Capitolo 35 - I Fili Del Destino

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Patrick

Ero in aula professori intento a parlare con un mio studente del programma sportivo quando, alzando gli occhi, mi accorsi di lei. Entrò con la sua camminata sicura e decisa. Non guardava mai nessuno, non gli interessavano gli altri, sembrava quasi viaggiare in un mondo a sé. Non si accorgeva mai del sottoscritto, mentre io non riuscivo a fare a meno di seguirla con lo sguardo in ogni cosa che faceva.

C'era qualcosa in Vivienne che mi affascinava e mi attraeva, non era solo il proibito ma era qualcosa nel suo sguardo che mi calamitava e mi faceva desiderare di ottenere un poco della sua attenzione, della sua approvazione, e senza neanche pensarci mi ero ritrovato a essere vittima della sua ragnatela. Una ragnatela che si era conficcata ormai a fondo nel mio animo. Non mi bastava più essere un collega, non mi bastava più essere un amico o un amante, volevo di più. Volevo lei. Ma non sembrava voler fare eccezioni. Stavamo bene insieme e fino adesso avevamo passato dei momenti fantastici. Ero sposato certo, ma il mio matrimonio era già finito da anni e con mia moglie avevamo solo cercato di mantenere le apparenze insieme alla reputazione per nostro figlio. Quest'ultima non mi amava, né l'aveva mai fatto, e me ne ero reso conto troppo tardi. Non sapevo per quale motivo si ostinasse ancora a voler rimanere con me ma nei fatti eravamo quasi due estranei e l'unico motivo per cui facevo ancora ritorno nella casa che condividevamo era solo per mio figlio. Solo per lui.

Sentii il suo sguardo su di me. Sorrisi in automatico e lei mi sorrise di rimando, lasciandomi inebetito. Distolse lo sguardo quando un collega le si avvicinò per parlarle e allora cercai di tornare concentrato sull'alunno al mio fianco.

Era così ogni giorno: un gioco di sguardi continuo, mi divertivo a stuzzicarla perché sapevo che le davano fastidio le mie attenzioni durante le ore di lavoro. Eravamo sempre stati fin troppo cauti e il merito era soprattutto suo che sapeva mantenere perfettamente il controllo della situazione a differenza mia che invece mi sembrava di impazzire senza poterla toccare ad ogni minuto. Dovevamo sempre aspettare un momento libero per poterci trovare e non era sempre facile. L'attesa, così come la distanza che dovevo mantenere, me lo rendevano sempre meno sopportabile. Ero geloso di qualsiasi altro uomo le puntasse gli occhi addosso e ormai non me ne meravigliavo più perché Vivienne era di una bellezza unica, rara. Era la sua aura di mistero a irretire il cuore di un uomo: c'era qualcosa che la tormentava e col tempo avevo imparato a capirlo dato che non si sbilanciava mai in discorsi pericolosi e personali. Era brava a separare le emozioni da tutto il resto, forse troppo. E ne avevo avuto la prova questo weekend, infatti stavo ancora cercando di metabolizzare il fatto che era davvero finita. Difficilmente sarei riuscito ad accettarlo o a provare a starle lontano e non avevo intenzione di arrendermi. Non ancora.

La vidi uscire dall'aula a passo svelto e la seguii. E quando la raggiunsi, dopo aver controllato che non ci fosse nessuno nell'area attorno a noi, l'afferrai e la trascinai dentro un'aula vuota.

Si strattonò dalla mia presa adirata per la mia improvvisazione, poi distolse lo sguardo dal mio, perdendosi nei suoi pensieri: probabilmente a ripensare alle ultime parole che ci eravamo detti prima che me ne andassi da casa sua dopo il suo categ...

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Si strattonò dalla mia presa adirata per la mia improvvisazione, poi distolse lo sguardo dal mio, perdendosi nei suoi pensieri: probabilmente a ripensare alle ultime parole che ci eravamo detti prima che me ne andassi da casa sua dopo il suo categorico rifiuto alla mia proposta.

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