Capitolo 5

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Arrivo a casa e salgo subito in camera mia. Appena entro ci sono disegni e colori ovunque. Devo fare un respiro profondo per non prendere tutto e buttarlo fuori dalla finestra; lo avevo promesso a David, ormai ci ero dentro e dovevo portare almeno una cosa a termine. Esco dalla mia camera e scendo di sotto, entrando nel salone. Accendo la TV e mi accoccolo sul divano, sentendo il respiro spezzato ed i battiti del cuore a mille.
Perché non aveva continuato ad ignorarmi? Poteva far finta di nulla e proseguire per la sua strada, come aveva fatto in quei giorni, dopo la nostra ultima conversazione. Perché mi aveva trattata in quel modo?

Forse è successo qualcosa. Forse hai rovinato qualcosa anche lui.

Non devo pensare. Non devo pensarci. Non mi riguarda. Non è affar mio.

Non devo pensare. Non devo pensarci. Non mi riguarda. Non è affar mio.

La nausea mi teneva lo stomaco sottosopra, evitavo di respirare a bocca aperta per paura di rovesciare tutto ciò che avevo dentro. Anche se era poco. Mi stendo lentamente, chiudendo gli occhi e ispirando forte con il naso. Stendo tutti i muscoli, come David mi suggeriva sempre di fare: inducendo il corpo a rilassarsi, anche la mente si sarebbe rilassata.

Svuoto la mente, non penso a niente. Un punto fisso, vuoto, che non fa rumore. Respiro. Inspiro. Respiro. Inspiro. Uno. Due. Tre. Quattro. Cinque.

Respiro. Inspiro. Respiro. Inspiro. Uno. Due. Tre. Quattro. Cinque.

Non mi rendo conto realmente di quanto tempo passa. Alla fine mi accorgo che il sole è calato dietro le montagne, gettando ombre arancioni nella sua scia. L'ansia si calma, ed il panico non arriva. Mi sento comunque stordita, stanca e senza forze, come se avessi corso per ore. La porta principale si apre e le voci allegre di Jen e David inondano la stanza, ed io sono così sollevata di sentirle che quasi mi metto a piangere. Sapevo che era una reazione dovuta all'ansia, così mi ricompongo e mi siedo sul divano. Entrambi quando mi vedono mi salutano e si dirigono nel salone, sedendosi accanto a me.

<<Come va?>> mi chiede Jen, accarezzandomi i capelli. Vorrei abbandonarmi a quel tocco, chiudere gli occhi e confessarle tutto, tutto ciò che mi era successo... ma non potevo. Non volevo. Ero già abbastanza debole senza che mi mettessi a frignare sui miei problemi con gli altri.

<<Alla grande>> dico. <<Che si mangia?>>.

Jen alza gli occhi al cielo divertita, e si volta verso David. Lo guardo anche io, e subito noto che c'è qualcosa di strano in lui. Un luccichio particolare negli occhi, un tremore alle mani a stento controllato. Alzo un sopracciglio per chiedergli cos'ha, e lui prende un sospiro profondo.

<<Devo dirti una cosa. Una cosa bella>> si affretta ad aggiungere. Si passa una mano tra i capelli, poi si sbottona la giacca. Sta per parlare ma si alza, va in cucina e si versa del whisky che è solito usare per gli ospiti. Guardo Jen ma lei stringe le labbra contenta e sorride. David torna e si rimette al suo posto.

<<Da dove inizio...>>.

<<Dall'inizio, David>> esclama Jen, facendo finta di essere spazientita.

Lui le fa una linguaccia e poi torna a me. <<Allora, sai che il mio è un posto precario... insomma, oggi potrei lavorare alla P.C. e domani no>> dice lentamente. <<Sai che avrebbero potuto spostarmi di sede da un momento all'altro e questo sarebbe stato un problema per tutti noi. Si insomma, tu studi qui, Jen ha la sua editoria qui... si ecco, sarebbe complicato>>. Erano tutte cose che già sapevo. Il sogno di David era lavorare alla P.C da quando si era trasferito qui per studiare all'università, per quanto anche vicino a Long Beach c'era una sede, non era prestigiosa come questa. E poi Jen non sarebbe mai tornata in quella città, su
A questo era decisa. David avrebbe potuto lavorare ovunque, si era laureato con il massimo dei voti e quasi da subito si era subito dato da fare.

Incompresi 2.0 ~The Misunderstood Series (SOLO MOMENTANEAMENTE sospesa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora