Capitolo uno.

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Per almeno un paio di secondi, quella frase rimbombò nella mia testa tramutando la mia sicurezza in paura che, forse, era pure fin troppo visibile. Con uno sconosciuto dentro casa non avrei più potuto fare outing e, tra l'altro, era il ragazzo della mia sorellina! Lei aveva solo sedici anni: era troppo giovane per addentrarsi nell'amore che ti dona tanti momenti belli quanto brutti. Quel sentimento era sempre stato la mia più grande paura poiché aveva fatto disperare i più grandi poeti ed aveva spento il sorriso innocente di giovani dal buon cuore e con un cassetto colmo di sogni.
Sospirai sonoramente, lasciando che il mio respiro fuoriuscisse non solo dalle narici ma anche dalla mia bocca sottile, sperando di eliminare quei ragionamenti e concentrarmi sull'ospite voluto da tutti, ma non da me. Mi voltai completamente con il corpo magrolino verso il suo, creando sul mio volto il sorriso più falso che avessi mai potuto mostrare prima di tendere la mano verso il suo busto coperto dal maglioncino beige, aspettandomi che questo ricambiasse il mio gesto. In risposta ricevetti semplicemente un cenno del capo, colmo di riccioli ribelli color marrone scuro; quindi ritrassi il palmo, riponendolo all'interno della tasca dei miei jeans verde acqua, dirigendomi a passi lenti verso mia madre intenta a guardare tutti i presenti con un sorriso stampato sul volto.
Di sicuro non sarebbe stata ugualmente gioiosa se avessi annunciato la mia "diversità".
Appena appoggiai l'attenzione delle mie iridi color blu come l'oceano profondo ed inesplorabile sul tavolo che a malapena si intravedeva tra le figure dei miei familiari notai che, diversamente dagli altri giorni, era abbellito con fiori e centrotavola fatti a mano dalle mie sorelline; sopra la tovaglia dava bella mostra di sé, il servizio preferito di mia madre: quello argentato che rispolverava solo a Natale.
Mi era difficile da comprendere il perché di tutto questo: Harry era solo il ragazzo di Lottie; il primo di una lunga serie, vorrei aggiungere. Preferii non esporre la mia teoria e sedermi con il fare di un elefante al mio solito posto a sinistra del mio patrigno, mentre l'intruso si sedette, con l'eleganza di un giaguaro, al mio fianco, seguito a ruota da mia sorella.
La cena, o meglio, la tortura, durò un'ora ed era un susseguirsi di portate enormi colme di cibo riproposto in tutte le salse possibili, quasi da far venir la nausea. Sembrava il pranzo di Natale anticipato di quindici giorni.
A fine pasto, appoggiai entrambi i gomiti, coperti dal tessuto del mio maglione, sulla tovaglia color rosso acceso, mentre le mie orecchie erano impegnate ad ascoltare i noiosi discorsi della mia famiglia e del nuovo arrivato.
«Quindi, come vi siete conosciuti?»
Fu la voce squillante di mia madre ad interrompere l'interminabile conversazione basata sulla crisi che adesso incombeva sul Mondo. Sul volto del ragazzo apparve una smorfia ben evidente, che mi fece ridere silenziosamente, mentre mia sorella appoggiò entrambi i palmi della mani dalle unghie viola sul tavolo con un sorriso smagliante. Dovevo ammettere che il dentista aveva lavorato bene: possedeva proprio una bella dentatura...soldi ben spesi.
«Ci siamo conosciuti mentre stavo al parco con le mie amiche, tre settimane e tre giorni fa'. Lui cercava una sigaretta e quindi ne chiese una a me ed io..» notai l'occhio di mia madre cominciare a battere velocemente per l'irritazione nascente da quella parte del racconto, vista la sua notoria avversità al fumo...ma mia sorella non aveva ancora concluso il discorso e fortunatamente si salvò da ciò che avrebbe potuto essere la fine della sua vita. «E niente, non gliel'ho data perché, come sapete, non fumo. Poi lui mi ha chiesto di prendere un caffè assieme. Non lo trovi bellissimo, mamma?»
Mentre mia sorella era splendente in volto, come se stare con quel ragazzo e poterlo elogiare davanti a tutti fosse la cosa più bella del mondo, Harry sembrava annoiato ed immerso nei suoi pensieri che sicuramente erano più interessanti dei discorsi della mia famiglia. Come biasimarlo? Ammirare ogni dettaglio del bicchiere dinanzi a lui, era mille volte più piacevole che stare ad ascoltare quelle frasi scollegate tra di loro che formavano un flusso interminabile di conversazioni senza un contenuto stimolante. L'attenzione del giovane però, venne subito riconquistata appena mia madre mormorò con tono dolce e più rilassato:
«Lou, tesoro mio, non dovevi dirci qualcosa d'importante oggi?»
A quella frase, oltre a notare gli smeraldi di Harry brillare dall'interesse, sentii gli occhi di tutti puntati su di me ed il sudore grondare dai miei pori mentre le mie mani cominciavano di già a tremare dall'ansia. Il mio cuore era inarrestabile in quel momento. Riuscivo solo a balbettare.
Il ragazzo accanto a me, notando la mia tensione allungò il suo braccio, dai bicipiti allenati, verso il mio avambraccio, avvolgendolo delicatamente con le dita magre e lunghe, strusciando con fare lento il pollice mentre mi guardava intensamente negli occhi. Fu in quell'istante che l'oceano inesplorabile venne a contatto con la speranza di essere esplorato un giorno. Il blu ed il verde, colori talmente simili con una storia diversa alle spalle. Rimasi immobile, perso in quelle iridi bellissime per qualche istante, come uno sciocco, mentre le labbra piene e rosse del ragazzo si muovevano con fare rilassato e stavano ora mormorando una frase con tono roco e lento:
«Louis non devi sentirti in imbarazzo solo perché ci sono anche io a tavola, se preferisci me ne vado in un'altra stanza.»
Nelle mie orecchie rimase impressa l'eleganza con cui pronunciò il mio nome, con il suo accento da tipico inglese di buona famiglia; quel ragazzo era un'arma letale. Percepii uno strano bruciore allo stomaco, forse causato dall'ansia e dal pollice del giovane che si strofinava impertinente contro il tessuto del mio maglione e, visto che non riuscivo più a sostenere tutti quegli occhi e la curiosità, alzai i miei glutei dal legno della sedia di ciliegio con uno scatto, causando anche un gran trambusto con lo spostamento del mobile prima di allontanami a passi fulminei, salendo le scale dai muri colmi di fotografie e quadri, recandomi finalmente davanti alla porta che manteneva nascosta la mia meta. Protrassi il braccio verso la maniglia dorata, avvolgendola con le dita e percependone il freddo prima di far pressione verso il basso in modo d'aprirla lentamente, ben sapendo che nessuno si sarebbe disturbato ad alzarsi per raggiungermi.
Percorsi le mattonelle quadrate ed azzurre con piccoli passi svelti prima di trovarmi dinanzi al marmo bianco del lavandino, anche questo freddo. Mi ci appoggiai con entrambi i palmi delle mani alzando il mio volto spento e magro in direzione dello specchio, mantenendo gli occhi chiusi e cercando di ristabilire il controllo e la calma. Dovevo assolutamente fare coming out nell'arco della giornata, la mia vita era organizzata minuto per minuto e quel ragazzo non poteva mandare a fumo i miei piani.
Sussultai dalla paura appena un peso morto si appoggiò sulla mia spalla e mi voltai istintivamente spalancando gli occhi con il cuore in gola, ma la prima cosa che le mie pupille riuscirono a rilevare furono dei ricci scompigliati, collocati lungo la fronte della persona ora in piedi davanti a me. Grazie al mio intuito capii immediatamente che il disturbatore era il ragazzetto di mia sorella, quindi sbuffai sonoramente, liberando l'aria dalle mie labbra meno carnose delle sue prima di mormorare, con tono infastidito e leggermente acuto:
«Che ci fai qui? Se ti hanno mandato per convincermi a parlare e a tornare, sappi che la tua è una causa persa.»
Il volto del ragazzo si dipinse di una risata rumorosa che fece vibrare il suo petto mandomi in confusione, non gli avevo di certo appena detto una battuta, non aveva motivo di reagire così ma poi i miei dubbi vennero placati dalla sua risposta pronunciata con tono roco e divertito che creò un vuoto nel mio stomaco a causa del suo modo di fare fastidioso.
«Sono solo venuto qui perché, come ogni altro essere umano, produco sostanze liquide che vanno assolutamente liberate, altrimenti potrei esplodere e quindi, ti chiedo gentilmente di liberare il bagno affinchè io possa fare i miei bisogni visto che ci sono altre stanze nelle quali è certamente possibile coltivare la tua ansia.»
Appena il giovane terminò la sua frase, strinsi i pugni, sentendomi anche in imbarazzo per aver frainteso le sue intenzioni. Quindi, con gli zigomi accaldati, mi voltai dando le spalle al ragazzo prima di uscire dal bagno ed in quel momento percepii il riccio alle mie spalle affermare con tono divertito e sincero:
«Bel culo, Tomlinson.»

The boy next door.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora