Incrocio di Destini

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25 ottobre 1914.

Leonie era, come sempre, seduta nel salotto, sulla sua sedia di velluto, incapace di fare qualsiasi cosa. La sua mente era in Francia, assieme ai suoi due figli, Shane e Norman. Il più vecchio aveva fatto avere sue notizie un paio di giorni prima, mentre del secondo non si avevano notizie da almeno due settimane.

George, il maggiordomo, le aveva giocato un brutto scherzo una settimana prima, quando credeva di aver visto Norman tornare dalla battaglia, nella sua divisa da soldato. Il suo secondogenito, però, non era arrivato, e insieme a quella notizia era sparito quel briciolo di buon umore che aveva pervaso Leonie per pochi momenti. Era ricaduta nel suo stato di apatia e preoccupazione, da dove non riusciva ad uscire.

Bussarono alla porta del salotto, anche se era aperta; la donna si girò per guardare chi stava disturbando la sua monotona giornata, e vide George con una lettera in mano. Lo sguardo del maggiordomo era cupo.

«È una lettera di Norman?» Chiese subito Leonie, speranzosa.

L'uomo scosse la testa. «No, è una lettera del Comando dell'Esercito Britannico...» rispose George, lasciando volutamente in sospeso la frase. Non sapeva cosa dire, non sapeva cosa pensare, eppure, in cuor suo, immaginava già cosa vi fosse scritto in quelle poche righe contenute in quella busta. Lo sapeva ormai da quando aveva visto Norman al di là del lago. O quello che rimaneva di Norman.

Leonie strappò al maggiordomo la busta, e, con mani tremanti, la aprì.

L'urlo che seguì alla lettura della lettera riecheggiò per tutto il castello; era straziante, seguito da singhiozzi incontrollati e un pianto inconsolabile. Era giunta la notizia che nessuna madre avrebbe mai voluto ricevere: Norman Leslie era morto in combattimento, nei pressi di Armentiéres, il 14 ottobre 1914.

La donna si buttò a terra, piangendo così forte, da far giungere nella stanza Patty, la moglie di suo figlio maggiore, che si trovava nell'altra ala del castello. Prese la lettera, che era caduta, poco distante dal corpo della donna, e la lesse. Non mosse un muscolo, ma lacrime silenziose iniziarono a rigarle il viso. Conosceva Norman da soli quattro anni, da quando aveva incontrato Shane, ma dai racconti del marito sapeva che i due erano molto legati, quel legame indissolubile che permetteva loro di capirsi con un solo sguardo. Si ridestò dai suoi pensieri dopo diversi istanti di torpore, si asciugò le lacrime e cercò di far alzare la donna, ancora a terra, scossa da singhiozzi che le sconquassavano il corpo. Si fece aiutare da George, la mise a sedere sulla sua sedia, era come un corpo morto, la testa poggiata sullo schienale, reclinata all'indietro. Continuava a ripetere il nome di Norman, una litania continua, senza sosta.

«Leonie, smettila per favore...» cercò di dire, flebilmente, Patty.

«Norman non c'è più!» Sussurrò la donna.

«Lo so, ma ti devi fare forza, nessuno te lo porterà più indietro. Norman sapeva a cosa andava incontro, ha servito il suo paese, è morto in battaglia, riceverà sicuramente una medaglia.»

Leonie alzò la testa, si asciugò le lacrime che le rigavano il viso, gli occhi erano rossi e incavati.

«Poco mi importa della medaglia» rispose la donna, sussurrando. «Scriverò a Shane, dirò lui di andare ad Armentières e di dare una degna sepoltura a Norman.» Si alzò dalla sedia e si diresse a passo incerto verso la sala da pranzo, si fece portare da George un foglio e iniziò a scrivere:

Monaghan, 25 ottobre 1914

Caro Shane,

Ciò che leggerai non può essere certamente una buona notizia. Non voglio girarci intorno, non voglio farti perdere tempo, è giusto che io arrivi direttamente al sodo. Se sei vicino ad una sedia, mettiti a sedere.

Il Fantasma di NormanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora