Capitolo XIV

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Quando diminuisce il dolore, quando passa la rabbia, quando passa il rancore,

poi riesci a capire che verranno cose nuove.

E le cose vecchie sono andate e, giusto o sbagliato, non tornano.

Che il passato non cambia, nemmeno se ci ripensi in continuazione.

Che a volte si ferisce senza volerlo, si soffre senza volerlo.

Che chi ti ha fatto male, spesso sta male anche lui.

Che ci saranno sempre le occasioni per perdonarsi.

Che nessuno lo perdi per sempre.

Che a volte un solo potente sorriso riesce a cancellare mesi di lacrime.


Il dolore si dimentica?

Sicuramente l’essere umano è portato a dimenticare i grandi dolori, ma allo stesso tempo è bravissimo a riconoscere qualcosa che ha già provato.

Ed è così che riconosco il dolore dell’abbandono che si amplifica in ogni parte di me; le mani mi tremano, gli occhi mi bruciano, il fiato è corto e le gambe mi cedono.

Improvvisamente non è passato nemmeno un istante, sono di nuovo il ragazzo di vent’anni che, in preda a un attacco di panico, non trova la forza di reagire.

Vedere andare via la persona che ami, sentire nelle ossa il distacco, come fosse qualcosa di fisico, non lascia scampo.

Non sai cosa fare, cosa dire, senti solo un dolore fortissimo, qualcosa difficile da descrivere, tutto è amplificato.

Nella mente mille pensieri viaggiano in tutte le direzioni ad una velocità incredibile, ma allo stesso tempo il vuoto più totale di attanaglia.

Una parte di me sa che questa volta è diverso, che Zayn tornerà da me, anche Harry lo ha detto, eppure i singhiozzi mi scuotono perché ho paura, terrore, che nulla tornerà mai al proprio posto.

La sera in cui Yaser aveva avuto il secondo infarto, la storia era già scritta, Zayn aveva già preso la sua decisione, l’unica che credeva possibile.

Quel giorno io non potevo sapere che provavamo entrambi lo stesso dolore, lo stesso senso di abbandono e tristezza.

Non sapevo nemmeno cosa provavo io.

È stato tutto velocissimo e lentissimo allo stesso momento, credo di aver urlato, di essermi tirato i capelli, abbracciato, buttato per terra e fissato il vuoto. Ricordo il sapore salato delle lacrime incessanti, ricordo il senso di mancanza, di assenza. La stretta allo stomaco totalmente diversa da quella che provi quando ti trovi alla prima discesa delle montagne russe, è qualcosa di più potente e paralizzante.

La porta si chiude e nel momento immediatamente successivo, prima ancora di capire la gravità della situazione, l’unica parola che ti si materializza nella mente è “no”.

No. No. No.

No, non è successo.

No, non se n’è andato.

No, non è possibile.

No.

Il desiderio ardente di tornare indietro, di prevenire o avere la forza di dire la cosa giusta per fermare quella reazione a catena che ti porterà ad essere un’ombra.

Infinity|Ziam [Endlessly sequel]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora