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Un'ora prima della ricreazione, Ray mi diede qualche consiglio su come importunare il professor Way.
«Secondo me devi farlo ingelosire. Ti porti una ragazza e-»
«Ingelosire? Ray, sei serio?»
«Ma guarda che qualche possibilità secondo me ce l'hai eh! Non è possibile che un insegnante prenda così di mira un alunno e vuole per forza sgridarlo ogni due secondi e sai una cosa? Secondo me a lui andava bene quando non facevi gli esercizi o rompevi in classe, così poteva darti qualcosa in più da fare e trattenerti lì con lui.»
Rimasi a bocca aperta. I miei occhi erano sgranati.
Non potevo credere a quelle cose.
Boccheggiai, alla ricerca delle parole giuste da dire, ma Ray continuò.
«E poi, cavolo, sembra un po' gay! Da come si muove e come si atteggia, hai capito no?»
«Io...»
«Usa una ragazza che ti viene dietro come cozza ed entra con strafottenza nella sua classe, avvinghiato a lei, per riprenderti il quaderno. Oppure... oppure... uhm» Si mise una mano nel cespuglione riccioluto che aveva al posto dei capelli e pensò.
Io ero troppo scioccato per ribattere.
«Oppure fatti picchiare!»
«Cosa?!»
«Sì! È un piano perfetto. Fatti picchiare nel suo raggio e lui verrà in tuo aiuto. F-I-D-A-T-I»
«MA NON VOGLIO FARMI PICCHIARE»
In tutto questo i bidelli e dei primini si erano girati e ci lanciavano occhiate confuse, e io li guardavo in cagnesco per avvisarli di smetterla.
Presi Ray in disparte e mi appoggiai al finestrone che ci divideva dalle scale d'emergenza – dove era severamente vietato l'accesso agli studenti.
Poi il preside beccava gruppetti a fumare fuori durante la ricreazione e minacciava di toglierci appunto la pausa.
Che rabbia.
«Allora non fare nulla. Mettiti a novanta mentre prendi il tuo quaderno.»
«Tipo una puttanella» Dedussi sollevando un sopracciglio, per poi scoccare la lingua e accennare una risata.
«E puoi anche farlo cadere. Così tu ti piegherai ancora di più e Way anche, e vi ritroverete faccia a faccia dietro la cattedra e poi chissà lui-»
«Ray basta. Ti prego.»
«Che c'è?! È un bel piano!»
«Lo so... proprio per questo. E non mi fa bene pensare a certe cose mentre siamo a scuola»
«Ohh non dirmi che l'amichetto è sul punto di svegliarsi!» Esclamò Ray ridacchiando, per poi avvicinarmi al mio orecchio e sussurrare con una voce bassa e dannatamente sensuale «Immagina a fargli un gustoso lavoretto dietro la cattedra mentre apparentemente staresti raccogliendo il tuo quaderno, ma ops i fogli sono caduti, e quindi fai su e giù per raccoglierli tutti».
Sentii un formicolio sul basso ventre che stava a indicare, come le ragazze con il ciclo, che mi stava per venire un'alza bandiera. Quindi spinsi Ray strofinandomi l'orecchio con la manica della felpa e camminai velocemente verso il bagno.
Cazzo, cazzo. Ray è proprio un'idiota. Pensai.
Eppure quello che aveva descritto lo avevo immaginato e pure volentieri.
La voglia di aggiustare quel problemino che si era appena creato era alle stelle, visto che avevo pure avuto lo starter per il filmino mentale.
Ma non l'avrei mai fatto perché Ray l'avrebbe ovviamente capito.
Però dovevo togliermi il problema in qualche modo, quindi optai per lavarmi le mani e i polsi con l'acqua gelida e respirare in modo liberatorio.
Così rilassandomi, passò.
«Ray, mi stai sul cazzo.» Dissi, una volta uscito fuori dal bagno e aver raggiunto il laboratorio di grafica.
«Ehm... non ci tengo, sai...»
«Ma vaffanculo» Risi sbattendomi una mano sulla fronte.
Entrambi preparammo le nostre tavole incomplete sul tavolo luminoso, le squadre e i righelli più piccoli e quel cerchiografo che tanto odiavo usare per i font e altre idiozie simili.
Ero venuto per disegnare in quella scuola, non per limitarmi a fare cazzi dritti e tutti uguali.
Certo, ci lasciavano progettare i nostri font personali, ma anche quello era limitato, visto che le parole da usare come modello erano uguali per tutti.

Campanella. Campanella della quarta ora uguale ricreazione, soprattutto quel giorno.
L'aspettai con tanta impazienza che quasi fremevo.
«Su Iero, vada a prendersi quel che è suo» Ray mi appoggiò una mano sulla spalla rendendomi una sottiletta perché lui non sapeva cosa fosse la delicatezza, e io annuii convinto.
«Vado a limonarmelo davanti ai primini»
«Sai già che classe sarà?»
«Prima b.»
«Eeeh, Frank. Ehh.»
«Shut the fuck up you idiot»
«Move your ass»
Ogni tanto ci capitava di parlare in inglese perché era divertente, e poi era l'unica materia in cui prendevo più di lui. Io avevo la media dell'otto e lui del sette.
Ma ovviamente non andavamo oltre gli insulti.
Ridacchiai e uscii dal laboratorio, diretto verso la famosa aula 39. Alla fine non feci nulla di quello che mi aveva consigliato Raymond.
Bussai alla porta, che era già aperta, e mi appoggiai con la spalla al muro.
«Avanti» Mi invitò Way, ma senza nemmeno sollevare lo sguardo dal suo registro.
Così mi schiarii la gola, per attirare la sua attenzione.
Mi passai una mano nel ciuffo e, facendo un piccolo sorriso, lo invitai a mia volta a uscire da quella classe.
Lo vidi sbuffare silenziosamente, ma mi raggiunse in poco tempo dopo aver rinchiuso le scartoffie dentro il registro.
«Mi dica»
«Il quaderno, professore»
«Ah, giusto» Fece per voltarsi ma io pizzicai un bordo della sua camicia. La camicia a quadrettoni blu e neri che indossava quel giorno e che gli stava così bene addosso. Sebbene nemmeno quella fosse della sua taglia – sarà stata due misure in più.
Così lui si girò, guardandomi confuso.
«Professore, la ringrazio per avermi dato fiducia»
«Si figuri... Iero. Mi ha dimostrato di potercela fare, a partecipare al corso.» Marcò le ultime parole con un lieve tono di sfida, e io mi trattenni dal ringhiargli contro.
Stronzo. Davvero uno stronzo.
Quindi per lui potevo partecipare, ma non credeva che avrei potuto vincere il concorso.
Beh, forse aveva ragione.
E io non avevo intenzione di vincerlo, perciò frega cazzi.
Non diventavo matto per quello.
«Già» Feci un sorriso abbastanza schifato ed entrai nell'aula per prendermi il quaderno da solo, per poi uscire dando una lieve spallata a Way.
Fanculo. Borbottai lungo il corridoio, fermandomi davanti agli armadietti numerati.
Io mi ero preso il 182. Ops. Riferimenti a qualcosa?
Tipo a una band?
Era nella fila più alta, e a malapena ci arrivavo. Ci buttavo i libri alla cieca e poi dovevo sollevarmi sulle punte se volevo riconoscerli.
Quando scaraventai il quaderno dentro quel buco di metallo, qualcosa scivolò dalle pagine.
Un foglietto.
Mi chinai a raccoglierlo e lessi quello che c'era scritto.
"Ha svolto 6 esercizi corretti su 7, il quarto ha un errore futile, perciò non l'ho contato. Vada avanti così e ce la farà."
Wow, prof. Mi sento meglio adesso, grazie al suo ottimismo.
Era scritto a matita. Non c'era nessuna firma.
Quello stava a significare che non lo faceva con nessuno e quindi il segnale era che dopo averlo letto lo potevo cancellare o strappare.
Lui odiava le matite. Ma okay, era Way. Ed era più bipolare di mia madre.
O lunatico, chissenefrega.

𝗛𝗼𝘄 𝗦𝗵𝗼𝘂𝗹𝗱 𝗜 𝗖𝗮𝗹𝗹 𝗬𝗼𝘂?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora