Capitolo 14

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{Hermione}

Percy mi portò nell'aglomerato di capanne che avevo visto in precedenza.
Si diresse in una bassa e rettangolare, era grigia, fatta di pietre, con delle tende azzurre.

Aprì la porta e mi lasciò entrare.

All'interno prevaleva il colore blu, colore che avevo scoperto essere il preferito del mio ragazzo, c'era una fontanella con un laghetto ad un lato, un letto, qualche mobile; c'era una cornucopia appesa al muro e, nel lato opposto, uno scudo di bronzo. In tutta la capanna si potevano vedere motivi a forma di onde e tridente.

- Questa è casa mia, la numero 3, riservata ai figli di Poseidone - mi disse Percy - Di solito non ci si può entrare per il casino ma manco da qualche mese e quindi è messa abbastanza bene -

Scossi il capo.

- Ci vivi da solo? - chiesi.

Perché, in effetti, aveva parlato di figli.

- Be' si - rispose - Gli dei, di solito hanno tanti figli, non si limitano. Ma i Pezzi Grossi non possono avere figli con i mortali, ci ritengono pericolosi. Era una legge, ma quando si è immortali non è facile mantenere le promesse -

- I Pezzi Grossi? -

- Si i tre dei più potenti: Zeus, Poseidone e Ade - mi spiegò - Poseidone ha avuto me, solo me per fortuna, Zeus ha avuto Talia e Jason, mente Ade ha avuto Nico e Hazel. Te li presenterò tutti, promesso -

Nonostante la storia avesse un che di assurdo ero una persona curiosa che voleva sapere sempre tutto e la mitologia greca mi aveva sempre affascinato.

Però in quel momento ciò che mi premeva non era la favola che raccontavano a tutti, dovevo sapere ciò che riguardava Percy.

Mi avevano trattato bene perché ero dalla parte di Percy, ma sapevo che se mi mettevo contro di lui le cose sarebbero state diverse.

- Tu sei il capo qui, vero? - chiesi.

- Se mi chiedi se gestisco questo posto la risposta è no - mi disse - Ma posso essere considerato una specie di leader -

Annuii.
Era un po' come Harry, allora!

Percy si sedette sul letto e mi prese per mano, facendomi sedere sulle sue gambe.

- Che vuoi fare, Hermione? - mi chiese.

- In che senso? -

- I tuoi alleati sono contro di me e quindi contro tutto il campo. Ho bisogno di sapere quali sono le tue intenzioni -

Non avevo nemmeno bisogno di pensarci e poi avevamo già preso una decisione precedentemente.

- Te l'ho detto, voglio stare con te - risposi accarezzandogli i capelli.

- Anche adesso che sai che sono pericoloso, anche adesso che hai saputo che sono il nemico dei tuoi amici? Ho fatto rinchiudere il tuo ex ragazzo... -

Lo feci tacere baciandolo sulle labbra.

- Mi farai del male? - chiesi.

- Mai... - sussurrò - E non permetterò che qualcuno te lo faccia -

Poi si fiondò di nuovo sulle mie labbra, questa volta non fu un bacio casto, spinse subito con la lingua per entrare.

Lo lasciai fare.
Avevo bisogno di sentirlo vicino, essere sicura che fosse lo stesso ragazzo che avevo conosciuto a scuola.

Decisi di prendere il controllo per una volta. E vedere se mi avesse fermata.

Mi misi meglio e da seduta sulle sue ginocchia, mi misi a cavalcioni.
Lo spinsi sul letto e mi misi sopra di lui, continuando a baciarlo.

Lui si staccò.

- Sei davvero sicura di... -

- Percy, non è la prima volta che lo facciamo - dissi interrompendolo.

- Ma...qui? - mi chiese lui guardandosi intorno.

- Perché? È casa tua! -

- Si ma qua non conoscono la privacy - mi avvisò.

- Sinceramente...non mi importa - ammisi tornando a lavorare sulle sue labbra salate.

Sorrise sulle mie labbra e cominciò a spogliarmi.

                              ***

- I satiri che sono fuori per New York pensavano fossero figli di Ecate - disse una voce che non conoscevo.

Ero ancora in dormiveglia. Non sapevo quanto avevo dormito.

- Da quello che ho capito i maghi discendono da Ecate, almeno è questo quello che hanno detto quelli della casa - rispose Percy.

Sentii il letto abbassarsi sotto un peso, probabilmente quello del mio ragazzo.

- Quanti ce ne sono? - chiese Percy.

- Non molti. Ma è un gruppo compatto e sembrano vecchi, cioè veterani se possiamo definirli così - rispose lo sconosciuto.

Parlavano sicuramente di quelli che ci stavano dando la caccia.

- Devi andartene - disse il tipo - Sono qui per te, se sparisci sarà più facile per noi -

- Non sono un codardo Grover, non abbandono il campo - rispose Percy.

- Ma non puoi restare - disse quello che doveva essere Grover - Almeno non finché non sappiamo che cosa vogliono realmente -

Questa era la domanda che mi facevo anche io.
Il Ministero della Magia ci aveva mandato a cercare la spada e poi, invece, aveva ritrattato dicendo che erano interessati al suo proprietario.
Ma cosa volevano realmente da Percy?

Possibile che avesse qualcosa a che fare con le sue abilità e sul fatto che fosse il figlio di una divinità greca?
Ma in quel caso, avrebbero potuto scegliere chiunque. Lì, in quel posto, era pieno di semidei. Perché proprio Percy?

Che poi, io non avevo idea di ciò che sapeva, realmente, fare il mio ragazzo.

- E dove vuoi che vada? - chiese Percy - Questo è il posto più sicuro, è inaccessibile -

- No, sai bene che non lo è. Anche perché non conosciamo i nostri nemici e non sappiamo che cosa sono in grado di fare -

- E allora dove vuoi che vada? -

- Nell'unico posto in cui nessuno può raggiungerti, nel palazzo di tuo padre - disse Grover.

Silenzio. Poi sentii una mano accarezzarmi i capelli.

- Non posso portare Hermione con me, laggiù - rispose Percy.

- Ce ne occupiamo noi -

- No, Grover - disse il mio ragazzo - Non la lascio -

- Come vuoi - rispose il ragazzo che non conoscevo - Sono sicuro che troveremo un modo -

Sentii la porta chiudersi e subito dopo il corpo di Percy stendersi accanto a me.
Mi circondò con le braccia e sospirò.

E io dimenticai quella conversazione, almeno per quel momento.

L'inganno del FatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora