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PROLOGO. IL BAMBINO CON LA BENDA SUGLI OCCHI
IL SOLE DI MEZZOGIORNO SPLENDEVA sulle vaste coltivazioni di lavanda, le lingue calde e dorate che leccavano con assoluta delizia i filari violacei, donando alle sottili spighe in fiore dei riflessi volubili, di velluto. Era una splendida giornata di metà luglio, quasi onirica nella sua perfezione.
Non un filo di vento danzava su quella collina e non vi era altro suono che il placido ronzio delle api e il ritmico russare del vecchio contadino appisolato sotto all'unico albero presente nel raggio di miglia – un ulivo che custodiva la regione da oltre due secoli.
Un passerotto pasciuto, dallo splendido piumaggio bruno e nocciola, si lanciò in volo dai suoi contorti rami e prese a sorvolare le rigogliose terre del borgo provenzale di Arle in un frenetico battito d'ali.
Dall'alto, il piccolo volatile poteva osservare con i suoi occhietti onniscienti che il mare lilla aveva in verità una fine – a sud, la lavanda cedeva precipitosamente il passo alla scogliera in roccia calcarea che si tuffava a strapiombo nelle Acque Mezzane
– a est e a ovest, Arle stessa la cingeva con le sue dita di mattoni e asfalto, soffocando con la sua aria asfissiante, rivoluzionariamente industriale, persino il più cocciuto dei cespugli
– a nord, infine, la decrepita Maison de Kairos le sbarrava funesta la strada, gli alti cancelli in ferro battuto che tranciavano di netto la vita alla flora, avvelenando il terreno circostante.
Il passero andò a posarsi proprio su uno dei davanzali in granito ingrigito della magione, dove due occhi bruni e nocciola, prima intenti a bere la distesa viola oltre il viale di ghiaia, si posarono assetati sul suo corpicino pennuto.
Oneiron Kairos allungò un ennesimo, timido, passo alle alte finestre dello studio del padre, premendo rigidamente il naso grande quanto un bottone – a soli quattro anni, il suo viso di fanciullino non aveva ancora acquisito i tratti unicamente severi che avrebbe pavoneggiato in età adulta – contro il vetro liscio, macchiato d'umidità. I suoi respiri veloci, agitati, si condensarono immediatamente contro la superficie fresca e quel rapido venire e svanire gli sembrò spaventosamente simile al battere frenetico del suo piccolo cuore.
Uccellino vola via, supplicò mentalmente, ma non senza un certa nota canzonatoria. La burla stava nel fatto che non era l'animaletto a trovarsi in una gabbia dalle sottili e indistruttibili barre d'argento.
«Oneiron» lo richiamò il ringhio basso del padre e il bimbetto si ritrovò a rilasciare, suo malgrado, un uggiolio spaventato.
«Non voglio, padre» soffiò, le lettere che tremavano e si accatastavano alla rinfusa contro la finestra. Presenti un solo istante, prima di sfumare contro il becco piccolo e nero e le guance bianche del passero. La bestiola piegò il minuscolo cranio da una parte, quasi in ascolto. Il bambino avrebbe potuto giurare stesse piangendo.
«Oneiron, qui, ora. Il sonnifero non avrà effetto ancora a lungo.»
«Vi prego, no.»
«Ora!» ruggì il padre e la sua ombra mostruosa si allungò sul suo corpicino scosso dal panico. Degli artigli d'ombra calarono sulle sue spalle ossute e lo costrinsero a voltarsi verso l'interno della stanza più sfarzosa e calda della casa, tanto diversa dalle aree spartane e asettiche riservate ai suoi piccoli abitanti, da parere appartenere a un altro mondo e non allo stesso tetto.
Il passero premette il corpicino contro il vetro della finestra e questo parve sciogliersi, farsi simile a melassa, per poi modellarsi in un varco grande abbastanza da farlo zampettare sul pavimento in moquette vermiglia, vellutata al tatto. Arruffò le penne all'aria secca e scoppiettante e la penombra che avvolgeva, cinerea, ogni cosa.
Il dottor Verne Kairos aveva, nel frattempo, stretto un canovaccio attorno agli occhi del piccolo Oneiron e lo stava ora obbligando verso il canapé e la robusta figura ivi abbandonata.
«Dirigi i suoi sogni, figliolo. Falla danzare su quella bella suite di Couperin che tua sorella ha eseguito ieri sera» comandò l'uomo raccapricciante, fermo in minacciosa attesa dietro di lui.
«Non sono capace-» provò a dire il bimbo con voce smozzicata, pentendosene all'istante.
Bendato com'era, non vide arrivare lo scudiscio, ma ne percepì lo schiocco inconfondibile fendere l'aria, prima di abbattersi, violento e impietoso, dietro alle sue ginocchia. Cadde e l'uccellino si piegò sulle sottili zampette con lui. Il suo cinguettio disperato, irato, si perse sotto allo stridio di dolore del bambino.
«Sei solo un debole, come tua madre. Dopo tutto quello che ho fatto per te, tu ancora ti rifiuti di obbedire!» un altro colpo di frusta, questa volta per un puro piacere personale.
«Ora la stupida cuoca si risveglierà e io dovrò somministrarle altro narcotico. Ma, chissà, magari questa volta sbaglierò dose e lei morrà. E di chi sarà la colpa, razza di smidollato?»
Oneiron avrebbe voluto liberarsi dei singhiozzi che gli spezzavano il respiro, ma sapeva che il padre non aspettava che quell'ammissione di debolezza per colpire con rinnovato vigore. Quindi raccolse tutta la forza che un fanciullo di appena quattro anni poteva avere e si rimise in piedi, passandosi la manica del blazer antracite sotto al naso per raccogliere ogni traccia di muco e lacrime.
Chiese scusa al padre con voce tanto sottile da parere il cinguettare di un passerotto e si accovacciò sul bracciolo imbottito. Il panno era troppo stretto attorno alla fronte e la carne delle gambe aveva preso a pulsare a ritmo con il suo cuore, ma cercò di ignorare il dolore lancinante e il terrore acuto del padre e si concentrò sulla vecchia sovrappeso sotto di sé. Chiuse gli occhi e si abbandonò alla mente sonnolenta della cuoca.
I sogni della donna profumavano di pane appena sfornato e paste zuccherine e lo avvolsero come un abbraccio confortevole. Suo malgrado, sorrise.
L'uccellino volò sulla sua spalla, con il desiderio di stargli vicino per quello che sarebbe seguito, ma non ne ebbe la possibilità.
In una camera da letto di un bordello, una porta si spalancò e andò a sbattere contro la parete e Oneiron Kairos si svegliò di soprassalto.
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Nomen Omen
ParanormalMostri si nasce o si diventa? Possiamo davvero fuggire dalle nostre stesse origini? Sullo sfondo di un'epoca indefinita, tra monarchie in continua espansione e collisione, esperimenti genetici e un'imminente guerra tra due fazioni ribelli, quattro f...