05. Eva ha una scrivania tutta sua

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Giorno dopo giorno, gli sguardi cominciano ad attenuarsi. La gente si abitua anche al brutto, anche allo spiacevole, se tale vista è, se non costante, perlomeno frequente.
E lei, ogni mattina, è frequentemente sulla stessa strada, alla stessa ora, con la stessa faccia, lo stesso corpo, perché quella è e non sa come cambiare (oppure non vuole cambiare).

— Buongiorno, Laura.

Laura guarda e non saluta, perché Eva è grassa. E vecchia. E inutile. E soprattutto, Eva è insignificante.

Ma Eva saluta lo stesso, perché è buona educazione e lei, almeno a fare quello, è capace.

Lavora al quarto piano, quattro in meno rispetto all'ottavo. Quindi quattro rampe in meno e meno fatica, si dice ogni giorno prima di salire, per farsi forza. Arrivata al quarto piano, con dieci minuti di ritardo costanti, cerca con lo sguardo la sua scrivania e ci arriva salutando cortesemente ogni persona che le si pari davanti, nonostante venga ignorata costantemente. Sulla strada per la sedia girevole, guarda fuori dalla grande finestra che affaccia sul centro città, ricco di grigiore striato di colori fuggevoli (le maglie dei ragazzi, le gonne delle donne). Non c'è panorama che le metta più angoscia di quello.

Sedutasi, accende il computer vecchio tipo della scrivania e aspetta i cinque minuti che ci vogliono perché s'accenda. Digita la password (quella che era scritta nel fascicolo di sette pagine che ha dovuto leggere per poter essere assunta) ed entra nella casella mail. Lì, trova le mail dell'azienda da passare in rassegna.

È un lavoro noioso. E ripetitivo. E meccanico.

Ma ad Eva, oh, ad Eva sa così tanto di vita che lei lo farebbe tutto il giorno, ininterrottamente, solo perché si sente di nuovo umana.

Agnese ha solo fatto un cenno, quando le ha detto di avere un lavoro. Che non sarebbe venuta più, lei, lì, perché aveva un lavoro. Uno vero, non in nero, con uno stipendio fisso. E una scrivania, una pulitissima scrivania di metallo grigiastro, con sopra un computer suo. Tutto suo. Con una sedia e le persone, le persone reali.

E lei invece avrebbe voluto ridere, sorridere. Saltare, magari. E invece non un muscolo facciale ha mosso un lembo di pelle. Eva non sorride spesso. Risparmia i sorrisi perché cerca speranza.

Questa pelle malsana
che nasconde ai tuoi occhi
quanto è grande questo mio
sogno.

JevaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora