Era una fredda sera autunnale quando Sherlock fece trapassare con non troppa delicatezza il coltello attraverso le bollette non ancora pagate poste accanto al teschio.
In quel periodo i casi scarseggiavano, sembrava quasi che Londra fosse diventata uno di quei piccoli paesini dove i crimini di più spessore sono rappresentati da piccoli furti nei mercati cittadini.
Sherlock si passò una mano fra i ricci, sbuffando, e con fare nervoso agguantò il suo violino, intonando una melodia malinconica.
Dopo un periodo di tempo indeterminato il lucchetto della porta d'ingresso cliccò, annunciando l'arrivo di qualcuno. Quasi come una macchina Sherlock posò di scatto il violino e si diresse verso la persona che aveva appena varcato la soglia di casa."Bentornato John.", gli disse quasi dolcemente, afferrando poi le buste della spesa che l'uomo sorreggeva. "Come è andata a lavoro?"
John si tolse il cappotto e ringraziò mentalmente Sherlock per averlo privato di quel peso.
"Tutto ordinario, solo un paziente mi ha dato del filo da torcere per quanto fosse testardo." ridacchiò sommessamente.
Uno sbuffo che mirava ad essere di divertimento uscì dalle narici del moro, mentre con fare svelto disponeva gli articoli acquistati dal biondo nei rispettivi mobili.
"Vai a farti una doccia e mettiti comodo, qui ci penso io, tranquillo." disse quindi Sherlock, ricevendo un -grazie- come risposta.
A lui non stava bene che a fare tutto il lavoro fosse solo John. Si sentiva costantemente in debito con lui dal momento che con il suo mestiere da investigatore non stava racimolando nulla in quel periodo.
Cercava quindi in tutti modi di mettere John a suo agio, si comportava in modo premuroso con lui e nonostante si penserebbe il contrario, stava provando ad organizzare meglio tutti i suoi averi sparpagliati in giro.
In più non mancavano i messaggi giornalieri a Greg per ricordargli di avvertirlo appena un nuovo caso si sarebbe presentato.
Si stava impegnando davvero tanto in modo da non essere un peso ulteriore per il biondo.Quando ebbe finito di sistemare i prodotti, prese due porzioni dei cibi precotti di cui ultimamente facevano uso e le adagiò nel microonde, preparandole.
Pochi minuti dopo il macchinario cominciò a far risuonare dei suoni acuti per l'appartamento, quindi Sherlock lo spense e ne prese i pasti precari dall'interno.
Li adagiò sul tavolo e li coprì con dei piattini di plastica, in modo da conservarne il calore più a lungo.Fu questione di minuti che John uscì dal bagno e si unì a Sherlock in salotto. Quest'ultimo si diresse verso il biondo che aveva ancora i capelli umidi della doccia.
"Ho preparato... beh, riscaldato la cena." aggrottò le sopracciglia. "John... mi dispiace, davvero, ti prometto che fra poco tempo torneremo a mangiare come persone decenti..." continuò quindi con un'espressione triste.
John sorrise, sapeva cosa passava per la mente del piccolo detective, lo aveva capito già da un po' di tempo. "Hey, Sherlock, ascoltami." cominciò il discorso avvicinandosi al più alto. "Non mi importa di cosa mangiamo, non mi importa di andare a lavorare, non mi importa che non hai casi e che al momento non puoi dare una mano economicamente. È un brutto periodo Sherl, sono cose che capitano. Ma non importa e sai perché? Perché siamo Sherlock e John, andiamo! Siamo più forti di tutto ciò. Ne abbiamo sopportate di situazioni difficili, questa è solo una delle tante. Non mi pesa più di tanto il fatto di mangiare cibo precotto o di avere una pila di bollette che ancora dobbiamo pagare, perché siamo insieme.
So per certo che supereremo questo momento perché lo sto affrontando con la persona più importante della mia vita.
Grazie per tutto e stai tranquillo che io sto bene, ti amo Sherl."Due lacrime rimasero a penzoloni sugli occhi di Sherlock, rischiando di cadere da un momento all'altro.
Era rimasto senza parole, non si sarebbe aspettato una risposta del genere.John si avvicinò a lui e lo strinse in un abbraccio che non fu subito ricambiato dal momento che il moro era ancora scosso.
"Ti amo anch'io, John..." rispose poi con voce flebile, stringendo il corpo del più basso contro il proprio.
John portò le mani fra i ricci del moro, scompigliandoli dolcemente prima di lasciargli un bacio a fior di labbra.
"Che dici, ceniamo?" chiese poi, iniziando a distaccarsi dal corpo del più alto che velocemente lo riprese fra le braccia.
Sherlock poggiò le mani ai lati del collo del biondo unendosi a lui in un tenero bacio, più lungo e dolce del precedente; quel bacio, semplice com'era, racchiudeva tutto l'amore che Sherlock provava nei confronti di quel piccolo dottore dagli occhi vispi. Era così grato di avere al suo fianco John Watson.
Piccolo spazietto personale~
Sono tornata dopo tanto tempo... devo dire che mi ero proprio dimenticata di questa storia.
Poi un giorno, riaprendo wattpad dopo tanto tempo, mi sono imbattuta in questo libro ed ho sentito un po' di nostalgia, da ciò la decisione di scrivere ancora qualcosa e non abbandonare del tutto questa raccolta.