3. L'inizio - parte I

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Katie sedeva di fronte alla tomba dei genitori
«Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen. Che le anime dei fedeli che ci hanno lasciato possano riposare in pace grazie alla Tua pietà. Amen.» invocò il prete.
Per ordine del Signore di Valerian, tutti i corpi senza vita dei cittadini furono condotti a Valeria e la mattina seguente si eseguì la sepoltura, con inclusa una cerimonia sacra, all'interno del cimitero pubblico. I nomi furono scolpiti sulle pietre tombali usando il potere del sommo sacerdote, il quale aveva l'abilità di scovare, tramite le magia bianca, i nomi dei defunti.

Sylvia era in piedi accanto alla ragazzina, chiedendosi come sarebbero andate le cose da adesso in avanti. La coesistenza tra vampiri e umani non era affatto positiva, solo pochi mostravano un rispetto reciproco.

Spostò lo sguardo alla sua destra osservando il Lord e il terzo in comando, Elliot, parlare dei mezzi vampiri che erano stati catturati. Ritornò sulla ragazzina e senza accorgersene i suoi occhi si addolcirono di preoccupazione.
Portarla all'impero di Valerian era la scelta giusta? si chiese.
Un regno brulicante di vampiri non era esattamente il rifugio più sicuro per una umana, ma se non Valerian, dove sarebbe potuta andare la ragazzina?
Conosceva Lord Alexander da parecchio tempo ed era una delle sue poche amiche fidate. Lo conosceva bene ed era esattamente quello che la preoccupava; essendo figlio unico, Alexander aveva conquistato l'impero senza porsi il problema di chi avrebbe ucciso e, chiunque fosse il suo nemico non mostrava pietà.
Forse questo lo cambierà per sempre, pensò annuendo.
E se non fosse stato in grado di prendersi cura della bambina, lei ed Elliot avrebbero occupato il suo posto.

«Andiamo Katie» disse Sylvia, tendendole la mano, che lei strinse con calore.
Avevano passato un'ora nel cimitero, e a Ketie le si formò un nodo freddo allo stomaco ripensando ai suoi genitori.
«Puoi visitarli più tardi. Ogni volta che vuoi»
Con l'aiuto di Sylvia, Katie si alzò da terra.

Sua madre le aveva detto di essere forte e per quanto fosse doloroso cercò di trattenere le lacrime ma, sentiva che diventava sempre più difficile.
Katie alzò gli occhi per incontrare quelli di Sylvia, gentili e profondi. Le ricordava molto sua madre.
Sembra una brava persona, pensò Katie tra sé e sé.

«Oh mio... Questa piccola e adorabile bambina. Potrei mangiarti tutta» disse il terzo al comando mentre guardava la ragazzina camminare verso di loro.
«Vuoi essere decapitato, Elliot?» gli chiese il Signore con occhi socchiusi, come a metterlo alla prova.
Accanto a lui Elliot alzò le mani in segno di resa, non volendo insistere. Lui si chinò verso Ketie scoccando uno sguardo verso Sylvia
«Guarda il coniglio, così bianco, così invitante...»
A quelle parole Ketie strinse il coniglio più vicino al suo petto.
«Mi dispiace averti spaventata, stavo scherzando. Qual è il tuo nome, dolcezza?»
«Katherine» rispose lei, avvicinandosi sempre di più a Sylvia.

«Le carrozze sono qui» li informò Alexander, sentendo il rumore prominente delle ruote delle carrozze sul salciato a qualche metro di distanza.

Davanti a loro si fermarono tre carrozze trainati da cavalli. Il cocchiere smontò da cassetta per aprire loro lo sportello con un leggero inchino. L'uomo aiutò
Katie a salire che si sistemò sul sedile accanto a Sylvia mentre il Signore ed Elliott le sedevano di fronte.
Per qualche istante ammirò l'interno del veicolo, i rigonfi sedili di pelle imbottita, il legno pregiato.
Alexander, che le si era seduto davanti, picchiò sul soffitto con le nocche.
La carrozza si mise in moto con un lieve sobbalzo.

Katie guardò fuori dal finestrino per ammirare le rigogliose foreste di altissimi, maestosi alberi ricchi di foglie verdi che brillavano sotto i raggi solari.
Elliot e Sylvia stavano parlando di qualcosa per lei incomprensibile, quando sentì su di sé gli occhi del Signore.
Katie diede una veloce occhiata ai suoi occhi rossi, scuri come il colore del sangue, che la fissavano come pugnali affilati.
Distolse lo sguardo, cercando di convincersi che non c'era un vero pericolo e che niente poteva accaderle in quella carrozza.
Dopo qualche tempo passò una mano tra il morbido pelo del coniglio sul suo grembo.

Alexander la stava osservando appoggiato comodamente allo schienale del sedile.
Non importava la giovane età di un bambino, il carattere e la natura della sua persona  sarebbero stati sempre leggibili.
Anche quando stava per essere divorata da un vampiro, il suo atteggiamento mostrò grande preoccupazione per l'animale piuttosto che per se stessa. 
Nel corso della sua lunga vita si era imbattuto in molti umani ma nessuno di loro era riuscito a suscitargli curiosità.
Quella piccola umana, invece, era la prima.

Col passare dei minuti, improvvisamente sentirono il tonfo di qualcosa di pesante che cadeva in terra.
Tutti si guardarono tra loro con sospetto.
Con nessun preavviso un dardo si conficcò nel legno dell'interno della carrozza, vicinissimo al viso di Elliot.
Lui guardò fuori dalla finestra.
«Oh cavolo, abbiamo compagnia!» ma a quelle parole non poté trattenere un fremito di gioia.

Sylvia sfoderò qualcosa di scintillante da sotto il mantello, sollevata di essersi tolta precedentemente l'armatura pesante e ingombrante.
«I mezzi vampiri ci stanno seguendo e il cocchiere è morto» disse.

«Sylvia vai al posto di guida e portaci verso ovest, Elliot tu coprí i lati» ordinò Alexander lanciandosi con uno scatto verso i sedili posteriori e sporgendosi dalla finestrella.
Estrasse la pistola dalla cintola e mirò alla testa di uno di quei mostri.
Le frecce volarono dritte l'una dopo l' altra fendendo l'aria, a stento Elliot riuscì a schivarne una.

«Credono di essere nel medioevo?» sbraitò lui infastidito.
Caricò, prese la mira e premette il grilletto.
«Aggiornatevi»
Dalla pistola partì il primo colpo, poi il secondo, il terzo...

«Non sono semplici frecce. Senti l'odore nell'aria, sa di ruggine» spiegò Alexander sparando alla testa di due mezzi vampiri.

Una freccia lo colpí al braccio, proprio sopra il gomiti. Digrignò i denti e si strappò la freccia dal braccio, controllandone la punta precedentemente intinta di veleno.
Un veleno potentissimo, capace di paralizzare anche un vampiro.
Ma per loro sfortuna, lui non era un vampiro come tutti gli altri.

Lui era un purosangue.

I normali vampiri e i mezzi vampiri si nutrivano di sangue animale o di quello umano, i purosangue, invece, potevano alimentarsi anche del sangue dei vampiri, rendendoli le più grandi creature dell'intera gerarchia dei viventi.
Gli umani che si trasformavano diventavano mezzi vampiri ma le loro metamorfosi non sempre andavano bene, dato che nella maggior parte dei casi il corpo umano non riusciva a sopportare la pressione dei nuovi sistemi interni.

Alexander iniziò a domandarsi dove quel gruppo di mezzi vampiri avesse ottenuto le frecce avvelenate e il perché di quell'attentato immotivato.
Ce n'è sono troppi, qualcuno doveva averli trasformati, pensò lui tra sé e sé.

Dopo essere colpiti i mezzi vampiri diventavano grigi e il loro corpi iniziavano a disintegrarsi letteralmente e diventavano polvere, svanendo nell'aria in pochissimo tempo.
Però uno di loro era più veloce e più agile degli altri, apparentemente anche più intelligente dato il modo in cui evitava tutti i proiettili.

Elliot era talmente concentrato ad uccidere che non si accorse dell'irruzione nella carrozza da parte del mezzo vampiro.
Katie, che non sapeva cosa stesse accadendo, alla vista della sua bocca cosparsa di denti seghettati non poté fare a meno di urlare dalla paura.
Quell'assetato di sangue la prese per mano e saltò fuori dalla carrozza in movimento.

«Sylvia, ferma la carrozza!» gridò Alexander prima di saettare verso il mezzo vampiro che aveva preso la ragazzina.
Sylvia fermò la carrozza tirando le redini con violenza, Elliot scese dalla carrozza e combatté le creature colpendoli con calci, pugni e spari.

Sylvia prese una seconda pistola da sotto il mantello mentre tre mezzi vampiri si guardarono l'un l'altro sorridendo divertiti, osservando la donna sola e senza uomini che la aiutassero.

«Dio, odio quello sguardo» mormorò lei puntato entrambe le pistole verso i nemici.
«Vediamo chi sorride ora» disse tirando ambedue i grilletti.

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