Capitolo VI :" La vita secondo Lollo"

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Lorenzo era il migliore amico di Elena da almeno otto anni, avevano smesso volontariamente di contarli dopo i primi quattro, anche se si ostinavano a dire, a chiunque chiedesse, che si conoscevano solo da un paio, un vezzo, il loro , che lo aveva sempre, imprescindibilmente, fatto sorridere.

Non si erano mai somigliati neppure un pò lui e l'altra, se per Elena tutto era improvviso, istintivo e sconvolgente, se quasi ricercava lo scontro, Lorenzo, dal canto suo, era di tutt'altra pasta. "Il gigante buono", così lo avrebbero definito tutti quelli che avevano avuto la fortuna di conoscerlo. Era alto e grosso come un armadio ma gli occhi chiari e il sorriso gentile lo lasciavano libero dal giogo del timore che la sua stazza avrebbe naturalmente trasmesso a tutti. Lorenzo non incuteva alcuna paura, Lorenzo era buono, una di quelle persone che si trovano una volta su miliardi di vite e per Elena, almeno lei così si era convinta, era sempre stato il suo angelo custode, quello che , anche se tutti gli avrebbero voltato le spalle, sarebbe rimasto lì.

Lui era riuscito a vedere il meglio di lei anche quando lei stessa non lo vedeva, anche quando non c'era neppure più un meglio da vedere.

Era questo il potere di Lorenzo in fondo, riuscirsi a meravigliare ancora come un bambino, vedere la meraviglia che ogni piccola cosa quotidiana porta con se, ed era un lato del suo carattere che Elena aveva sempre , bonariamente, invidiato, perchè in lei, quella meraviglia, era scivolata via sin troppo presto.

Il ragazzo tentò di far partire l'auto sul vialone di casa sua ormai coperto di polline, lo detestava quel dannato polline, riusciva a farlo starnutire talmente tanto da fargli divenire la punta del naso completamente rossa

<< Devi solo accenderti, su avanti>> tentò di sussurrare verso il volante mentre si toglieva il giacchetto leggero e bluastro gettandolo sui sedili posteriori e girando, nuovamente, la chiave nel pannello d'accensione ma il veicolo, di tutta risposta, fece un paio di sbuffi stanchi spegnendosi di nuovo

<< Accenditi, avanti, accenditi, andiamo sai accenderti?>> incalzò ridendo di se stesso e di come dovesse sembrare un pazzo ai passanti che lo vedevano: un omone grande e grosso, nell'abitacolo di una vecchia e piccola Panda, che parlava con lei convincendola a partire, come se parlarle avesse fatto la differenza

<< Dicono che parlare con le piante le faccia crescere, perchè non dovrebbe funzionare con l'auto?>> chiese ad un qualcuno di immaginario . Parlava spesso da solo Lorenzo e più di una volta, Elena, lo aveva beccato a farsi degli strambi soliloqui, quando l'altra aveva chiesto sorridendo spiegazioni, lui aveva semplicemente risposto con la verità :" mi faccio compagnia".

Questa , in effetti, era l'unica cosa che accomunasse i due: il velo di solitudine che aveva appannato e sbiadito tutti i ricordi della loro infanzia, a lui però, quel parlarsi da solo era rimasto anche da adulto.

<< E va bene, ho capito , ho capito>> si arrese, parlando di nuovo con lo stesso tono che userebbe un marito verso la propria moglie che , per l'ennesima volta, si lamenta del rubinetto gocciolante. Rigirò la chiave, recuperò il giacchetto e la fece scivolare nella tasca destra, per poi riaprire lo sportello, uscire dall'abitacolo e chiuderlo nuovamente, rimanendosene per qualche secondo impalato lì, accanto alla sua Panda, indeciso su cosa fare , a grattare la nuca con un paio di dita.

<< Potrei andare a piedi >> diede un'occhiata all'orologio, troppo tardi per farsi più di quaranta minuti di camminata

<< Potrei prendere un autobus>> peccato che Roma fosse la città degli autobus più ritardatari d'Italia, forse dell'intero emisfero

<< Potrei ....>> sussurrò con le mani sui fianchi, per poi cominciare a chiedersi perchè la voce nella sua testa, la voce dei suoi pensieri, avesse assunto la stessa tonalità e colore della voce di Elena quando lo rimproverava ridacchiando

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