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CAPITOLO DUE. BENTORNATO A CASA, ONEIRON CAIRNS
«Ouch» soffiò Oneiron, gli occhi ancora ben sigillati e una smorfia dolorante sulle labbra secche, le lunghe gambe scheletriche allungate sul sedile imbottito della carrozza e il torso sottile in grembo alla sorella.
«Ben svegliato» lo salutò sommessamente quest'ultima, abbassando il viso paffuto verso il suo, senza smettere di passargli le dita tra gli indomabili capelli nodosi e umidi di sudore. Il giovane le allontanò la mano con un gesto stizzoso, prima di mettersi a sedere – non senza una certa fatica – e scivolare contro la portiera – chiusa a chiave.
«Temevi mi gettassi da una carrozza in corsa?» la interrogò, grondante sarcasmo e senza mai incontrare il suo sguardo, le nocche ossute che tamburellavano fastidiosamente contro il piccolo finestrino fumé.
Fuori pioveva ancora l'ira divina, ma questo certo non impediva agli abitanti di Inverness di avventurarsi per le sue strade acciottolate, armati di grossi ombrelli dalle tonalità tetre. Quella era la Scozia, dopotutto, e la maggior parte della gente si sentiva a disagio quando non diluviava.
Grasse gocce iridescenti si abbattevano sul tettuccio in legno del mezzo su ruote, creando un ritmo ripetitivo, insistente, che dava quasi ai nervi. Toc toc toc toc
Irida prese a muoversi scomodamente sul posto, ma non disse nulla e si limitò a un gran sospiro. Si era mentalmente preparata a un trattamento simile da parte del fratello, ma, in cuor suo, sperava comprendesse le sue azioni, egoiste solo in minima parte.
«Ne sareste perfettamente in grado, signorino» provenne invece una voce sottile dal sedile opposto.
Oneiron sussultò, lasciò ricadere la mano con la quale stava tracciando ghirigori immaginari sulla condensa del vetro e aguzzò gli occhi eterocromatici nell'afosa penombra dell'abitacolo. Lì, vestito completamente in nero e con la pelle tanto diafana da parere traslucida, l'albino-scagnozzo della sorella maggiore lo stava fissando con il suo solito modo indifferente, ma estremamente saccente.
«Buongiorno, Mythos, vorrei poter dire che è un piacere rivederti, ma mi hai pur sempre colpito in testa.»
«Niente di personale, signorino» commentò, atono, l'uomo. E avrebbe tranquillamente potuto iniziare a studiarsi le unghie ossessivamente curate, tanto era il suo disinteresse per quella stringata conversazione.
«J'en suis sûr(1)» brontolò il ragazzo, prima di rannicchiarsi contro il sedile in pelle nocciola e inspirarne il profumo di tè verde e cetriolo, la fragranza prediletta da Petra Cairns.
«È per il tuo ben-» provò a rimediare Ida, il senso di colpa che le germogliava, rigoglioso, in petto, nutrito da quell'atmosfera sempre più tesa, rancida.
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Nomen Omen
FantastiqueMostri si nasce o si diventa? Possiamo davvero fuggire dalle nostre stesse origini? Sullo sfondo di un'epoca indefinita, tra monarchie in continua espansione e collisione, esperimenti genetici e un'imminente guerra tra due fazioni ribelli, quattro f...