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I giorni successivi passarono che una meraviglia.
Passavo le mie noiose giornate con i miei noiosi amici.
Noiosi, perché tutti erano dediti ai cazzi propri e nessuno si chiedeva mai a vicenda "come stai" perché non importava.
Che sia chiaro, se me l'avessero chiesto non avrei risposto comunque.
«Fraaank. Che hai oggi?» Chiese Ray sedendosi accanto a me in mensa.
Io feci spallucce.
«Way l'avrà tradito con la sua stessa fidanzata»
Strinsi un pungo ma mi trattenni dal conficcare la forchetta in un occhio a Bob.
«Frank non hai fame?»
«Fottiti Hazel» Risposi roteando gli occhi. Dopo mi alzai e, prendendo il mio vassoio, mi andai a sedere a un tavolo vuoto. Alzai il cappuccio sopra la testa e mi misi le cuffie.
Un po' di solitudine – con la compagnia dei pensieri, comunque – mi avrebbe fatto bene.
Peccato che non ci volle molto prima che questa pace si interrompesse.
Qualcuno mi toccò un braccio, e quando lo guardai – male e annoiato – notai che mi stava dicendo qualcosa e che quindi non aveva visto le cuffiette.
Me le tolsi, chiedendo poi di ripetere.
Sembrava un professore o un collaboratore, ma non l'avevo mai notato prima. Capelli lunghi e mossi biondi e un sorriso sornione con poche rughe rivolto proprio a me, il depresso vestito di nero.
Sembrava uscito da un film antico da com'era vestito, di quelli raffinati però.
«Oh, non avevo notato che stessi ascoltando musica. Comunque ti chiedevo se era libero» Disse, ridacchiando. Ah, capito, voleva fare il simpatico.
Mi limitai ad annuire.
Ma si sedette proprio vicino a me.
E che cazzo, il tavolo era lungo un chilometro. E io non parlo mentre mangio.
«Chi sei?»
«Io?» Chiesi, sollevando le sopracciglia, come per dire "ma chi cazzo ti conosce".
«Hai ragione, scusami. Io sono il professor Becker, insegno scienze motorie»
«Ah. Non l'ho mai vista in giro»
«Questo è perchè sono nuovo!» Ridacchiò ancora.
Cercai di non farmi pesare e irritare dalla voglia di vivere di quell'uomo.
«Allora benvenuto..? Non si aspetti granchè da questa scuola. E comunque io sono Frank Iero» Un sorriso mi spuntò all'angolo delle labbra, prontissimo a vedere il trasferimento del nuovo professore.
Lui annuì e poi fece una specie di smorfia, «Non l'ho più fatto dopo aver conosciuto la segretaria Yvonne...»
«Ha!» Sbattei una mano sul tavolo scoppiando a ridere, come ad averci scommesso.
Chi sopportava quel teletubbies viola?
Feci in tempo a girare per un momento la testa che vidi Way dietro di me e mi guardava mentre beveva il suo caffè nel solito bicchiere di starbucks.
Becker mi mise una mano sulla spalla e quando tornai a guardarlo mi accorsi che stava ridendo anche lui, «Sai, quando diedi il buongiorno a tutti i presenti, lei disse "è nuovo ma non per questo le è permesso fare ritardo" con un sorriso alquanto seducente!»
«SORRIDE?» Aprii la bocca scioccato.
Quel teletubbies aveva abbastanza muscoli della bocca per sorridere, evidentemente.
«Evidentemente riserva i suoi sorrisi migliori ai tipi come lei che se li meritano» Continuai ad alta voce il mio pensiero, mettendomi una mano sul petto per dare enfasi.
«Pensi che possa davvero meritarmi un onore simile?»
«Certo, professore.»
La campanella suonò, e rimasi sorpreso di come il tempo era passato in fretta.
Guardai il mio vassoio ed era ancora pieno.
«Non hai mangiato nulla! Ti consiglio di infilarti il panino nella tasca della felpa.» Mi fece l'occhiolino e un sorriso beffardo e si alzò per andarsene.
Io lo salutai formalmente e feci come mi aveva consigliato.
Dopo uscii dalla mensa e andai a lezione.
Ma da dove era sbucato quel professore?
Sembrava una rivista.
Non era bello, ma sembrava uno di quei tipi perfettini.
Ma comunque sembrava simpatico.
«Frankie dove sei stato?» Mi domandò Bob mettendomi un braccio attorno alle spalle, costringendomi a camminare con lui.
«Ma l'hai visto quel professore di motoria?»
«Quale, il figone?»
«Figone?» Sollevai le sopracciglia.
«Tutte gli sbavano dietro, e lui le accontenta. Pare abbia sostituito Way»
Feci una risata che aveva un suono simile a quello di un pallone che rimbalza e guardai il mio amico ancora con l'espressione incredula, «Chi, quello?»
Ma per favore.
«Già. E poi l'ho visto uscire ogni tanto dalla palestra con tanto di sorriso stampato sulla faccia. Che hai da sorridere se dopo aver fatto gli esercizi l'unica cosa che ottieni sono dei ragazzi puzzolenti?»
Io mi misi a ridere, «La paga.»
«Quello era sottinteso» Disse Bob ridendo a sua volta.

«Iero, il voto dell'ultima tavola è otto.»
Annuii, serio. Dentro invece stavo esplodendo e mi trattenni dall'esultare ma diedi un pugno a Ray da sotto il banco.
«Ahia!»
Ops.
«Iero?! Non vieni a vedere gli errori?»
Fiuu. Pensavo si fosse accorta del pugno.
«Ti voglio bene Ray» Scappai non appena lo vidi alzare un braccio e raggiunsi la prof lasciandomi dietro gli insulti del cespuglione.
«Prof, Iero non merita quel voto, lo dia a me»
«Toro tu hai di poco superato il cinque, devi dire grazie.»
«COSA?!»
Scoppiai a ridere alla reazione di Ray e mi misi una mano sulla fronte, dopo guardai la sua tavola.
«Ma è un sei e mez-»
La prof e Ray mi fissarono.
Lei mi voleva uccidere e Ray era speranzoso.
«Ehm» Me la svignai con fare antisgamo e finalmente la prof fece vedere la tavola a Ray.
«SETTE E MEZZOOO»
«Raymond Toro! Non gridare!!»
«Mi scusi prof ma sono felice» Si asciugò d'istinto la lacrimuccia inesistente e tornò al posto facendo un balletto caraibico.
Viva la complicità non progettata.
Il resto della giornata passò velocemente e io ero abbastanza tranquillo.
Tornato a casa sapevo di non aver nulla da studiare quindi mi misi a suonare un po' con la chitarra, e le cuffie attaccate all'amplificatore per non svegliare gli stupidi vicini e i miei.
Suonavo la chitarra da quando avevo sette anni, quella classica, e a dodici anni ebbi la mia prima chitarra elettrica.
Ebbi anche la seconda ed era quella che stavo suonando, una epiphone wilshire verdone. Stupenda.
Ci avevo attaccato il numero 13 con gli stickers.
Nessuno oltre me sapeva il perché.
Dopo, mi venne in mente di scrivere qualcosa.
Amavo avere l'ispirazione per un testo, random, e buttavo giù parole su parole a cui poi avrei dato un ordine, un po' come quando prendi appunti ma lo fai dalla tua testa per le cose che ami fare.
Mi piaceva pensare che fossero testi di canzoni.
Che non avrei mai cantato, a cui non avrei mai dato un ritmo.
Ma mi piaceva pensare che fossero delle canzoni scritte da me.
E dopo ci facevo una base strumentale sopra.
Qualcosa di semplice.
Dopo aver esaurito le energie e con quelle la fantasia, mi venne sonno e dormii dalle otto e mezzo di sera fino alla mattina dopo.
Passarono altre due settimane e vedevo Way soltanto in lontananza, ma dopotutto anche i miei pensieri stavano prendendo un'altra strada.

𝗛𝗼𝘄 𝗦𝗵𝗼𝘂𝗹𝗱 𝗜 𝗖𝗮𝗹𝗹 𝗬𝗼𝘂?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora