Prologo

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Novembre 1994

Se solo avesse saputo che ad ogni azione corrisponde una reazione uguale o contraria, se solo avesse immaginato quanto, di conseguenza, l'impatto sarebbe stato potente, forte abbastanza da renderla indifesa, vittima della sua stessa forza distruttiva, inerme di fronte al disastro che aveva appena creato, forse quella ragazzina, stesa sola, al freddo, immobile nella neve , non avrebbe mai scelto quel giorno, quell'ora precisa, per rivelare tutta se stessa.

Perché se quella era stata la reazione, quanto enorme poteva essere stata l'azione che aveva scatenato tutto? Chissà quanto ci sarebbe voluto prima che la ragazza trovasse il coraggio di alzarsi, in cerca dei pezzi che aveva inavvertitamente appena perso nell'esplosione, in giro per quel bosco freddo e umido, che non aveva mai davvero visto se non ogni tanto, di sfuggita, da dietro una tenda semitrasparente, per puro caso, per errore. Li avrebbe poi, alla fine, ritrovati davvero quei pezzi?

Se solo l'avesse saputo, quella ragazzina troppo grande per sembrare una bambina, troppo magra e mingherlina per sembrare una donna, non avrebbe mai osato credere che quella fosse la sua unica scelta, la sua sola possibilità, la via corretta da percorrere. Che cosa poteva saperne, in fondo, di ciò che era giusto e ciò che era sbagliato, lei, che di giusto pensava di non aver mai fatto niente? E ancora una volta la sua teoria era stata confermata, altrimenti non c'era motivo per trovarsi ora lì, tremante nel suo camice bianco che doveva fornirle la terribile scusa di un capo d'abbigliamento, di un vestito che le avevano insegnato dover portare con orgoglio perché solo lei, in quell'edificio, poteva indossare. Doveva per forza aver sbagliato un'altra volta, non c'era altra spiegazione.

Se solo l'avesse saputo, sarebbe rimasta ferma e zitta, al suo posto, dov'era sempre stata, esattamente come le avevano insegnato. Lì, dove niente avrebbe mai potuto toccarla, né sfiorarla, né farle del male. Al sicuro, ma a quale prezzo? Nessuna gabbia è grande abbastanza da non farti sentire prigioniero, ma se fuori da quella gabbia sei esposto ad ogni pericolo e non hai i mezzi per difenderti, a quel punto, cos'è meglio?

Il problema è che quella ragazza non aveva nemmeno mai pensato a cosa effettivamente avrebbe potuto provocare la sua voglia di libertà, il suo capriccio, come lo chiamavano gli altri. Non aveva pensato che, uscendo da quell'incubo per la prima volta nella sua vita, sarebbe entrata in un mondo che mai aveva esplorato, mai aveva respirato. E ci sarebbe entrata all'improvviso senza più nemmeno se stessa, perché i pezzi non aveva più il coraggio di alzarsi per cercarli. Non l'aveva più da quando aveva capito che le sue gambe erano troppo stanche, i piedi troppi doloranti, i muscoli troppo congelati dal freddo pungente di quella cosa bianca che lei non aveva mai visto ma che la circondava interamente in un bianco infinito ed accecante, cadendo su di lei in fiocchi grossi e veloci, senza sciogliersi quando si posavano sul terreno e sul suo corpicino gelido. Lei la neve non l'aveva mai vista, mai sentita sulla pelle. Ma cavolo, se l'aveva immobilizzata sul terreno doveva essere davvero impietosa, così bianca e candida da lasciarla confusa, come dentro ad una nuvola, o ad un sogno non troppo bello. Faceva troppo freddo, doveva essere l'ennesimo errore. Le palpebre erano troppo pesanti, il suo corpo troppo stanco. Non era così che l'aveva immaginato, ma a pensarci bene, non si ricordava neanche più come l'aveva immaginato. Allo stesso modo, non ricordava di preciso lì come ci fosse finita, come ci fosse arrivata. Piano piano, si accorse che non si ricordava neanche il perché.

Se solo l'avesse saputo, la ragazzina non sarebbe mai uscita dalla sua maledetta gabbia, che alla fine, era davvero una gabbia? Era davvero così male? E poi, perché si trovava in quella gabbia dalla quale era stata disposta ad autodistruggersi, pur di scappare? Forse il problema era davvero lei, ma come poteva essere?

A tutte quelle domande, la ragazza non riusciva a darsi risposta. E più aumentavano le domande, più diminuiva la sua capacità di ricordarsi cosa stesse facendo, ancora ferma nel freddo, o dove avesse avuto in mente di andare. L'ultima domanda prima di cedere e soccombere al suo destino, fu "ma se solo l'avessi saputo, l'avrei davvero fatto ?" E a quella domanda, la ragazzina si rispose che no, non l'avrebbe fatto. Perché ora era sola, sola senza neanche se stessa, ed immobile in un luogo che non conosceva.

Ma tra le tante cose che la ragazza non sapeva, una prevaleva sulle altre, silenziosa e discreta, ma più potente di quanto mai avrebbe potuto immaginare: che se da quel posto non avesse mai provato ad uscire, forse non avrebbe mai scoperto quanto irrefrenabile fosse la sua forza, quanto infinita la sua voglia di vivere, quanto grande il mondo, e soprattutto, quanto dolce l'amore.

Perché forse, alla fine, uscendo da lì la ragazza non si sarebbe aspettata tutto quel trambusto, ma quello stesso trambusto l'avrebbe portata a conoscere chi avrebbe potuto aiutarla, chi senza saperlo l'avrebbe salvata dalla sua prigionia, dandole il coraggio di rialzarsi per cercare quei pezzi che lei aveva perso, per cercarli insieme. Quel trambusto l'avrebbe portata a lui.

Perché forse, alla fine, quello era stato da sempre il motivo nascosto per cui se n'era andata, e forse, alla fine, le coincidenze non erano mai davvero esistite.

L'importante era solo ricordaselo.

Lights Up, Do You Know Who You Are?

✨✨✨

Buona sera, lettori!
Ehm, eccoci qui 😅

Non so cosa dire di preciso, forse soltanto, che ne pensate? Avete alcune idee? È un prologo molto corto, ma credo racchiuda bene l'idea di Lights Up. Sono curiosa di sapere cosa ne pensate voi, non avete davvero idea di quanto sia importante e spaventoso allo stesso tempo, per me, cominciare un progetto solo mio.

Quindiiiii insomma, ditemi la vostra 😊 e non dimenticate di stellinare 🌟 se vi è piaciuto!

A presto, Noe xx

Lights Up || MilevenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora