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La villetta è elegante, sulle targhette in ottone che abbelliscono e decorano tutte le pareti, si leggono i nomi, di tutta la mia famiglia.

Nel retro della casa non c'è nessuno, si apre la porta di fronte ed esce la mamma allegra benché non ne abbia motivo.

"Oh.. Mamma vedo che ti sei data alla pazza gioia quest'anno con le luci e gli addobbi natalizi" le dico, mentre corro ad abbracciarla gioiosa anche io, di essere lì con lei.

La mia famiglia, canta la canzoncina di benvenuto per me, la sento risuonare ovunque. Tutti saltellando, persino la nonna. Anche il gatto.

Si sentono le parole welcome home, welcome Feliz Natale, la melodia è sconosciuta e improvvisa, un miscuglio di canzone d'occasione, un improvvisazione. Anche l'allegria è improvvisa. E lo capisco subito.

-Abbiamo ristrutturato la casa- dice mio padre Antonio, allegramente.

La mia bocca si contrae mentre metto in scena anche io l'allegria, perciò non voglio guardarmi intorno, mi limito a giocerellare con la manica della mia borsa. Il gatto miacola. Gli invitati si precipitano a tavola, perché la tavola è piena di cibo.

Questa casa, mi fa fare un salto al passato. Mi fa pensare a Lyndon, a quando io ero totalmente sua.
Un brivido di disgusto, e quasi penso di poter vomitare a momenti.

-Cinquecento involtini e duecento persone- ripete per giorni la zia Hilda, anche suo marito lo ripete, la casa sa di crauti, c'è un gran caos.

Eric non sa dove andare.
-Dov'è mia mamma- chiede. Nessuno lo sente. Eric è piccolo, gli ospiti sono grandi, e Eric li guarda dal basso.

-Mi scappa la cacca- dice.

Nessuno lo sente, c'è un gran chiasso, Eric va da una gamba all'altra e ripete, mi scappa la cacca, e chiede dov'è mamma ancora.

Sorrido a quella scena, mi abbasso nella sua direzione, alla sua altezza.
E gli chiedo, quanti anni hai?

Lui risponde: otto.

Dal visino e dal espressione che fa, capisco che non gli piace quando gli chiedono quanti anni ha, ne avrà sicuramente la metà. Troppo piccolo.

"Vuoi essere più grande?" gli chiedo mentre gli indico il bagno, lo seguo. Attenta a non farlo cadere.

Si chiude nel bagno, e da fuori lo sento urlare tanto ora viene mio fratello.

Questo bimbo, e un po scorbutico. Appena esce mi fa la linguaccia, mi indispettisco, se non fosse un bambino gli avrei dato una gomitata.

Cerco di essere più matura possibile, gli porgo la mano per paura che cadi dalle scale, ma lui mi scansa e si tiene alla ringhiera.

"Cerco solo di aiutarti.." sussurro, quasi da pensare che non l'abbia sentito.

Lui si volta, mi guarda male.
-Sono grande, non ho bisogno di te.. Di nessuno- o mio dio, questo bimbo sicuramente sarà caduto dal seggiolone, altrimenti non si spiega.

Spesso ci si imbatte nel proprio destino, nella strada presa per evitarlo.

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