Capitolo cinque

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<<Come sta?>> la voce di mia madre è lieve. Il suo unico scopo, da quando c'è stato l'attacco al campo, è quello di riportare mia sorella a casa, da noi. Ogni suo momento libero lo dedica a Luke, gli fa visita anche se ha solo cinque minuti liberi e ogni volta chiede come sta.

Le sue condizioni sono peggiorate da quando è stato portato qui. I medici non capiscono cosa possa avere, ma noi confidiamo nel suo essere un ragazzo forte. Deve esserlo, deve riprendersi altrimenti Alexa ne morirà.

Penso alla mia sorellina, a quella ragazza che non immaginava nemmeno cosa stesse succedendo e sento terribilmente la sua mancanza. Vorrei andare a recuperarla, ma non posso fare nulla, non da solo. Se solo riuscissi a convincere Matthew a fare qualcosa.

Matthew. Il mio capitano è invaghito di Alexa e lei, beh non lo sa ancora, ma ho quasi la certezza che dietro al suo non sopportarlo provi a nascondere il fatto che le piace.

<<Il medico dice che non sa se riuscirà a superare la settimana. Il suo cuore è debole. I tubi che lo alimentano non gli apportano sufficienti sostanze nutritive. La persona che stava cercando di soffocarlo ha fatto bene il suo lavoro. Secondo il dottore deve avergli iniettato anche qualcosa prima di togliergli la vita. I lenti progressi che aveva fatto sono stati vani, vista la condizione attuale. Temiamo il peggio...>>

Mia madre chiude gli occhi. Abbassa il capo. Sembra sconfitta.

<<Lo so...>> le dico appoggiandole una mano sulla spalla. Non abbiamo bisogno di parole per capirci. Il nostro pensiero è rivolto a lei.

<<I suoi genitori?>> mi chiede.

<<Non vengono molto spesso. Dejanira piange ogni volta che lo vede in questo letto. Leonida ha detto che di suo figlio ne rimane solo l'ombra e non vuole più vederlo così.>>

<<Mio figlio è sempre stato un ragazzo brillante, intelligente. Nei suoi occhi si scorgeva la luce della furbizia. Questo non è lui. E' un'ombra, l'immagine effimera di ciò che era. Preferisco vederlo morire piuttosto che steso a letto, in questo stato comatoso, a soffrire.>> sono parole dure quelle che escono dalle labbra di Leonida, parole che fanno gemere di dolore Dejanira.

<<Non serve a nulla piangere – le dice con rabbia – tuo figlio è ormai morto>> parla come un soldato, ma nei suoi occhi vi scorgo tutto il dolore che un padre prova nel perdere il proprio figlio, nel vederlo in uno stato in cui non si è mai trovato.

<<Ma è nostro figlio...>> dice la donna singhiozzando.

<<Nostro figlio è quello che porteremo sempre nel cuore, questo è solo lo scheletro.>> le dice. La prende per mano e la fa alzare.

<<Se dovesse morire, o se le sue condizioni dovessero cambiare, fatecelo sapere. Fino ad allora noi non torneremo.>> e con queste parole Leonida tirò dietro di sé la moglie ed uscirono di scena.

<<L'attacco ha ferito parecchi soldati, ma fortunatamente questa volta non abbiamo subito vittime umane. Ci sono parecchi danni all'accampamento, ma diverse squadre si stanno già operando per ristabilire l'ordine al più presto possibile.>>

<<Bene. Fammi sapere se ci sono altre notizie>> dice mia madre.

<<Ti accompagno.>> le dico scortandola fuori dalla porta e uscendo nel corridoio.

Alexa

La prima notte all'isola è stato un inferno. Dal caldo piacevole del pomeriggio è sceso un freddo glaciale irreale. Raggomitolata ai piedi di un albero ho osservato quelle nuove coppie appena formatesi. Metà di esse provava a scaldarsi timidamente vicino al proprio compagno. Altre, come quella formata da me e Archibald, sedevano il più lontano possibile. L'unica differenza tra me e loro era lo sguardo che gli rivolgevo. Ho guardato e guardo tuttora Archibald con uno sguardo carico d'odio.

E' sbagliato. Tutto questo è sbagliato. Io non dovrei essere qui. Durante la notte sono stata colpita da immagini sbiadite di questo posto, ma ero con un'altra persona. Era un ragazzo.

Ho scacciato l'immagine dalla mente e stamattina con il sorgere del sole ho pensato solo di essermi appisolata e che quello che avevo immaginato non fosse altro che sprazzi di sogno.

Osservo spudoratamente le coppie che mi circondano. Non mi vergogno nell'intromettermi nella loro intimità e tanto i miei occhi non sarebbero i soli ad osservarli.

Ho la convinzione che quello che faremo sarà visionato da altri occhi. Occhi che giudicheranno. Occhi che valuteranno e ho intenzione di farmi osservare bene e mandare a monte quello che si aspettano da me.

<<Buongiorno giovani coppie.>> una voce melliflua rimbomba in tutta l'isola, dando come l'impressione di trovarsi in tanti posti contemporaneamente. Non solo telecamere quindi, ma anche altoparlanti.

<<Spero abbiate riposato bene in questa prima notte e spero abbiate iniziato a fare le reciproche conoscenze.

Oggi affronterete la prima prova. Trovare un rifugio, fare una casa vostra. Un nido dove poter vivere in tranquillità con la vostra futura famiglia.

Qualsiasi tipo di casa. Purché si possa chiamare tale. Attenzione. Non sono consentite le grotte ai margini dell'Isola. Detto questo, potete iniziare, avete tempo fino al calare del sole.>>

Un bip risuona, segno che la trasmissione è terminata.

Tutte le coppie iniziano a borbottare tra di loro, tranne noi. Sorrido ad Archibald ma nel mio sorriso non c'è nulla di carino. Oggi manderò a monte la prima prova e finalmente potrò andarmene da questo posto.

Perché loro non lo sanno, ma non sono riusciti a riprogrammare la mia memoria e io ricordo tutto.

Ricordo di Luke, di mia madre, di Matthew e che questo posto non è altro che una mera illusione creata in laboratorio.

E ora fingo che quei ricordi siano solo invenzioni nella mia testa. Fingo di non ricordare nulla. Fingo che questa sia la prima volta anche se in realtà non è così.

Fingo, ma non tutto. Il mio ribrezzo nei confronti di Archibald è reale.

Questa sera riuscirò nel mio intento, dovranno cacciarmi e allora attuerò il mio piano di fuga.

Fisso una telecamera e sorrido. Sto arrivando.

L'isola delle Coppie #2- Il ritornoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora