Salvataggio

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'Cosa sono?'

Io ed Erick eravamo appena giunti ad Oblitum e, subito, si erano presentati problemi: c'era qualcuno; e non sembravano creature amichevoli.

'Cavoli.'

Eravamo corsi a nasconderci, ed ora le stavo osservando attentamente, nel tentativo di riconoscerle.

'Kakast; maledizione!'

Erano i servitori del Κακόν. Forse ci stavano cercando. Notai che si avvicinavano a Erick. Avrei voluto gridare; correre verso di lui per salvarlo, ma una mano grigia sconosciuta mi tappò la bocca e cacciò davanti al mio naso un fiore viola. Inevitabilmente lo annusai. Svenni.

Nella mia testa rimbombava un urlo. Qualcuno aveva invocato aiuto, ed io non l'avevo offerto. Ero ancora nel dormiveglia, e quindi rintontita, per ricordare gli eventi recenti. Nella mia mente balenavano immagini della mia vita, susseguendosi l'una all'altra senza logica, né tregua. La mia anima fece ritorno al corpo che mi apparteneva, saziandomi di sensi di cui ero stata privata fino ad allora, quali il tatto, l'udito, l''olfatto e soprattutto la vita. Udii un silenzio allietato dai versi di animali a me sconosciuti e dal rumore dall'acqua. L'odore mi permise di capire che ero in un luogo realizzato in legno. 'Che buon profumo!'

Assieme ai miei sensi, mi riappropriai di sensazioni: la mia pancia reclamava cibo, il mio corpo riposo e la mia gola acqua. Fu in quel momento che rimembrai del giorno precedente. O era lo stesso giorno? Realizzai che avevo dormito mentre il mio amico era in presenza dai kakast, e mi sentii tremendamente in colpa.

'Sono proprio assurda. Erick soffre e io mi riposo. Devo andare a cercarlo.'

Finalmente mi decisi a strofinarmi gli occhi per svegliarmi per bene e affrontare il mondo. A poco a poco fui in grado di distinguere i contorni del luogo in cui mi trovavo, ovverosia una capanna di legno di dimensioni medie. Non aveva nessun oggetto al suo interno, tranne il giaciglio di erba in cui ero distesa. Mi sollevai a sedere, per poi mettermi in posizione eretta. Uscii all'esterno, curiosa.

Ero in una piccola spianata dai colori spenti, come la radura nella quale eravamo atterrati io ed Erick. Nemmeno questa volta era deserta, ma, se i kakast erano esseri malvagi, quello che appariva intento nella preparazione di una tisana con un fiore bianco con chiazze rosse, sembrava mite e buono. Più alto di un uomo, la sua pelle era color grigio con riflessi bluastri. Il fisico era simile a quello umano, tuttavia era più slanciato. Era dotato di capelli biondi lunghi tutta la schiena, che aveva saggiamente raccolto in una coda tramite una cordicina viola elastica. Si girò verso di me. Occhi acqua marina. Quello era un kaskut.

"Ben svegliata".

Mi salutò con la sua voce cristallina, sorridendo con la bocca e con gli occhi. Doveva essere proprio felice di avermi incontrato. Era carino tutto sommato e la sua domanda rivelò la sua premurosità nei miei confronti, ragazza a lui sconosciuta.

"Come stai?"

Non mi chiese chi fossi, perché fossi in quel mondo, che tipo di creatura fossi. Non mi pose nessuna delucidazione riguardo tutto ciò che costituiva la mia persona. Quel giorno imparai l'interesse; quello puramente umano da un ente che a prima vista avevo definito un mostro.

'Anzi; lui è un mostro, ma esserlo non implica cattiveria... o almeno non dovrebbe. Riflettei un momento e realizzai che spesse volte era il contrario: ci lasciamo ingannare dall'aspetto, immaginando che siano esseri malvagi. Magari invece vorrebbero solo essere amati, proprio come il mostro di Frankenstein. I miei pensieri volsero a quel libro, che era il mio preferito, nonché il più istruttivo che io avessi mai letto.

La mia mente fece ritorno alla realtà, questa volta dolcemente; ero di fronte a qualcuno che era interessato al mio stato mentale e fisico.

Non risposi subito. Lo osservai attentamente, appurando che le sue intenzioni erano buone. "Io sto bene." Ripensai a Erick, alla sua cattura, al mio svenimento e mi sentii mancare. Era stato lui il bruto che aveva lasciato che catturassero il mio amico. Lui mi aveva catturato. Un profondo senso di conforto cadde come un macigno nel vuoto del mio animo. I miei occhi si tinsero di lacrime, miste ad ansimi. Ero arrabbiata. No: non stavo bene. Volevo Erick al mio fianco. Era colpa di quel mostro se non era lì con me.

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