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Giorno peggiore della settimana, il sabato.
Avevo meno ore, però c'erano due ore di filosofia e due di fisica matematica.
L'unica che si salvava era l'ora di motoria.
La palestra era un enorme tendone blu elettrico e dentro aveva i sostenimenti in legno, e si divideva appena dalla struttura della scuola.
Quel giorno stava piovendo e grandinando a dirotto, e io vedevo davvero male quella specie di tenda da campeggio per giganti.
«Secondo me si spacca tutto adesso» Dissi guardando in alto leggermente preoccupato.
«Sai che tre anni fa volò via tutta la palestra, letteralmente?» Mi chiese Bob, seguendo il mio sguardo.
«VAI COSÌ USCIAMO PRIMA» Urlò Ray facendo uno dei suoi balletti spastici, compiendo movimenti circolari attorno a me e Bob che manco un elettrone attorno al nucleo.
«Ray ha ragione» Dissi, ridendo «Sarebbe molto eccitante!»
«Soprattutto se ti arrivano in testa le luci o le sbarre di ferro» Disse Matt Hazel indicando il soffitto della palestra.
«Beh, beh.»
«Ragazzi! Fate sei file da tre.»
L'unica cosa che non sopportavo della palestra era che, durante l'inverno e le piogge, non si poteva usare quella esterna - senza tetto, chiusa da una recinzione - e quindi la dovevamo dividere con un'altra classe.
Riconobbi l'altra classe come la terza b, quella del multimediale, e in lontananza vidi anche Beckham? Becker?
Il figone di cui tutti parlano - poi ci sono io che sono venuto a sapere della sua esistenza quattro mesi dopo l'inizio della scuola.

Alla ricreazione comprai solo un pacco di patatine dal bar del liceo, e lo andai a consumare in silenzio sulle poltroncine della biblioteca.
Dovevo far attenzione a non fare briciole o mi avrebbero sbattuto fuori a calci in culo.
Bob e Ray erano a rimorchiare, il secchione era a studiare e io riflettevo sulla vita e quanto questa non avesse un senso.
O almeno finché non vidi Way passarmi davanti e dire "buongiorno", seppur con la sua faccia incazzosa.
Io non ebbi tempo di rispondere, così continuai a mangiare le mie patatine come un ebete mentre dondolavo le gambe giù dalla poltroncina.
Che ci faceva Way in biblioteca?
Ah giusto, il recupero di matematica.
E perché mi aveva salutato? Non aveva forse detto che tra noi sarebbe dovuto finire tutto? - Tutto cosa poi, quello che non era mai iniziato?
Ah ma vaffanculo Way. Spunta sempre così e mi rende confuso, pensai. E mi diedi dell'idiota di nuovo.
A scacciare quei pensieri fu il professore di motoria con la sua mano gigante.
«Frank!»
«Bec..Becke-»
«Becker,» Ridacchiò lui «Come te la passi? Come mai sei qui tutto solo?» Mi chiese, mentre cominciava a cercare un libro nel reparto delle enciclopedie.
Io alzai le spalle, «Mi sento come se avessi causato io questo mal tempo»
Il professore si girò verso di me incredulo e fece per dire qualcosa ma lo bloccai sul nascere.
«Scherzavo! Non sono così filosofico» Mi misi a ridere, coprendomi la bocca con una mano.
Lui mise un broncio, scuotendo la testa e facendo sì che i suoi capelloni biondi si muovessero come una nuvola.
«Potevi stare zitto e illudermi gentilmente»
«Ha perfettamente ragione, mi scusi» Dissi, tenendo un sorriso divertito sulle labbra.
«Andrea! Come mai qui?»
La voce di Way mi fece sobbalzare.
«Siamo sinconizzati noi tre!» Disse Becker guardando prima Gerard e poi me. «Mi annoiavo e volevo qualcosa da leggere»
«Un'enciclopedia?» Chiese Way, appoggiandosi allo scaffale con fare s-e-x-y. Non mi sarei mai stancato di dirlo.
«Sì. Sono bellissime, le enciclopedie»
«Non posso assolutamente negare. Come va con l'altra parte della terza?» Gli chiese Way, ridacchiando.
Gesù. Mi voltai dall'altro lato per non fissare le sue labbra e il suo viso.
Appallottolai la carta vuota delle patatine e la lanciai centrando il bidone della spazzatura, dopo mi alzai e lasciai i due professori alla loro conversazione.
Uscii dalla biblioteca e mi sistemai il cappellino sulla testa, guardandomi intorno per cercare di intravedere i miei amici.
«Franker»
«Da dove esce questa adesso?» Chiesi, senza farmi venire un infarto quando molto normalmente Bob saltò alle mie spalle.
«Boh. Sei più Frank se ti chiamo Franker, giusto?»
«Certo. Sei un cazzone intelligente, eh?»
«Cazzone sicuramente, intelligente un po' meno ma pur sempre un cazzone.»
«Poi dicono che le dimensioni non contano...»
«Ehi Frankenstein, guarda chi arriva» Bob mi indicò con lo sguardo un ragazzo. Ah aspetta era Jake.
Forse avrei dovuto comprare degli occhiali da vista.
«Viene qui?»
«Sì.»
«Bob, Iero» Ci salutò.
Io lo guardai schifato e lui ricambiò il mio sguardo facendomi un sorrisetto.
«Ti va di venire alla festa di Kyle?»
Kyle... Kyle Wayans, sicuro quanto la morte.
Un altro ragazzo popolare, il migliore amico di Jake.
Puttaniere e zoofilo. Una volta l'hanno visto farsi un mulo.
«Uhm, certo, dammi l'indirizzo.»
Bob ci sarebbe andato solo per i comodi propri, lo sapevo e non mi interessava.
Non ero tipo da rompere il cazzo a un amico per cose del genere, ognuno vive la vita come cazzo vuole.
Jake glielo diede e subito dopo se ne andò.
«Non ti ha invitato» Constatò Bob, un po' disprezzante.
«Già. Ma non ci sarei andato, sappilo»
«Oh lo so.» Ridacchiò lui, riprendendo a camminare con il mio braccio incollato alle sue mani. «So anche che stai sul cazzo a Jake ma devo ancora scoprire perché»
«Non che faccia la differenza, Bobbie» Feci un sorrisino.
In un modo o nell'altro, alla seconda mossa sbagliata lo avrei ucciso a pugni. Parola di scazzo.

Mi presi altri dieci minuti dopo la campanella dell'ultima ora per finire gli ultimi dettagli di una pagina pubblicitaria che avevo cominciato a ricopiare su foglio la settimana prima, dopodiché spensi il tavolo luminoso, misi a posto le cose per disegno nella cartellina e l'astuccio nello zaino e andai a mettere i libri che non mi servivano per il weekend nell'armadietto.
Erano le cinque meno venti, quasi, e io stavo scendendo le scale. Fu proprio lì sopra che qualcosa mi sfrecciò davanti, e un momento dopo ero per terra.
Rotolato fino all'ultimo scalino.
Penso di averli presi in pieno uno ad uno, spigolo per spigolo. Il dolore era allucinante, talmente forte che subito dopo averlo provato non sentii più nulla, come se il mio corpo si fosse indolenzito e abituato al ritmo degli spigoli.
Riuscivo a guardarmi intorno, anche se tutto stava diventando man mano più sfocato, ma non ci capivo un cazzo, continuavo soltanto ad ascoltare la mia musica - riprodotta dalla mente, perché non avevo le cuffie e non la stavo ascoltando.
Battei più volte le palpebre e provai a muovermi ma ero totalmente congelato, o almeno era quella la sensazione che mi pervadeva il corpo.
Non avevo capito bene cosa fosse successo, forse ero troppo stanco, ma mi facevano un male cane la testa e tutti gli arti, e per fortuna in meno di dieci minuti i miei occhi si chiusero e caddi nel sonno.
Oppure svenni.

𝗛𝗼𝘄 𝗦𝗵𝗼𝘂𝗹𝗱 𝗜 𝗖𝗮𝗹𝗹 𝗬𝗼𝘂?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora