Congiura

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Era sera ormai, e la mia mente era stata allietata da una dolce melodia di positività e felicità tutto il giorno.

Tatsuaky propose di fermarci e accamparci per la notte, dato che oramai non si vedeva quasi nulla ed eravamo tutti stanchi. Mentre Erick e Tatsuaky andarono alla ricerca di legno per il focolare, io mi occupai dei nostri giacigli, che come sempre erano due coperte a terra per me e Erick e un telo di erba intrecciata a legno per il kaskut. Fu solo quando i miei due compagni di viaggio tornarono che, guardando bene, scoprii che la radura in cui ci stavamo sistemando era localizzata al limitare di un bosco.

"Questa è la foresta Untyro."

Spiegò Erick che stava consultando la mappa per individuare la nostra posizione.

"Girano strane dicerie riguardo questo posto... Dobbiamo stare attenti. Il primo turno lo farò io."

Dopo la cena, mi allontanai di alcuni metri per concentrarmi e allenare la mia magia, on d'evitare di dimenticarne l'esecuzione. Questa volta nella mia mente figurai tutte le persone a me care, che mi facevano sentire amata e preziosa, ovvero coloro che erano importanti per me. Il cielo del mio animo si costellò di ricordi felici e spensierati, ma anche di momenti meno tranquilli in cui ero stata consolata da qualcuno. Una miriade di stelle lucenti si unirono per formare la figura di un fuoco, che si materializzò nelle mie mani, senza scottarmi o ferirmi in alcun modo. Ero in pace con gli elementi della natura come se fossi uno di essi.

Respiro ansante, gambe che corrono rapide fra gli arbusti di un bosco. Capelli che mi sferzano il volto nella mia fuga disperata. Non ho bisogno di voltarmi per sapere che il motivo del mio terrore non era un inseguitore, bensì la percezione di una presenza maligna.

Non mi davo pace, e correvo a perdifiato.

"Non girarti Ellen, non farlo."

Mi obbligavo a non voltarmi, dato che mi conoscevo: la paura mi avrebbe bloccato completamente e non sarei più riuscita a muovermi. Fu allora che accadde l'imprevedibile: di fronte a me, ad alcuni metri di distanza, si materializzò la figura macabra del Κακόν. Alto il doppio di un umano, i denti aguzzi della sua mandibola allungata da lupo luccicarono nel buio della notte, bramando sangue. Il sole stava sorgendo fra le nubi rossastre, permettendomi di distinguere i mostruosi contorni di quella sagoma animalesca. Il licantropo emise un lungo e inquietante ululato. Balzò contro di me, cogliendomi di sorpresa. In una frazione di secondo mi ritrovai a terra, respiro irregolare, i suoi artigli sul mio corpo e la sua stazza a coprire la lieve luce proveniente dal sole. I suoi artigli si incassarono nel mio braccio, facendomi urlare di dolore. Il mostro emise quella che mi sembrò una risata sadica e malvagia.

"Debole. Pensa ai tuoi amici: non ti hanno sempre ferito? Chissà perché..."

Una voce sovrumana uscì dalla sua bocca, profonda ma chiara. Non lo lasciai proseguire e, mossa dall'istinto di sopravvivenza, con le poche forze che avevo, alzai le gambe e urtai il petto del mio avversario, che rotolò a terra poco lontano da me. Emise un lungo ululato uggiolante di cane ferito, che subito compresi essere un richiamo. Fra le nubi si delineò la figura di un nero e colossale corvo, che aveva un'apertura alare di minimo tre metri. Era diretto verso di me, in particolare il petto e lo sguardo erano diretti al mio petto. Con il terrore in vena, fui ispirata a spostarmi; solo allora mi accorsi che il Κακόν, spostatosi dietro di me, mi aveva immobilizzato con una stretta possente. Il mio respiro si accorciò, fino a divenire rantolante. Il mio corpo aveva rinunciato a lottare. Stavo guardando in faccia la mia morte imminente.

Fui svegliata da un acuto dolore al braccio e uno meno grave al petto. Stavo tremando ed ero ansante in un bagno di terrore e sudore.

'Un altro fottuto incubo...'

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