Desire

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Finalmente aveva accettato. Aveva detto si. Non v'erano dubbi, era perfino salito sulla sua auto e adesso era ripartito con lui a bordo, verso il suo appartamento. Era eccitato all'idea di cosa avrebbe fatto con quel ragazzo. Aveva tante idee per la mente, una migliore dell'altra e allo stesso tempo una peggiore. Dipendeva dai punti di vista. Per lui sarebbe stato il più sublime dei giochi. Sarebbe stata la migliore delle serate, fuori da tutti gli schemi, fuori da ogni sua normale visione. Per quel ragazzo la serata poteva dimostrarsi un normale lavoro o il suo peggiore incubo. La cosa non gli importava più. Lo avrebbe pagato per il suo corpo, per il suo consenso e per il suo silenzio.

Si concesse uno sguardo alla figura seduta sul sedile del passeggero. Adesso erano vicini, la pioggia non offuscava più i tratti del suo volto e poteva distinguere ogni singola linea di quel volto fatato.

Gli sembrava innaturale che un ragazzo tanto bello e femminile all'apparenza potesse essere immischiato in una vita tanto miserabile. Lo guardava osservare con sguardo perso la città, la pioggia battere sul vetro dell'auto, con quegli occhi felini, indagatori. Sembravano cogliere ogni particolare, ogni luce ed ombra di quella grande metropoli, nascondendo dietro quelle ciglia una profonda tristezza.

Teneva le mani adagiate in grembo, l'una sull'altra, nel tentativo di scaldarle, mentre le gambe erano distese, allungate. I pantaloni erano stretti, fuori, al buio non li aveva notati, ma quei jeans erano estremamente aderenti e delineavano perfettamente la forma delle gambe di Tia. Lunghe, magre, longilinee. Due tronchi perfetti. Mark non poté fare a meno che umettarsi ancora una volta le labbra, passando la lingua più volte, guardando quelle lunghe gambe muoversi distrattamente. Semplici gesti, movimenti involontari, che distraevano mortalmente il ragazzo dalla guida.

- Non dovresti concentrarti sulla strada?- Chiese ad un tratto il più piccolo. Aveva notato lo sguardo del biondo su di sé. Come s'era soffermato sulle sue gambe, leggermente divaricate, strizzate in quei jeans skinny e la cosa lo fece ridere. Aveva anche lui qualche arma nel suo arsenale.

- Non ti preoccupare, in caso d'emergenza quest'auto ha sistemi di frenata all'avanguardia e se la situazione fosse drammatica è munita di airbag.- Gli rispose il biondo.

- Preferirei non arrivare mai a testare la resistenza della tua macchina all'urto e soprattutto, non vorrei scambiassi il cambio con... qualcos'altro.- Disse molto allusivo, forse un po' troppo. Però era nella sua natura.Era l'indole di Tia provocare il suo cliente, punzecchiarlo con quelle battute, tante di bassa lega, colpirlo sul vivo e renderlo nervoso se serviva. Eppure sospettava che con quel particolare cliente la sua tattica, il suo carattere difficile e capriccioso quella sera non sarebbero serviti a molto. Farai ciò che ti dico io" quella frase gli rimbombava nella testa, come un tamburo di guerra.

- Ahahah... tranquillo non ho alcuna intenzione di terminare in anticipo la serata.- Tornò ad osservare la strada, guidando verso il centro della città.Cercava di non farsi più distrarre da quella sinuosa figura al suo fianco, di non farsi ammaliare da quelle labbra semiaperte, eppure, più ci provava, più falliva.

Guardava quel ragazzo e il desiderio di possederlo cresceva, costante e soffocante. Sentiva che aveva bisogno di qualcosa, di un piccolo assaggio, anche solo minimo ed insignificante di quel fiore prelibato.

Se quel fiore era già stato colto, usato e passato da tante mani fino a capitare da lui, perché non approfittarne? Era suo diritto farlo no? Si sentiva schifosamente sporco a pensare di quel povero ragazzo in quei termini, ma non poteva pensare ad altro. Ne aveva bisogno. Ciò che era nata come un'idea per fare qualcosa di nuovo, adesso si stava trasformando in qualcosa di ben peggiore.

- Come ti chiami?- Chiese ad un tratto il biondo.

- Come?- Tia era distratto, non era pronto per rispondere a nessuna domanda e soprattutto mai nessuno chiedeva il suo nome, era un'informazione superflua.

- Avrai pure un nome o ti chiami "come"?- Chiese stizzito.

- Tia, mi chiamo Tia.- Rispose con un sussurro flebile.

- Tia...nome bizzarro...- Disse fra sé e sé il ragazzo e il silenzio tornò dominante tra i due.

- Togliti la giacca.- Gli ordinò poco dopo con tono secco. Spezzando il silenzio tra loro. Tia si voltò nella sua direzione, guardandolo per un secondo, spaesato. Stava ancora guidando, non aveva posteggiato ne nulla. Pensava che un uomo di quel genere avesse quantomeno la voglia di prenotare una stanza. Cinquanta mila dollari per una sveltina su un auto in corsa? Forse aveva altro in mente.

- Ho freddo non potrei...- Tentò di ribattere, ma venne immediatamente fermato.

- Mi sembrava d'essere stato chiaro. Farai ciò che ti ordino. Togli la giacca!- Ribadì Mark.

- Quindi abbiamo già iniziato... ok...- Tia tentò di rimanere nel suo personaggio, di mantenere la sua maschera di ragazzo sfacciato e sensuale.Era lui il provocatore, quello che metteva in difficoltà i suoi clienti con le sue movenze, con la sua sensualità, eppure quel Mark lo metteva dannatamente in soggezione. Tirò giù la zip della giacca, lasciandola cadere lungo le braccia e rivelando i miseri indumenti che indossava sotto. Un semplice maglione aperto e una canotta bianca, ormai consumati dal tempo e dall'usura. Si ripromise che una volta ottenuti quei soldi avrebbe comprato dei bei vestiti, non tantissimi, ma qualcosa di dignitoso da indossare sempre.

- Così va bene?- Chiese guardando il ragazzo ed aspettando qualche altra richiesta bizzarra. Mark non rispose. Ogni tanto lasciava che il suo sguardo vagasse dalla strada al corpo del ragazzo. Gli aveva imposto di togliere quel giaccone perché l'ingombrante volume gli impediva di testare com'era il suo corpo. Desiderava vederlo, vedere coi suoi occhi quale elegante figura si nascondesse, chi si celasse sotto quel pesante indumento. E lo trovò bellissimo, nonostante i vecchi stracci, nonostante la magrezza ed il pallore era davvero bello. Tanto bello da volerlo toccare, assicurarsi che fosse reale.

Allungò una mano verso il ragazzo, cercando di mantenere il controllo su troppe cose tutte insieme. Cercava di guardare la strada, ma guardava molto di più lui. Cercava di tenere il controllo sull'auto eppure la sua mano era corsa ferma e convinta verso il suo volto.

La pelle di Tia era fredda e bagnata, troppo tempo sotto la pioggia, senza riparo, al freddo, eppure conservava quella morbidezza che solo i fanciulli hanno. Un'innaturale morbidezza per un ragazzo di quella vita.

Passò le dita sul suo zigomo, sentendo la durezza dell'osso, per poi scendere sulla guancia, lasciando un tocco leggero, passando appena con i polpastrelli su quella pelle diafana. Raggiunse il collo, dove il suo tocco si fece più deciso, più audace. Lasciò la sua mano libera di vagare lungo quel pezzo di carne, di tastarne la morbidezza, di palpare ogni singola fibra di quella pelle, fino a farla arrossare. Tia teneva la testa all'indietro, lasciando il collo scoperto, come una vittima sacrificale che concede il suo corpo all'altare del Dio. Il suo respiro era sempre più pesante, ad ogni tocco sembrava gli fosse strappato via un po' di ossigeno dai polmoni, era qualcosa di maledettamente eccitante eppure lo stava solo toccando sul collo. I suoi movimenti raggiunsero il limite della sottile maglia e lì si fermarono. Avrebbe proseguito molto volentieri, strappando quel indumento fastidioso, lasciando che l'aria calda della sua auto accogliessero quel corpo tanto fragile.

Trattenne i suoi istinti, aveva tutta la sera per dar loro sfogo, per concedersi lo svago di una sera, non voleva bruciare le tappe. Aveva una sua idea in mente e gli piaceva da morire.

- Metti la mia giacca, è asciutta.- Gli disse. Tia questa volta non se lo fece ripetere due volte e allungò una mano verso il sedile posteriore, prendendo l'elegante cappotto e indossandolo. Il profumo di Mark lo avvolse l'istante stesso in cui chiuse il primo bottone. Un calore lo circondò all'istante, rilassando i suoi muscoli tesi. Era una bellissima sensazione, come cullati da una coltre calda in una notte fredda.

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