così docile, eri un soffio di brezza primaverile dopo il lungo inverno. Eri lo sbocciare delle rose, eri le foglie d'autunno. Eri l'orgasmo ed eri l'impudenza, eri il cerbiatto e il lupo, eri la costante mia voglia di cercarti e di perderti e di ritrovarti sempre sfoggiando il sorriso su quelle tue labbra perverse di bambino.
La tua pelle era bianca come la spuma delle onde del mare, era un perpetuo impulso a volerla tracciare, a volerla marcare, a volerla fare mia sotto i tocchi maestri che tanto languidamente bramavi.
Ascolta la brezza, ascoltami, non lasciarmi solo nell'abisso dei tuoi occhi, non perdermi nel 'mai più' che le tue labbra non pronunciarono mai.
E in fondo io lo sapevo che sarebbe finita in questo modo, sapevo che ciò che avevo in mano era un vaso di cristallo troppo fragile per me che ero un elefante.
Non seppi mai consolarti, non ebbi mai il coraggio di prenderti tra le mie braccia e spero vivamente che Lui¹ sia stato capace di farlo.
Spero che in Lui tu abbia trovato ciò che non trovasti mai in me.
Voglio però che tu sappia che dal momento in cui varcai per l'ultima volta la porta della tua casa precipitai nell'abisso della disperazione, quella di cui tu avevi così tanta paura, quella che ti faceva tremare le vene e i polsi al solo nominarla, e fremevi, in piedi, con lo sguardo perso.
Ora tutto mi è inconsistente, tutto tace, tutto è vuoto mentre io vorrei riempire queste mura di sconforto dei tuoi lamenti acuti, del fremere del tuo corpo e del rumore della tua pelle. Vorrei solo poterti guardare, cancellare quel 'mai più' violento e indecifrabile che distrusse il muro del suono senza emettere lamento alcuno.
E invece sono qui, a rimpiangere tempi trascorsi forse troppo in fretta, forse addirittura mai trascorsi per uno come te, che cercavi il buono in tutte le persone che ti trovavi davanti.
Ma lo sapevi dall'inizio che in me di buono ce n'era poco e niente. E quando te ne accorgesti ormai era tardi, ormai eri già succube delle mie attenzioni e tentavi, annaspando, di tornare in superficie, con il fiato smorzato e le caviglie graffiate dalle catene che ti tenevano ancorato al fondale.
Quando me ne andai la mia esistenza divenne più vaga e magra, la tua si riempì invece ancor più di 'buoni pensieri, buone parole e buone azioni', mentre tentavi di recuperare il tempo perduto.
Non sarei dovuto morire, probabilmente, ma sai com'è, le situazioni e le condizioni hanno permesso che tutto questo avvenisse. Che questa vita piano piano sfuggisse al mio controllo, subito dopo di te.
Non so se quello che facesti, il 'mai più' pronunciato mortalmente dai tuoi occhi chiari, fu per proteggermi dall'alone di dolore che mi avrebbe invaso alla notizia del tuo cancro. Ciò che so per certo è che non soffrii molto, alla fine, e da quello che so nemmeno tu.
La morte venne a trovarti in un pomeriggio di marzo, mi dissero poi, o forse lo captai di sfuggita da qualche frammento di dialogo di Lui, al tuo funerale. Mi sembra anche di vederti. Seduto in veranda, gli occhi chiusi e il tiepido sapore del sole e dei suoi raggi sul pallore della tua pelle, il cuore che all'improvviso si stancava di mandare sangue al cervello come tu ti stancasti di ascoltare il fruscio del vento. Allora sopraggiungeva la morsa fredda della Morte, che non ti aveva mai spaventato troppo, ma che era sempre stata per te causa di estremo sgomento e agitazione.
Per quanto ne so, io morii poco dopo, maggio, giugno forse? Non seppi mai con certezza la diagnosi, attacco cardiaco dissero i medici, dolore ripetei io come a fare da eco a quel tremendo errore pronunciato dalle labbra di dotti e sapienti che vedevano l'amore solo come una reazione chimica.
Ci illudemmo di poter fare tutto, ci illudemmo che la sofferenza non è che l'anticamera dell'amore eterno ma sai, John, non prendemmo mai troppo sul serio l'ipotesi della morte."

¹Lui: nella storia è inteso come il successivo compagno di John, il quale mi piace immaginare essere impersonato da Brian.

Salve, so che anche questa os è molto diversa dal genere di os che siete abituati a leggere, sia nella mia storia sia nelle altre. Il fatto è che dovevo scrollarmi di dosso il torpore che questa quarantena ha portato con , trascinandomi in uno stato di abnegazione alla scrittura e sconcerto totale, e quindi ho deciso di scrivere una sorta di 'lettera d'amore e d'addii' scritta dal nostro Freddie verso John.

𝙏𝙄𝙈𝙀 𝙒𝘼𝙄𝙏𝙎 𝙁𝙊𝙍 𝙉𝙊 𝙊𝙉𝙀 - 𝘘𝘶𝘦𝘦𝘯Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora