Capitolo sette

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"Oh non di nuovo..." penso.

Sono già stata qui. Sono di nuovo dentro la teca. La sensazione che provo è la stessa dell'ultima volta. Quanto posso essere sfigata?

L'avevo capito fin da subito che questa realtà non era vera. Non so spiegarmelo eppure mi sono ricordata tutto.

Quando sono stata portata via dall'accampamento mi hanno rinchiusa in un camion, bendati gli occhi e legato mani e piedi come se fossi carne da macello.

Il viaggio è stato interminabile, ho perso la cognizione del tempo, potevano benissimo essere passati dieci minuti o due ore, non lo so.

Quando il camion si è fermato mi hanno slegato i piedi e spinta giù. Le suole delle mie scarpe hanno toccato la dura terra. Faceva caldo, un caldo così soffocante da farmi mancare il respiro.

Gocce di sudore scendevano lentamente lungo il collo, facendomi venire voglia di spogliarmi della mia stessa pelle.

<<Muoviti>> mi dice qualcuno dandomi una spinta e mi domando se questa persona è scema o cosa? Come posso muovermi se non so dove andare?

Due guardie, una per lato, mi affiancano. Mi invitano, non con troppa gentilezza a muovermi e mi conducono non so dove.

L'unica cosa che so è che l'aria rinfresca. Probabilmente siamo entrati dentro un edificio. Inizio a smettere di sudore, ma ci vuole ancora del tempo perché il mio corpo possa iniziare a sbollire.

Annuso l'aria, aspettandomi qualsiasi odore, ma non questo...

Di nuovo la teca. Di nuovo dentro questo stupido acquario e io sono il pesce. L'attrazione non troppo nuova, ma interessante, per il gruppo di scienziati che stanno parlottando dall'altra parte della stanza.

Il suono è ovattato, colpa del liquido che riempie la vasca. Sono intubata come l'ultima volta, gli stessi fili escono da ogni punto del mio corpo. Provo a sollevare la mano, ma non riesco, come se fosse separata dal mio corpo. Mi assale il panico, provo a spostare da una parte la testa ma non riesco. Il mio stesso corpo non mi risponde. Cosa mi hanno fatto?

<<Benvenuta Alexa>> una donna mi accoglie, ma il suo non è un benvenuto per me. E' una condanna a morte.

<<Quando sei riuscita a sfuggire ci hai dato tanto dispiacere. Non avremmo mai pensato che qualcuno riuscisse a scappare da noi. Io non avrei mai pensato che tu potessi essere liberata, ma a quanto pare ho sopravvalutato il nemico.>>

<< Mi libereranno di nuovo...>> le dico

<<Oh bambina, è questo quello che credi? Ti dirò, quasi spero che ci provino. Spero che della squadra di recupero faccia parte anche tuo fratello. Sai, conosco bene Raphael. L'ho visto crescere, era proprio un bambino carino e dolce. Con gli anni si è trasformato proprio in un bel ragazzo...>>

<<Non parlare di mio fratello in quel modo!>> le urlo contro, cercando di liberarmi dalla presa dei miei carcerieri per poterle mettere le mani al collo.

Mi si avvicina, ridacchia. Ha un profumo dolce, di fiori, di primavera che non rispecchia per niente la donna che mi sto immaginando.

<<Quanto coraggio, quanta passione. Sarà interessante sottometterti al nostro volere...>>

<<Nessuno mi sottometterà!>> le dico sputando. Spero di averla colpita, in faccia, in un occhio, sul vestito, ovunque. Anche se non posso vedere ci spero proprio.

<<Bastarda>> mi dice la guardia dandomi un calcio dietro al ginocchio e facendomi piegare a terra.

<<SMETTILA!>> urla la donna.

<<Ma signora...>> prova a dire l'uomo che presumo sia quello che mi ha colpito.

<<Nessuno le farà del male. Questo deve valere per tutti quanti. Chi oserà anche solo sfiorarla se la dovrà vedere con me e sapete – dice con quello che mi pare un sorriso sulle labbra – cosa significano le mie parole. Non scherzo.>>

Le persone nella stanza esclamano ad gran voce si signora. Deduco da questo che sono soldati, sempre pronti ad obbedire agli ordini che vengono loro impartiti.

Chiudo gli occhi che a quanto pare sono l'unica parte del corpo che posso muovere.

Sono agitata, ho paura. L'ultima volta non è stato così, potevo muovermi anche se le strette pareti lo limitavano parecchio. Ma ora no.

Provo a ricordare ciò che mi hanno fatto dopo essere stata portata in quell'edificio, ma i ricordi sono confusi.

La macchina fuori dalla teca ronza, emette suoni strani. Il rumore accelera e le persone dall'altra parte della stanza si zittiscono completamente.

Serro gli occhi, fingo di essere ancora dall'altra parte, nell'altra realtà. Sento i passi che si avvicinano.

<<Cosa succede?>> domanda uno.

<<Il battito è accelerato. Ci sono picchi.>> dice un altro, probabilmente sta leggendo i valori sulla macchina che sentivo emettere suoni strani.

Provo a rilassarmi. Sento il cuore decelerale, la macchina si calma.

<<Deve essere un'anomalia. Sta tornando alla normalità.>>

<<Dobbiamo dirlo alla signora?>> chiede una donna.

<<No, meglio che non lo sappia, altrimenti farà dei controlli. Potrebbe succedere di tutto.

Intanto per sicurezza...>> dice l'uomo.

Non sento altro. Lentamente mi sento portare via dalla mia stessa vita...

L'isola delle Coppie #2- Il ritornoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora