Desire

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La noia. Quella era la parola d'ordine che lo tormentava da un periodo di tempo immemorabile. Anzi, da sempre. Non ricordava un periodo della sua vita in cui non fosse stato annoiato.

Mark Nass lavorava alle ultime pratiche, osservando il monitor del computer di ultima generazione, seduto alla sua modernissima scrivania nel suo ufficio all'avanguardia all'ultimo piano del suo grattacielo a Seattle.

Guardava quelle parole, seguendo i numeri con noia, leggendo ogni singolo carattere senza pensarci troppo, cercando di finire il più velocemente possibile quelle scomode pratiche per poi tornare alla sua vita.

Quella noiosa vita che Mark non sentiva appartenergli. Perchè poi lamentarai? Era giovane e bello. Uno scapolo tra i più ambiti, di bell'aspetto per i canoni americani. Ricco, a capo di una delle più importanti compagnie assicurative degli Stati Uniti, che con la sua leadership era riuscita ad imporsi sul mercato e a sottomettere i concorrenti. Cosa poteva desiderare di più? Aveva cosi tanti soldi che molta gente avrebbe dato soldi per avere tutto il suo denaro. Gente che avrebbe fatto carte false, corrotto e ucciso per sedere sulla sua poltrona. Ma lui quella poltrona non l'aveva mai voluta. Non aveva fatto alcuno sforzo per guadagnarsela. Era tutto frutto del suo nome, del suo sangue. Quel nome e quel padre cosi importanti gi avevano dato, per diritto di nascita, il potere di comandare su quel impero. Non c'era nulla di male infondo. Aveva studiato, aveva concluso i suoi studi, aveva avuto la sua brillante carriera da studente universitario, affiancato suo padre per alcuni anni e poi, come una iena, come un condor, uno di quegli spietati animali che si cibano delle carcasse di animali che qualcuno aveva faticosamente cacciato in precedenza, s' era seduto, al comando.

Era annoiato. Una vita troppo monotona, troppo inspida. Seguiva il lento scorrere delle cose, sempre con la stessa cadenza. Si alzava, svolgeva le sue normali mansioni, immerso nell'agio, nel lusso e nella sua bambagia, senza l'ombra di un imprevisto, senza che qualcosa si inaspettato o insolito irrompesse nella sua vita, facendogli per una volta assaporare il gusto della vera vita.

Guardava quel monitor troppo moderno perfino per fare rumore, o per commettere errori e pensava che la sua vita stessa era un susseguirsi di errori. Il fatto stesso che ogni cosa fosse cosi programmata al punto che nulla lo cogliesse impreparato, che nulla andasse storto , che nulla fosse distorto o ambiguo, fuori dall'ordinaria amministrazione, era tutto un dannato errore. Infastidito dai suoi stessi pensieri, troppo rumorosi per un ufficio cosi silenzioso, Mark spense il computer, deciso a non proseguire col lavoro della giornata. Se non poteva spezzare la sua monotonia almeno poteva concedersi quei piccoli capricci, quei colpi di testa.

Si accasciò sulla comoda sedia in pelle, lasciando cadere all'indietro testa e spalle, cercando di liberarsi da tutto lo stress. Si strofinò gli occhi, stanco per pensare e riflettere, svuotando la mente cercò di fantasticare su come impegnare il tempo appena guadagnato. Cosa poteva fare di folle quella sera.

Ben pochi amici occupavano la sua rubrica telefonica. Qualche ex compagno d'università, ormai scomparso, di cui faticava a ricordare il volto e si cui non sapeva più nulla e pochi intimi amici, anche loro ereditieri di industrie, aziende, label, magnati dell'economia o di qualche settore in forte espansione.

Gente che come lui era altrettanto annoiata. Tentava di ricordare qualche episodio divertente, qualcosa di interessante passato con quei fantomatici "amici". Qualcosa che stuzzicasse la sua mente. Forse era troppo arguto o ferse la sua mente era troppo vecchia rispetto alla sua età, ma le feste, i compleanni, i party estivi, non erano nulla di così interessante. Non erano più cosi eccitanti come lo potevano essere duro periodo di studio universitario. Un ricordo però stuzzicò impercettibilmente la sua mente. Qualcosa che per tanti era insignificante e che effettivamente lo poteva essere anche per lui, ma al momento, qualsiasi svago, qualsiasi sfogo, sembrava tremendamente eccitante. Come se fare due gradini fosse paragonabile ad un salto nel vuoto. Più ripensava a quel ricordo più effettivamente gli sembrava stupido.

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