CAPITOLO 1 - PARTE 3 - BACIO AL BUIO

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SANEM

Ho indossato un abito lungo ed elegante, di un bel blu scuro. L'ho scelto perché la fantasia del tessuto mi ricordava un cielo stellato. E poi ha un lungo spacco davanti sul centro, fino alle ginocchia. Ho raccolto i capelli in un toupée morbido e ho lasciato delle ciocche libere lungo la circonferenza della testa. Con fatica ho messo i sandali rossi col tacco, anche se avrei preferito delle scarpe più comode, ma un abito così non avrebbe avuto giustizia con delle calzature diverse. Leyla stamattina mi ha obbligata a portare le décolleté in ufficio e a fine giornata i miei piedi urlavano pietà. Ho messo su un velo di trucco e sono scesa con Leyla.

Il taxi ci lascia all'ingresso del teatro dell'opera. Quando entriamo nel foyer, noto che è già gremito di gente. Ci sono cameraman ovunque. Deve essere qualcosa di veramente importante. In fondo 40 anni di attività non sono pochi.

Riconosco tra la folla qualcuno dei volti conosciuti stamattina. Appena intercetto CeyCey, mi separo da Leyla e lo raggiungo. Dopo esserci salutati, mi ricorda che i nostri posti sono sul blocco D. Sento il bisogno di andare un attimo al bagno, quindi lascio CeyCey e corro a liberarmi. Appena esco dai bagni, collocati sul fondo del foyer, avverto il riverbero del microfono dall'interno della sala. La presentatrice ha annunciato l'inizio della cerimonia. Mi affretto a raggiungere il mio palchetto D-2, salendo per la bellissima scala in legno e vetro che attraversa tutto l'atrio del teatro. Finalmente trovo il mio palco. Non sono poi così in ritardo, mi dico.

Entrando, trovo il piccolo spazio completamente buio: ad illuminarlo solo la debole luce del grande schermo collocato sul fondo del teatro. È iniziata la presentazione. Non vedo nessuno, non c'è CeyCey, non c'è Guliz, non ci sono altri impiegati. Accarezzo il muro per percorrere il perimetro dell'ambiente e non rischiare di ritrovarmi con le ginocchia a terra. Cerco di mettere a fuoco, ma non vedo anima viva. Possibile che CeyCey si sia sbagliato? O forse questa non è la sezione D? Continuo a guardarmi intorno e in basso, in platea, per trovare qualche volto conosciuto. D'un tratto sento arrivare un'ombra dietro di me. Si fa sempre più vicina. Ho un brivido di adrenalina improvviso. Sta venendo dritta verso di me, lo sento. Non ho il tempo di reagire, non faccio in tempo a parlare, ad andare via. E' un attimo. Senza preavviso, quest'ombra mi bacia. Sì, mi bacia. Le nostre labbra si toccano. E non è un bacio lieve. È un fulmine a ciel sereno. Un bacio improvviso, di due amanti che si conoscono, che si desiderano. Sento il solleticare della folta barba sul naso e sul mento. Le labbra di quest'uomo sconosciuto hanno un sapore divino: sanno di miele e di tè speziato e sono già una droga per me. Non riesco a staccarmene. Quel sapore mi ha già sopraffatto. Potrei restare attaccata a queste labbra morbide e calde tutta la notte. Mi accorgo solo allora, improvvisamente, che le mani dell'uomo sono sulla mia schiena ed erano già lì da quando mi ha afferrata e imprigionata: quelle mani salgono lentamente più su, con l'aumentare dell'intensità del contatto. Da quanto tempo siamo così? Un secondo? Un'ora? Una vita? Il mio corpo è rigido, non ne vuole sapere di ammorbidirsi, ma la mia anima è completamente persa. I sensi sono tutti in stato di allerta e all'improvviso non sono più in quel teatro, non sono in quello spazio buio. Sono in un posto sconosciuto, insieme a quest'uomo sconosciuto, eppure così familiare. L'odore di ambra, di salsedine e di muschio esalato dalla sua pelle mi ricorda posti lontani ed esotici e mi sta letteralmente mandando in estasi. Cosa mi sta succedendo? Sanem, non puoi restare immobile! Il tuo primo bacio ad uno sconosciuto, in un teatro, nel tuo primo giorno di lavoro? Sul serio?! Eppure sono completamente persa in quel bacio. Non sono più Sanem. Non quella di prima, almeno. La sua mano si sposta sul mio braccio e il contatto diretto della sua pelle con la mia mi provoca un brivido che dal braccio, mi arriva dritto al profondo delle viscere. Non so davvero come, ma riesco a trovare un briciolo di autocontrollo. Evidentemente anche per lui deve essere stato difficile. Ci stacchiamo all'unisono ma restiamo vicini. Il suo profumo continua a tenermi incatenata. Le sue labbra sono ancora vicinissime alle mie e la sua barba continua a solleticarmi il labbro superiore. Non riesco a vederlo negli occhi. La vicinanza altera le forme. Quanto vorrei dare un volto a quest'ombra che mi sta facendo impazzire! Lentamente mi stacco da lui. Lo sento inspirare profondamente e sento che, con quel respiro, si sta portando via un pezzo della mia anima. Ho ancora le sue mani grandi che cingono i miei fianchi: quando e come sono arrivate lì? Sento i battiti del suo cuore veloci, o forse sono i miei? Non posso distinguerli. Con fatica recupero un altro pizzico di autocontrollo, quel tanto che basta per separarmi di qualche altro centimetro dal suo viso. Inspiegabilmente mi ritrovo ad abbassare lo sguardo. Non ho più il coraggio e la forza di guardarlo negli occhi, di vedere i suoi lineamenti che, adesso, sicuramente saranno più nitidi, dato che la vista si è abituata all'oscurità. Ho paura che, se i nostri sguardi si incrociano, non vorrò più separarmi da quell'uomo. Noto un paio di calzature lucide eleganti. E' in quell'istante scappo via. Non posso fare altro. Devo allontanarmi da questo sogno. Ma certo, Sanem! "Sarà di sicuro uno dei tuoi sogni ad occhi aperti!". Mi rimprovera la mia voce interiore. Non può essere! Penso. Sento ancora la pelle d'oca e il suo odore addosso. Sento che quel profumo non andrà mai più via.

CAN

Polen deve essere già dentro. Salgo con trepidazione le scale del teatro. Non vedo l'ora di baciarla e sfogare tutto lo stress di oggi. È da tanto che non ci vediamo, ma il nostro rapporto va avanti così, da sempre. Al massimo, riusciamo a vederci due o tre volte l'anno. Non so nemmeno io perché porto avanti questa specie di relazione. Le voglio bene, abbiamo condiviso molte cose insieme e lei mi ha aiutato a superare momenti critici, ma non la amo. La verità è che non ho mai amato nessuno, perché non mi sono mai fidato abbastanza di nessuna donna. Con Polen c'è un legame speciale, ma di certo nulla di più. Se non sarà in questa, sarà di sicuro nella prossima occasione, ma non posso più aspettare: devo dirglielo. Non posso più andare avanti così.

Comunque adesso non ho alcuna voglia di tormentarmi con pensieri cupi. Ho solo bisogno di baciarla. Di scordarmi di tutto. Entro in fretta nel mio palchetto D-2 e la vedo di spalle, immersa nell'oscurità. La raggiungo senza esitazione. Non le dò il tempo di parlare, di reagire. La afferro per i fianchi e la attiro a me per baciarla. Appena le nostre labbra si toccano, mi rilasso all'istante. Un flusso di emozioni positive mi pervade... Un momento! Di chi sono queste labbra? Le mie narici intercettano un profumo paradisiaco, un odore che va dritto alle viscere. Non è di certo il profumo di Polen, quello lo conosco bene. Quell'odore non ha nulla a che fare con questo. Il profumo della pelle di questa donna sconosciuta è un'onda che mi travolge, mi fa bollire il sangue, arriva fino al cuore, ne accelera immediatamente il battito. Il tempo si è fermato, non so da quanto tempo siamo qui, non so nemmeno più dove sono. Questa donna, che al momento è solo un'ombra, mi ha portato lontano, molto più lontano di quanto io possa arrivare salendo su un qualunque aereo. Mi sento in un posto sconosciuto ma ho la sensazione di essere a casa. Il tepore delle sue labbra e quel profumo di fiori selvatici così unico, dolce, sensuale e intimo, mi stanno facendo volare. Perdo il controllo delle mani, che si muovono da sole. Percorrono l'incurvatura della schiena di questa donna, nel disperato tentativo di riconoscerla. La sento mia, ma non so chi sia. Avverto che ha la vita talmente sottile che posso quasi intrecciare le mie dita tenendola per i fianchi. La sento rigida, ma questo non mi fa desistere. Non riesco a staccarmi da lei. Perdo il controllo anche del cuore, oltre che del corpo e della mente. Batte furioso ormai. Vuole di più, anche lui. Una mano scivola sul braccio di questa sconosciuta: devo toccarla, devo sentire la sua pelle prima di lasciarla andare. Appena la sfioro, perdo anche la facoltà di respirare, sono in estasi. Potrei stare così per sempre. Non sono più io. Non sono il Can di sempre, e non sarò più lo stesso di prima. Devo staccarmi adesso o rischio di non poterlo fare più. Devo prendere fiato. Inalo profondamente e mi rendo conto subito che non dovevo farlo: ho l'impressione di succhiare via ogni goccia del suo profumo per farlo mio. Mio e solo mio, per sempre. Improvvisamente ho voglia di vedere il suo viso, di guardarla negli occhi, sento che per lei è lo stesso. Mi ritraggo di qualche centimetro, per dare un volto a quest'ombra. Ma lei china il capo. Perché? L'ho messa in imbarazzo, forse? Scappa via da me portandosi via un pezzo della mia anima, che comunque ha già fatto sua. L'ho persa per sempre. Sarà mia per sempre.

L'albatros e la fenice - Fan Fiction Erkenci KusDove le storie prendono vita. Scoprilo ora